La recente Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27), tenutasi in Egitto tra il 6 e il 18 novembre scorsi, ha riportato in primo piano gli effetti devastanti causati dal cambiamento climatico, rinnovando l’invito a tutti i paesi, soprattutto quelli più inquinanti, a impegnarsi attivamente contro questa sfida globale. Un invito che può essere raccolto anche dagli investitori: attraverso le loro scelte possono, infatti, incentivare e spingere gli stati che ancora si stanno approcciando alla sostenibilità ad abbracciarla in un tempo più breve. Come l’India, tra i più inquinatori al mondo, ma anche tra i paesi che cresceranno di più nei prossimi anni. Una occasione d’oro quindi.
Secondo Statista infatti, sul podio delle nazioni più inquinanti a livello globale si trova anche l’India, terza solo a Cina e Stati Uniti, con quasi 2,5miliardi di tonnellate di CO2 emesse nell’aria. Una situazione confermata anche dall’analisi di IQAir, da cui emerge che tra le 15 città più inquinate al mondo, ben 10 si trovano in territorio indiano. “Tutto questo dipende dai sistemi di produzione energetica che vengono utilizzati. – spiegano gli esperti di Uti International – Infatti tra il 70% e il 75% del fabbisogno energetico continua ad essere soddisfatto dai combustibili fossili, per lo più dal carbone”. E il picco delle emissioni del paese della Tigre sembra non essere ancora stato raggiunto: secondo le stime di Bloomberg, il livello più alto arriverà tra il 2040 e il 2045.
Numeri preoccupanti che hanno però destato l’attenzione del governo di New Delhi, che si è detto più che disposto a muoversi verso una politica di decarbonizzazione per diminuire le emissioni e a passare a fonti di energia a basso tenore di carbonio. Anche perché il cambiamento climatico potrebbe causare all’India fino a 162 miliardi di dollari di danni entro il 2050, come si intuisce dall’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC).
Da parole a promesse
Non si tratta solo di parole. Con l’Accordo di Parigi, durante la COP21, l’India, insieme ad altri 195 paesi, ha deciso di iniziare una strategia attiva di decarbonizzazione, basata su “piccoli” passi che dovrebbero portare a un’economia sostenibile. L’obiettivo è quello di: “ridurre l’intensità di emissioni del 33/35% rispetto ai quelli del 2005, assicurare che il 40% della potenza elettrica installata derivi da fonti non fossili entro il 2030 e creare un nuovo ‘serbatoio di carbonio’, che possa assorbire circa 2,5/3 Gt di anidride carbonica entro il 2030, piantando nuovi alberi”, illustrano da Uti International.
Da promesse a fatti
Dopo soli sei anni da questo piano, l’India si è però resa conto che è necessario un impegno ancora maggiore e, proprio per questo, durante la COP26 a Glasgow del 2021, il primo ministro Narendra Modi ha proposto un vero e proprio piano d’azione, chiamato Panchamrit, ovvero formato da una miscela di cinque elementi fondamentali, in onore dei cinque cibi usati nei rituali tipici dell’induismo:
- Aumentare di 500GW la capacità energetica creata da combustibili non fossili entro il 2030,
- Imporre che almeno il 50% dell’energia utilizzata sia da fonti rinnovabili entro il 2030,
- Ridurre le emissioni prodotte previste di 1 milione di tonnellate,
- Ridurre l’intensità di carbonio per ogni dollaro del Pil del 45% entro il 2030,
- Raggiungere l’obiettivo del net-zero entro il 2070.
Si tratta senza dubbio di un piano molto ambizioso, ma dimostra l’interesse che l’India ha nel trasformarsi in una realtà sempre più sostenibile. Compito degli investitori è includere (e non escludere) quelle imprese e stati che non sono ancora sostenibili. Solo così, li si potrà incentivare a mettere il focus sul cambiamento. E visto anche il potenziale dell’India dal punto di vista economico, si tratta di uno spicchio di mercato da non ignorare. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) si aspetta un Pil indiano in rialzo del 7,4% nel 2022 e in aumento del 6,1% nel 2023. Decisamente ben oltre le aspettative per gli Stati Uniti e anche per la Cina, considerata il motore dell’economia mondiale. Un ritmo che porterà l’India a diventare entro il 2027 la terza economia più importante al mondo, secondo Morgan Stanley.