Gli Stati Uniti hanno stanziato 369 miliardi di dollari per cercare di ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Lo prevede l’Inflation Reduction Act, la legge firmata da Joe Biden lo scorso agosto che include un pacchetto di misure per la transizione verde. Si tratta del più importante intervento in politiche ambientali della storia americana, che avrà un impatto importante anche sul piano degli investimenti.
Tra le misure previste, incentivi per i privati, detrazioni fiscali e crediti d’imposta per le aziende destinati alla produzione, allo stoccaggio e all’utilizzo di energia rinnovabile e la cattura di anidride carbonica, oltre che esenzione fiscale per l’acquisto di veicoli elettrici. Tutto questo è, secondo Fidelity International, “benvenuto per gli investitori nel settore del clima e la crescita di queste tecnologie contribuirà a creare un circolo virtuoso, in cui anche la ricerca e lo sviluppo aumenteranno, portando a soluzioni migliori e ancora più competitive, incoraggiando anche una maggiore domanda”.
Una spinta per gli investitori, ma la strada è ancora lunga
Si tratta di un piano storico, che avrà un peso enorme considerando anche il fatto che gli Stati Uniti sono secondi solo alla Cina in fatto di CO 2 . Tuttavia il Dragone, secondo le stime di BloombergNEF, nel 2021 ha investito oltre 266 miliardi di dollari nella transizione energetica, ovvero quasi un terzo degli investimenti globali (755 miliardi di dollari).
Guardando il bicchiere mezzo vuoto, si vede in effetti che gli Stati Uniti avrebbero potuto fare di più e che il maxi piano sul clima è meno ambizioso rispetto agli obiettivi iniziali. Il presidente americano Joe Biden, durante il COP26 a Glasgow, si era infatti impegnato ad abbassare del 50% le emissioni entro il 2030, mentre il piano approvato ad agosto dopo due anni di trattative interne prevede una diminuzione del 40%, dato anche fin troppo ottimista secondo Fidelity International, che sottolinea come “sebbene si tratti di un passo avanti, questa carenza da parte della nazione più potente al mondo, potrebbe essere usata come scusa da altri paesi per non rispettare gli impegni presi”.
Fonte: BloombergNEF
Seguendo il principio dell’accordo di Parigi, secondo cui i paesi più ricchi dovrebbero contribuire di più, considerati i loro maggiori mezzi finanziari, allora gli Stati Uniti dovrebbero stanziare circa 1.000 miliardi di dollari all’anno, cifra ben lontana dai 369 previsti nell’Inflaction reduction Act. “Certamente, non tutte le spese per il clima devono provenire da sussidi governativi, – puntualizzano Velislava Dimitrova e Cornelia Furse, portfolio manager di Fidelity International – ma anche il settore privato deve giocare un ruolo”.
A livello globale, secondo BloombergNEF, bisognerebbe investire 4,7mila miliardi di dollari all’anno per i prossimi 22 anni se si ambisce a raggiungere l’obiettivo del net zero entro il 2050. “Il disegno di legge statunitense sul clima è un traguardo – concludono le due esperte – ed è giusto riconoscere che si tratta di un importante passo verso il raggiungimento degli obiettivi climatici da parte della potenza più grande al mondo. Si tratta anche di una spinta sostanziale e multiregionale per una serie di tecnologie climatiche che potrebbero innescare un ciclo positivo di sviluppo, riduzione dei costi, e aumento della domanda. Ma tale politica è solo un passo avanti nella battaglia del clima”.