Lo shock del gas potrebbe innescare dei cambiamenti epocali, non solo sul piano delle politiche energetiche dei singoli paesi e nel processo globale di transizione verde, ma anche nelle abitudini di consumo, coinvolgendo ambiti e settori apparentemente molto lontani tra loro e dal mondo energia. È già successo in passato, con la crisi petrolifera degli anni ’70.
Una lezione che arriva dal passato…
L’attuale volatilità del prezzo del gas ha una certa similitudine con quella del petrolio negli anni ’70, scatenata anche in quel caso da tensioni geopolitiche, ovvero della guerra dello Yom Kippur. A quell’epoca, i membri dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio arabi decisero di imporre l’embargo sulle forniture di petrolio agli Stati Uniti, provocando un balzo dei prezzi del greggio.
Sebbene fu di breve durata (terminò qualche mese dopo), l’embargo innescò profondi cambiamenti. Nell’immediato, gli Usa decisero di ridurre drasticamente il limite di velocità in autostrada, per risparmiare carburante, e imporre un razionamento della benzina, con effetti pesanti sull’industria automobilistica globale. Per far fronte al crollo delle vendite e alla conseguente chiusura degli stabilimenti, i giganti americani Ford, General Motors e Chrysler furono costretti a rivedere i loro modelli, costruendo auto meno grandi e pesanti e con motori più efficienti, così come già facevano le case giapponesi.
A seguire, la crisi petrolifera portò a una recessione, ma anche alla formazione dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) nel 1974, all’inizio delle riserve petrolifere strategiche statunitensi nel 1975 e alla creazione del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti nel 1977. Tuttavia, le ricadute dello shock petrolifero degli anni ‘70 andarono ben oltre i confini americani e il loro eco si fece sentire anche nel lungo termine. Proprio in scia a quegli eventi, il mondo infatti iniziò a utilizzare il petrolio in modo più efficiente e a diversificare le sue fonti di energia per guidare la crescita futura.
…e valida anche oggi
In scia al conflitto Russia-Ucraina i prezzi del gas naturale in Europa sono schizzati al rialzo del 300% nell’ultimo anno (Bloomberg, World Bank commodity prices Natural Gas Europe). E ancora più di recente si è assistito a un taglio delle forniture di gas ai paesi europei da parte della società russa Gazprom, tanto da far scattare un allarme generale. Nei giorni scorsi l’Agenzia internazionale dell’energia avrebbe avvertito l’Europa di un possibile stop totale. In Germania, il ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha invece alzato il livello di allerta alla fase due su un massimo di tre (il prossimo passo potrebbe essere il razionamento).
Considerando che l’Europa importa il 90% di gas di cui ha bisogno e il 45% di questo arriva proprio dalla Russia, è evidente come nel lungo periodo sia necessario un ripensamento della politica energetica nel continente, per renderla più sicura negli anni a venire.
Intanto, però, lo shock del gas potrebbe modificare le abitudini di consumo di famiglie e imprese, verso una maggiore efficienza, con ripercussioni in ambiti e settori apparentemente molto lontani tra loro. Come quello immobiliare. Ne sono convinti a Legal & General Investment Management: “E’ probabile che lo shock del prezzo del gas avrà ripercussioni per decenni, cambiando per sempre il paesaggio urbano architettonico europeo”, sostiene John Daly, senior solutions strategy manager.
L’esperto parte dalla considerazione che oggi le abitazioni assorbono circa il 40% del consumo energetico totale dell’Unione europea. E il patrimonio immobiliare è inefficiente dal punto di vista energetico, dato che circa il 35% degli edifici del continente ha più di 50 anni.
Da qui si deduce come questa crisi del gas possa impattare in maniera significativa anche il settore immobiliare, con una serie di interventi di ristrutturazione importanti e su larga scala. La strada è già stata tracciata a fine 2021 con la direttiva Ue che propone che tutti gli edifici con la peggiore classificazione energetica (classe G) debbano essere ristrutturati secondo uno standard più elevato entro il 2030. Oggi, il mantenimento dei prezzi del gas su livelli elevati rende questa legislazione quanto mai attuale e imprime un’accelerazione ulteriore verso il cambiamento.