Il sistema previdenziale italiano poggia principalmente sulla previdenza pubblica. La parte non pubblica è rappresentata quasi prettamente dalla casse professionali, che hanno un ruolo sostitutivo al servizio fornito dal settore pubblico
Viste le difficoltà con cui il settore pubblico fronteggia il problema demografico, sono molti a pensare che la soluzione sia l’ampliamento della previdenza integrativa
Il settore pubblico preposto a garantire prestazioni
sanitarie, previdenziali e assistenziali è quello che, più di altri, è esposto a numerose criticità.
In particolare, il settore pubblico della previdenza deve fare i conti – per un verso – con la necessità di reperire le risorse economiche sufficienti a garantire i servizi essenziali; per un altro, con l’urgenza di attingere ad ulteriori fondi per soddisfare i bisogni che, di anno in anno, aumentano a causa del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione
In questo scenario, pertanto, soprattutto
in campo previdenziale, la sfida principale dell’Italia è costituita dal
trovare una soluzione, anche economica, per sostenere il sistema, messo a dura
prova, tra le altre cose, dall’invecchiamento della popolazione e dal
conseguente tendenziale crescente squilibrio tra il numero dei lavoratori e
quello dei pensionati.
Ebbene, ad avviso di Carlo Cottarelli, stando
al discorso dallo stesso presentato nel corso dell’audizione alla Commissione
parlamentare per il controllo sull’attività degli enti gestori di forme
obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, “sia in campo
pensionistico che in campo sanitario”, l’Italia non ha bisogno di cambiamenti
fondamentali; tuttavia, per garantire la fornitura di servizi sociali, occorre, volgere
lo sguardo al settore privato. Infatti, “come avviene in misura più rilevante in
molti paesi europei ed extraeuropei, i fondi o le assicurazioni private svolgono
un ruolo cruciale per soddisfare i crescenti bisogni di servizi sanitari e
previdenziali“.
In effetti, osserva Cottarelli, bisogna
comprendere se è più opportuno fronteggiare le ricadute sulla spesa pubblica
legate all’invecchiamento della popolazione, attraverso un aumento della
tassazione o attraverso l’apertura a forme di assicurazione privata che vadano
al di là di un certo minimo garantito fornito dal settore pubblico.
Entrando nel merito della questione, Cottarelli
rimanda al ruolo ricoperto in Italia dai fondi sanitari integrativi.
Che ci sia
una domanda di servizi sanitari al di là di quelli forniti dal Ssn (Servizio sanitario nazionale) è “confermato
dall’elevata spesa out of pocket degli italiani, pari a 36 miliardi nel 2019,
ossia oltre il 23 per cento della spesa sanitaria complessiva pubblica e
privata”. Questo dato di spesa suggerisce, da un lato, che “i tempi di attesa
del Ssn, se non la qualità del servizio fornito, siano tali che molti italiani
che ne hanno la possibilità preferiscono richiedere servizi al di fuori del Ssn”,
dall’altro, che gli italiani accedono ai servizi privati senza una forma di
assicurazione.
In Italia, “un ostacolo che si pone
all’assicurazione sanitaria in presenza di un sistema pubblico è che per rischi
piccoli non vale la pena di assicurarsi (e quindi se non si vuole ricorrere al
SSN, si paga direttamente), mentre per rischi grandi (un incidente
automobilistico, una seria operazione) ci pensa il sistema pubblico”.
Ebbene, in che modo si può favorire l’incremento
dell’utilizzo della sanità integrativa e il ricorso alle assicurazioni private?
Tra le altre cose, occorrerebbe investire
sulla trasparenza del sistema. In generale, una maggiore trasparenza e
comparabilità aumenterebbe il grado di concorrenza tra diversi fornitori di
servizi di assicurazione sanitaria a beneficio dell’utente finale. Ma non è
tutto. Un’altra questione riguarda gli incentivi fiscali per promuovere i fondi
sanitari. “Già esistono agevolazioni: i contributi pagati sono deducibili sia
per i fondi integrativi veri e propri sia per i fondi che offrono servizi
alternativi a quelli forniti dal Ssn. Però la deducibilità, per questi ultimi,
vale solo per i lavoratori dipendenti e i pensionati e questa difformità di
trattamento potrebbe essere rimossa”.
Infine, osserva Cottarelli, viste le difficoltà con cui il settore
pubblico fronteggia il problema demografico sono molti a
pensare che la soluzione sia l’ampliamento della previdenza integrativa. Tale sviluppo avrebbe il vantaggio di “responsabilizzare
maggiormente i lavoratori relativamente alle scelte sul tenore di vita che, al
di là delle risorse fornite dallo stato, vogliono mantenere una volta cessata
l’attività lavorativa rispetto al tenore di vita mantenuto come lavoratori”. Ma
non basta. Per incentivare i fondi integrativi occorre fare in modo che questi portino ad un aumento del risparmio complessivo, del capitale e della produttività, senza il quale “il problema dell’invecchiamento della popolazione rimarrebbe irrisolto“.
Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.
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