Rialzo dei tassi e aumento dell’inflazione. Sono queste le variabili con cui devono confrontarsi gli investitori oggi, con molte implicazioni, in particolare, per quelli interessati ai titoli a reddito fisso. Questo scenario però non vale per tutti. La Cina, infatti, ha caratteristiche diverse da quelle dell’Europa e degli Usa e fa scelte controcorrente rispetto alla tendenza al rialzo dei tassi di interesse guidata dalla Federal Reserve.
Ad agosto l’inaspettato terzo taglio dei tassi in Cina
Nell’ultima riunione di politica monetaria, quella di ottobre, la People’s Bank of China (PBoC) ha mantenuto invariati i tassi di interesse per il secondo mese consecutivo, dopo un taglio inaspettato ad agosto. La decisione della PBoC di tagliare i tassi di interesse alla fine di agosto per la terza volta quest’anno è risultata inaspettata a fronte di uno scenario economico del paese in cui la crescita continua a rallentare a causa della flessione del settore immobiliare, della debolezza dei consumi e delle chiusure di Covid.
Anche il calo delle esportazioni, dovuto all’indebolimento della domanda estera, ha pesato sulle prospettive economiche.
Inflazione a confronto
Il rilancio della crescita ha guidato le scelte dei responsabili politici cinesi che, a differenza dei loro omologhi statunitensi ed europei, possono contare su un’inflazione interna che si mantiene al di sotto del 3%. I due grafici sotto evidenziano a colpo d’occhio il differente andamento dell’inflazione negli Usa e in Cina negli ultimi 12 mesi.
Fonte: Inflation.eu – World Inflation Data
Questa divergenza di inflazione, e quindi di politica monetaria tra Cina e Usa, ha contribuito a generare anche una divergenza dei rendimenti, con enormi implicazioni per gli investitori a reddito fisso e per i mercati valutari a livello globale. Nel secondo trimestre, infatti, il rendimento del titolo di Stato decennale di riferimento della Cina è sceso al di sotto del rendimento del Tesoro decennale Usa per la prima volta in oltre un decennio. Da quel momento, il divario di rendimento si è allargato a più di 60 punti base, hanno evidenziato gli analisti di Fidelity International, aggiungendo che a prima vista ciò sembrerebbe diminuire l’attrattiva relativa per gli investitori globali per il debito sovrano cinese onshore, anche se il quadro è più sfumato se si considerano i rendimenti reali al netto dell’inflazione e il più ampio contesto macroeconomico.
Sotto il grafico elaborato da Fidelity che mette a confronto l’andamento dei titoli di stato decennali di Usa e Cina nei 12 mesi fino a settembre.
E in futuro?
“Vediamo un’alta probabilità di ulteriori tagli dei tassi in Cina nel prossimo futuro, che offriranno sostegno alle obbligazioni cinesi onshore ma aumenteranno anche la pressione per un ulteriore indebolimento del renminbi rispetto al dollaro”, affermano da Fidelity.
Inoltre l’inedito terzo mandato a Xi Jinping a capo del PCC (Partito Comunista Cinese) e la formazione di un comitato permanente del Politburo, che sembrano più orientati alla sicurezza che al mercato, alimenta qualche timore sul ritmo di sviluppo di questa economia. Gli ultimi dati sull’andamento del Pil relativi al terzo trimestre hanno mostrato una espansione più robusta del periodo precedente e migliore delle aspettative (+3,9%), pur trattandosi di un incremento tra i meno consistenti degli ultimi decenni.
“Il ciclo di tagli dei tassi in Cina e le prospettive economiche meno incoraggianti potrebbero causare un ulteriore indebolimento della valuta cinese rispetto al dollaro. – proseguono da Fidelity – Tuttavia, i deflussi di capitale non sembrano essere una grande preoccupazione per la banca centrale cinese, grazie ai controlli sui flussi transfrontalieri, sostenuti dai 3.000 miliardi di dollari di riserve valutarie del Paese”.
Nel lungo periodo, le tendenze demografiche potrebbero esercitare una pressione al ribasso sul tasso d’interesse neutro della Cina per i decenni a venire, a causa dell’invecchiamento della popolazione. Questa dinamica porta in genere a una minore produttività, a un minore rendimento del capitale e quindi a tassi più bassi. “Ciò suggerisce che la divergenza dei rendimenti ha la possibilità di ampliarsi ulteriormente nel lungo periodo”.