Nell’estate del 2020 la notizia che i militari indiani e cinesi avevano riacceso una vecchia contesa territoriale sull’Himalaya a suon di bastonate aveva fatto, soprattutto, sorridere. In pochi avevano creduto che quegli scontri potessero essere il preludio di una nuova guerra, condotta da due potenze nucleari. Eppure, almeno 20 militari indiani avevano perso la vita nel confronto della Galwan valley – una sorte che, al netto di tutte le considerazioni, testimonia come la tensione latente fra Cina e India sia ancora forte, ha affermato in un suo nuovo intervento UTI International, asset manager indiano. È una considerazione che torna di grande attualità ora che la neutralità indiana nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina rischia di mettere in cattiva luce Nuova Delhi. La Russia, infatti, continua a essere centrale nell’approvvigionamento di mezzi militari indiano.
“La quota russa delle importazioni di armi in India è scesa dal 69% del periodo 2012-17 al 46% nel 2017-21, secondo un rapporto pubblicato dal Sipri, think tank della difesa con sede a Stoccolma, suggerendo una lenta tendenza alla diversificazione e una minore dipendenza da questa partnership nata durante la guerra fredda”, ha riconosciuto UTI International. Tuttavia, questa riduzione è “chiaramente lontana dal poter” consentire all’India di “chiudere il rubinetto e andare via senza conseguenze per la sua difesa”.
Fonte: The Hindu.
Oltre alla minaccia cinese, l’India deve guardarsi anche da un altro storico avversario, il Pakistan. Le contese territoriali con il Paese hanno portato, dal 1947 a oggi, a quattro diversi conflitti indo-pakistani. Ancora oggi la situazione non può dirsi pacificata, visto che l’ultimo confronto fra le forze di sicurezza dei due Paesi risale appena al febbraio del 2021, ancora con decine di vittime. La Cina, inoltre, contribuisce alla tensione di questo secondo “fronte” fornendo a Islamabad quasi la metà di tutte le sue esportazioni militari, sempre secondo i calcoli del Sipri relativi al periodo 2017-2021. I nemici, nel caso indiano, sono forze direttamente al confine. In più, Nuova Delhi non può contare su una significativa produzione interna di armamenti e, su questo, dipende in larga parte dalle importazioni. Le armi importate dall’India rappresentano l’11% del totale delle importazioni globali del settore, il Paese il più attivo compratore di mezzi militari sul mercato internazionale.
“Questo è lo scenario che l’India ha affrontato quando ha scelto da che parte stare tra la Russia e l’Ucraina: andare contro la Russia potrebbe mettere in pericolo le sue forniture di difesa ed esporre il paese a potenziali attacchi esterni”, ha scritto UTI International. “La posizione neutrale ufficiale, alla fine presa dal Paese, è stata criticata da molti, ma uno sguardo più attento alle ragioni che stanno dietro può aiutare a spiegare cosa ha portato l’India a prendere questa difficile decisione”, ha spiegato il gestore, “l’obiettivo è l’integrità territoriale e la sicurezza di 1,4 miliardi di indiani”. Considerata l’importanza delle forniture militari russe e la probabilità di doverle usare, il dilemma indiano di fronte alla crisi Ucraina non somiglia molto a quello delineato per l’Europa dal premier Draghi, “tra la pace e l’aria condizionata in estate”.