Si configura l’istituto della diseredazione quando il testatore, in modo esplicito, decide di privare alcuni soggetti del diritto a succedergli
L’erede legittimario non può essere diseredato e conserva sempre dei rimedi per porre nel nulla la clausola di diseredazione e così tutelare il suo diritto di succedere al de cuius
Detto diritto, soprattutto a seguito della nota sentenza della Corte di Cassazione (n. 8352/2012), è riconosciuto anche quando l’intenzione di diseredare una persona costituisce l’unica volontà manifesta contenuta nella scheda testamentaria; stante il fatto che sui beni di cui il de cuius non ha disposto si aprirà comunque la successione legittima.
Ebbene, specificato che diseredare è un diritto riconosciuto al testatore e che la diseredazione può rappresentare un modo per tutelare, in modo indiretto, il proprio patrimonio (in quanto si impedisce che parte dei beni entrino nel patrimonio di soggetti ritenuti non meritevoli), è opportuno soffermarsi sui limiti a cui detta fattispecie soggiace e sui soggetti che possono o meno essere diseredati.
Con riferimento a quest’ultima voce è bene chiarire che l’esclusione (diseredazione) di una persona estranea non pone alcun problema di ammissibilità, giacché si tratta di un soggetto che in ogni caso – anche senza la manifesta volontà di diseredare espressa dal testatore – non sarebbe chiamato a succedere.
L’efficacia della diseredazione si manifesta appieno, invece, nei confronti dei cd. successibili ex lege, vale a dire verso quei soggetti che, in mancanza di diverse previsioni, acquisirebbero la qualità di eredi non legittimari.
Infatti si ritiene che la clausola di diseredazione non può escludere dalla successione i legittimari per il principio di intangibilità della quota di riserva.
In questi termini, ciò che si evince è che la sola disposizione con effetti diseredativi ammessa nei confronti dei legittimari è quella che incide non sulla quota legittima ma sulla quota ereditaria cd. disponibile, ossia la quota che corrisponde alla parte di patrimonio che il defunto può liberamente destinare a chi desidera.
A tutela della posizione di legittimario, nei cui confronti sia stata posta in essere una disposizione diseredativa, vi è poi l’azione di riduzione, la quale mira a far ridurre – nei limiti della quota disponibile – la devoluzione dei beni fatta ad estranei, e a far prelevare dall’asse la parte allo stesso riservata.
Tutto ciò considerato, si può affermare che il testatore è libero di esercitare la diseredazione all’interno del testamento e di orientarla nei confronti di soggetti non parenti e degli eredi non legittimari.
Laddove, invece, dovesse diseredare un erede legittimario, quest’ultimo potrà sempre far valere il suo diritto a succedere nel patrimonio del de cuius esercitando l’azione di riduzione.
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