Questa situazione”, ha detto il ministro dell’Economia finlandese Mika Lintila, “ha gli ingredienti di una Lehman Brothers dell’industria energetica”. Il suo omologo tedesco l’aveva già detto lo scorso giugno
Le conseguenze degli elevati costi energetici non colpiscono solo le bollette di famiglie e imprese: a finire sotto pressione, con il rischio di una clamorosa ondata di insolvenze è anche il settore delle utility europee, attivo nella produzione di energia elettrica.
Dopo il primo avvertimento lanciato lo scorso giugno dal ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck, anche il suo omologo finlandese ha ora evocato lo spettro del 2008: “Questa situazione”, ha detto il ministro Mika Lintila, “ha gli ingredienti di una Lehman Brothers dell’industria energetica”.
Il settore utility, infatti, rischia di andare incontro a una crisi di liquidità come conseguenza del drammatico aumento dei costi del gas. Per comprenderne la ragione, bisogna fare un passo indietro. Una parte dell’energia elettrica viene venduta prima della sua effettiva produzione da parte della società, tramite la sottoscrizione di contratti derivati, che prevedono un deposito di sicurezza sotto forma di liquidità. Questa operazione mitiga il rischio delle variazioni di prezzo fissando un accordo fra chi compra e chi vende. A fronte dei maggiori costi dell’energia elettrica, sono salite anche le necessità di deposito (in cash) da parte delle utility, dal momento che queste ultime vengono determinate dalla differenza fra il prezzo di mercato e quello coperto dal contratto derivato. Se la consegna dell’energia avviene come preventivato, il collaterale ritorna in possesso della società energetica. Per tale ragione, l’agenzia di rating Fitch ritiene che questo sia un rischio temporaneo, che sarà presto disinnescato da nuova liquidità offerta a livello comunitario alle utility e da un attesa riduzione del costo dell’energia rispetto agli elevati livelli attuali. Per il momento, però, la politica e i rappresentanti del settore sembrano piuttosto preoccupati.
Da gennaio, il prezzo dell’elettricità all’ingrosso (che è ancorato a quello del gas) è aumentato di oltre sei volte in Europa. Secondo il segretario dell’associazione europea delle utility elettriche Eurelectric, Kristian Ruby, ciò si traduce in un “proporzionato” aumento delle richieste di liquidità. Non tutte le compagnie avrebbero a disposizione risorse sufficienti per soddisfare le richieste di collaterale. La norvegese Equinor stima ad almeno 1.500 miliardi di dollari, a livello europeo, “il supporto necessario” per garantire che settore possa proseguire le negoziazioni sui derivati che ‘fissano’ i termini per le consegne dell’energia in futuro.
Nel frattempo, il mercato dei forward vede sempre meno volumi di scambio e, secondo il segretario di Eurelectic, “questo significa che gli enormi collaterali stanno allontanando gli investitori, poiché nessuno può reggere” queste esigenze di liquidità.
In vista dell’incontro europeo del 9 settembre il ministro per la Transizione ecologica spagnolo, Teresa Ribera, ha auspicato che l’Ue abbassi i requisiti di garanzia delle utility, con lo scopo di liberare fondi per gli investimenti sul settore. Una proposta del governo della Repubblica Ceca, che attualmente presiede il Consiglio dell’Ue, parla di attivare una linea di credito specifica per le utility, “per esempio coinvolgendo la Banca centrale europea”.
La presidente dell’Eurotower, Christine Lagarde, però, ha escluso che la Bce possa fornire liquidità alle utility: per Lagarde questo è un “importante” onere deve ricadere sotto forma di “misura fiscale”, ossia a carico dei governi. La presidente della Bce, inoltre, ha avvertito sui rischi di “annacquare i requisiti prudenziali per le stanze di compensazione e le controparti di derivati“.
Finora i governi di Svezia, Finlandia e Regno Unito hanno già annunciato misure di sostegno per la liquidità delle utility. Londra, l’8 settembre ha avviato uno schema di supporto al settore da 40 miliardi di sterline.