I mercati aspettano al varco la Banca centrale europea. Nella riunione, in programma giovedì 21 luglio, la Bce alzerà i tassi di interesse per la prima volta da oltre un decennio, con un ritocco di 25 punti base, così come è stato preannunciato dalla stessa Christine Lagarde. Una mossa, dunque, ormai scontata dai mercati, che si interrogano invece sulla possibile evoluzione della politica monetaria. Nel corso della conferenza stampa, che seguirà la decisione della Bce, Lagarde & Co saranno osservati da vicino per carpire indicazioni sull’entità dei futuri rialzi. Gli operatori infatti ipotizzato mosse più aggressive, intorno ai 50 punti base, già da settembre, per cercare di fermare la corsa dell’inflazione. E proprio l’andamento dei prezzi, o meglio di alcuni prezzi, detterà il passo, secondo Goldman Sachs Asset Management.
L’inflazione scappa via, la Bce la rincorre
La domanda chiave è se il picco dei prezzi sia stato raggiunto, dopo l’ulteriore accelerata impressa a giugno che ha visto l’inflazione dell’Eurozona salire all’8,6% su base annua, livello record da quando è stata creata la moneta unica. Secondo Goldman Sachs Asset Management, per rispondere occorre guardare da vicino le varie componenti.
“L’inflazione – spiegano gli esperti di GS Asset Management – è diventata più persistente e generalizzata nelle economie sviluppate, ma il contributo dei singoli fattori alle pressioni sui prezzi varia da regione a regione”. Se infatti negli Stati Uniti, l’aumento dei prezzi è spinto e continuerà a esserlo soprattutto dai servizi, nell’Eurozona la causa principale dell’elevata inflazione è e sarà ancora da attribuire ai prezzi dell’energia, considerato il persistere del conflitto russo-ucraino.
Da qui si deduce come l’evoluzione dei prezzi possa prendere vie diverse. Negli Stati Uniti, infatti, GS Asset Management vede probabile un raffreddamento dell’inflazione rispetto agli attuali livelli roventi. “Gli effetti base e la normalizzazione degli squilibri tra offerta e domanda – illustra l’asset manager – potrebbero favorire un cambio di passo con implicazioni positive per i prezzi degli asset”.
Discorso diverso invece per l’Europa, dove la crisi energetica incombe e non accenna a migliorare. Una componente pericolosa che potrebbe smorzare gli sforzi della Bce nel contenere l’ascesa dei prezzi. Oltre che infliggere un duro colpo all’economia e innescare potenzialmente una recessione.
Come potrebbe evolvere quindi la politica monetaria in Europa? Gli economisti vedono il tasso sui depositi, attualmente a -0,5%, in aumento di un quarto di punto questo mese e dello 0,5% a settembre, seguito da altri piccoli passi in ogni riunione successiva fino a marzo toccando un picco dell’1,25%. Secondo Goldman Sachs Asset Management il punto di arrivo nel 2023 potrebbe essere leggermente superiore, ovvero all’1,5%. Insomma, la Bce sembra voler trarre conforto dalla Fed, che ha aumentato i tassi di interesse di “soli” 25 punti base all’inizio dell’attuale ciclo di rialzo per poi accelerare il passo, tanto che oggi il mercato non esclude un aumento del costo del denaro addirittura di 100 punti base nella riunione di fine mese.
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