Ogni erede partecipa alla comunione nella misura della propria quota ereditaria. Per determinare lo scioglimento della comunione ereditaria, è necessario addivenire ad una divisione ereditaria ovvero ad atti che, pur non vestendo formalmente le vesti di una divisione, hanno comunque l’effetto di attribuire i beni comuni e fanno cessare lo stato della comunione (come, ad esempio, la vendita della propria quota ereditaria da parte di più coeredi ad un solo coerede). Qualora i coeredi non riescano a raggiungere un accordo circa la divisione, ciascun erede può sempre adire il giudice per chiedere la pronuncia di una divisione giudiziale ai sensi dell’art. 713 c.c., salvo che il testatore abbia imposto ai coeredi di rimanere in comunione fino a che non sia trascorso un anno da quando tutti i coeredi sono divenuti maggiorenni, o altrimenti lo abbia imposto per i cinque anni successivi all’apertura della successione. Tuttavia, qualora siano caduti in successione dei beni che erano detenuti dal de cuius in comunione con altri soggetti si può presentare il tema delle masse plurime, che potrebbe complicare le operazioni divisionali.
Un esempio: Tizio è proprietario di metà di un immobile a Milano, che ha comprato assieme al fratello Caio, proprietario dell’altra metà. Tizio redige testamento e nomina suoi eredi universali in parti uguali i figli Primo e Secondo. Apertasi la successione, Primo e Secondo saranno titolari di metà dell’immobile, ed il titolo da cui discende il loro diritto di proprietà sarà la successione ereditaria di Tizio; mentre Caio sarà ancora proprietario dell’altra metà dell’immobile, e il titolo sarà la compravendita effettuata con il fratello Tizio.
In altre parole, l’immobile è inserito contemporaneamente a due tipi di comunione: una ordinaria, e una ereditaria, e in quest’ultima esso è detenuto in comunione da Primo e Secondo assieme a tutti gli altri beni che sono caduti nella successione di Tizio.
La giurisprudenza di legittimità ritiene che, per sciogliere la comunione di beni provenienti da titoli diversi (di masse plurime), e perciò appartenente a distinte comunioni, debba procedersi a tante divisioni quante sono le masse (cfr. Cass. 5798/1992, Cass. 314/2009, e da ultimo Cass. 18910/2020).
In presenza dunque di più comunioni ordinarie o ereditarie tra i medesimi soggetti, non è possibile addivenire allo scioglimento delle stesse con un unico negozio, dovendosi invece procedere a tante distinte divisioni quante sono le masse da dividersi, derivandone il litisconsorzio necessario tra i condividenti soltanto all’interno del giudizio di divisione relativo a ciascuna di esse. In altre parole, nel caso di specie bisognerebbe prima sciogliere la comunione ereditaria tra Primo e Secondo sull’immobile di Milano (ad esempio, assegnando l’intera metà dell’immobile ad uno solo tra i due coeredi), ed in secondo luogo sciogliere la comunione tra l’erede di Tizio e il fratello Caio.
È chiaro che un giudizio di scioglimento delle masse plurime possa porre non pochi problemi, anche solo considerando la duplicazione delle tempistiche e operazioni richieste per lo scioglimento della comunione su un singolo bene. In tali situazioni è consigliabile che i vari condividenti raggiungano un accordo sulla divisione unitaria del bene, per evitare lunghi contenziosi che potrebbero portare a risultati inaspettati e non previsti: si pensi un’ultima volta all’esempio prima fatto. Ordinariamente, se l’immobile non può essere comodamente diviso (ad esempio per piani), si fa assegnazione al condividente avente diritto alla quota maggiore che ne faccia richiesta di assegnazione ex art. 720 c.c. Caio, avendo metà dell’immobile contro il quarto ciascuno di Primo e Secondo, dovrebbe a rigore ottenere l’assegnazione dell’immobile se ne fa richiesta (e Primo e Secondo, congiuntamente e a loro volta, non ne fanno richiesta). Tuttavia, se sciolta la comunione ereditaria tra Primo e Secondo, uno fra questi arriva a detenere metà dell’immobile e fa richiesta di assegnazione, si potrà procedere all’assegnazione per sorteggio, con il risultato che Caio, originariamente condividente per la quota maggioritaria, rischierebbe di perdere la proprietà dell’immobile a seguito del predetto sorteggio.
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