Un’ondata di proteste rara per dimensioni nella storia recente della Cina popolare è esplosa contro le politiche restrittive anti-covid, dando sfogo alle speranze deluse sul possibile alleggerimento della linea dura ventilato nelle scorse settimane. A innescare le dimostrazioni di piazza è stato un caso di cronaca avvenuto nello Xinjiang: la morte di almeno dieci persone dovuta a un incendio di fronte al quale i soccorsi si sarebbero mossi in ritardo. Il messaggio passato sui social network cinesi è che le restrizioni anti-covid abbiano rallentato l’intervento dei vigili del fuoco, lasciando bloccate nel palazzo diverse persone per troppo tempo.
Migliaia di persone si sono mobilitate in alcune delle principali città del Paese per chiedere un cambio di passo sulla politica di contenimento del virus basate sui lockdown e per chiedere le dimissioni di Xi Jinping: si manifesta a Shanghai, una delle città più colpite dalle restrizioni negli ultimi mesi, Pechino, Wuhan, Guangzhou, Chengdu e a Hong Kong. E’ uno scollamento enorme quello fra gli umori del recente Congresso del partito comunista cinese, al termine del quale Xi ha rafforzato ulteriormente la sua presa sul potere, e quelli del sempre più insofferente popolo cinese.
Di fronte a Xi si prospetta la difficile scelta fra la repressione, che si è già fatta vedere sotto forma di censura sui social delle proteste, e quella di una clamorosa retromarcia sulle politiche dei lockdown fin qui difese dalla stampa di regime con toni trionfalistici difficili da ritrattare senza perdere credibilità. Per il momento, le proteste non sono state respinte con forte violenza, per evitare di rafforzare il sentimento di solidarietà che in questo momento sta unendo, sotto il fattor comune delle politiche anti-covid, parti anche molto distanti del Paese.
Lunedì 28 novembre i mercati hanno reagito negativamente, mentre le proteste imperversavano: l’indice di riferimento cinese Csi 300 ha ceduto l’1,13%, mentre la Borsa di Shanghai ha ceduto lo 0,75%. L’aspettativa di un alleggerimento delle restrizioni era cresciuta ulteriormente l’11 novembre con la pubblicazione di una lista in 20 punti che avrebbe prefigurato una progressivo abbandono dei lockdown. Anche le Borse europee hanno aperto la seduta di lunedì in ribasso, mentre i petrolio è tornato ai minimi dal dicembre 2021, continuando a perdere quota anche nella seduta del 28 novembre.
Cosa potrebbe accadere adesso
Dal punto di vista di mercato, la chiave di lettura per comprendere l’impatto di quanto sta accadendo, probabilmente, ricade su quella che sarà la reazione del partito comunista cinese. Per il momento è difficile immaginare che l’aumento dei casi, temuto da Pechino per la ridotta efficacia dei vaccini nazionali e della diffusione di terze e quarte dosi, possa ribaltare la linea zero Covid.
“Nel breve periodo l’appetibilità del mercato azionario è diminuita notevolmente a causa dell’aumento dei casi covid che ha portato a un ulteriore giro di misure restrittive da parte del Governo secondo la politica “Zero covid” e alla crescita di proteste della popolazione civile stanca di metodi così restrittivi delle libertà personali”, ha commentato a We Wealth il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich. “L’ostinazione di Pechino di applicare lockdown e chiusure di intere aree potrebbe spingere almeno nel breve verso ulteriori sell-off sull’azionario soprattutto in caso di uno sviluppo negativo della pandemia”, ha aggiunto Diodovich, “solamente un cambio di rotta da parte di Xi Jinping sulle strategie di contenimento del virus potrebbe portare a nuovi importanti e significativi acquisti”.
Secondo i dati ufficiali delle autorità cinesi il 27 novembre il rapporto dei contagi per milione di abitanti ha raggiunto un nuovo picco assoluto dall’inizio della pandemia a quota 19,37 – un livello che estremamente basso al confronto con quello degli altri Paesi i cui dati, per ragioni di trasparenza, sono difficilmente comparabili (in Italia i contagi per milione sono oltre 554 al 25 novembre). “La sfida immediata è se e come continuare con la zero covid quando c’è così tanta frustrazione è una decisione che deve prendere nelle prossime 48-72 ore”, ha dichiarato al New York Times Minxin Pei, professore al Claremont McKenna College ed esperto di politica cinese, “si possono arrestare le persone e metterle in prigione, ma il virus sarà ancora lì. Non ci sono risposte facili per Xi, ma solo scelte difficili”.
“Sebbene le valutazioni siano a livelli interessanti, con un 2023 P/E ratio a 10x, il vero catalizzatore per la ripartenza del mercato azionario cinese, così come della sua economia, è rappresentato da una maggiore revisione della sua politica zero covid”, ha dichiarato a We Wealth il market anayst di eToro, Gabriel Debach, “risultano infatti insufficienti per il mercato condizioni monetarie e fiscali più accomodanti, senza una revisione alla stretta politica di contenimento del virus”.
La spinta monetaria espansiva, decisa dalla Banca centrale cinese, potrebbe non bastare a sostenere in modo sostenuto il mercato cinese se si prospetta un nuovo inverno di lockdown. “Solamente venerdì scorso Pechino ha annunciato l’equivalente di circa 210 miliardi di dollari per sostenere l’economia, con la PBoC che, in contrapposizione alle principali economie mondiali, ha ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria”, ha ricordato Debach, “l’ottimismo nei confronti dei titoli a reddito fisso cinesi potrebbe essere frenato dal limitato spazio per un ulteriore allentamento monetario”.
Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.
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