Il 40% circa degli economisti intervistati da Ft e Università del Michigan Booth School of Business ritengono che la recessione Usa si osserverà entro la prima metà del 2023
Una rilevante minoranza del 21%, tuttavia, continua a credere che la recessione non si farà vedere prima del terzo trimestre del 2024
Di solito, i mercati si posizionano in anticipo rispetto all’andamento atteso dell’economia. Se le previsioni di recessione dovessero via via concretizzarsi ci sarebbero le premesse per una seconda metà dell’anno ancora debole sul fronte azionario. Da inizio anno al 12 giugno l’S&P 500 ha già lasciato sul campo il 18,67%, mentre il Nasdaq Composite il 28,38%.
Sempre più economisti stanno sollevando dubbi sul fatto che questo scenario piuttosto roseo possa effettivamente concretizzarsi. “Non si tratta di far atterrare un aereo su una normale pista di atterraggio: si tratta di atterrare su una corda tesa, mentre i venti soffiano”, ha dichiarato al Ft Tara Sinclair, economista della George Washington University, “l’idea che riusciremo a far scendere i redditi e le spese di quanto basta per riportare i prezzi all’obiettivo del 2% fissato dalla Fed non è realistica”. Non è raro che i rialzi dei tassi d’interesse delle banche centrali precedano le recessioni e, in questo caso, da domare c’è un’inflazione particolarmente elevata, che lo scorso maggio ha raggiunto l’8,6% annuo.
Comprensibilmente, il sondaggio degli economisti di Ft-Università del Michigan ha indicato un aumento delle aspettative per l’inflazione rispetto alla precedente rilevazione di febbraio. L’inflazione di fondo core, che esclude dal paniere le componenti più volatili come l’energia, vede una previsione mediana del 4,3% per la fine del 2022 – in calo rispetto al 6% rilevato a maggio, ma comunque ben al di là degli obiettivi della Fed. Proprio il costo dell’energia è stato citato, dal 57% degli intervistati, come il principale fattore che spingerà l’inflazione verso l’alto nei prossimi 12 mesi.
Buona parte degli economisti intervistati hanno dichiarato che la Fed potrebbe vedersi costretta ad inasprire il ritmo dei rialzi per cercare di riportare l’inflazione sotto controllo. Il 40% circa ritiene che raggiungere un tasso del 2,8% entro la fine dell’anno, il livello attualmente prezzato sui mercati, non sarebbe sufficiente allo scopo. Una volta raggiunto il picco del ciclo di rialzi, secondo le previsioni della maggioranza degli economisti, il tasso dei fondi federali si attesterebbe quasi al 4%.
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