Nessun portafoglio è immune ai rischi, nemmeno quello degli investitori che puntano sui criteri Esg, ovvero che tengono in considerazione l’impatto ambientale, sociale e di governance. Qui, infatti, un’insidia è un posizionamento troppo concentrato verso alcuni particolari settori o aree geografiche, secondo Legal & General Investment Management (LGIM), che ha individuato tre domande che ogni investitore dovrebbe farsi per evitare questo pericolo.
Le tre domande per gli investitori in Esg
Se si decide di considerare unicamente le aziende con i rendimenti migliori dal punto di vista dell’impatto Esg, gli investitori rischiano di poter pescare da un pozzo molto ristretto di imprese e diventare quindi sovra o sotto esposto a particolari mercati e settori, assumendo rischi maggiori. “Nel turbinio delle nuove regolamentazioni, si tende, sempre più spesso, a perdere di vista molti strumenti preziosi, di cui hanno beneficiato gli investitori dei multi-asset nel corso degli anni e che potrebbero risultare utili anche in questo ambito”, spiegano da LGIM.
Nel creare un portafoglio che abbracci gli obiettivi Esg, l’investitore dovrebbe quindi porsi almeno tre domande, secondo Andrzej Pioch, fund manager di LGIM:
- Sono soddisfatto del livello di concentrazione, in termini di nazioni, settori, stock e di fattori azionari nel mio portafoglio?
- Sono soddisfatto dei costi dati dall’inevitabile aumento delle spese legate alle performance nel lungo termine?
- Sono soddisfatto del livello di rischio del mio portafoglio?
Considerare tutti questi punti è necessario per avere una visione più completa, prima di approcciarsi a un nuovo investimento.
Investimenti sostenibili vs investimenti attenti al rischio
Cercando di rispondere alle domande, Pioch ha considerato il ritorno degli investimenti durante la prima metà del 2022, mettendo a confronto alcuni fondi domiciliati nel Regno Unito. L’analisi di LGIM ha posto da una parte quelli con un focus specifico sugli obiettivi Esg e, dall’altra, quelli con un criterio di selezione basato sul rischio. Il risultato è che, sotto ogni profilo di rischio analizzato, la performance dei portafogli che includevano gli obiettivi ambientali, sociali e di governance, è stata peggiore, con gap anche molti elevati, dei corrispettivi incentrati sul rischio.
Fonte: LGIM blog
Questo perché “i portafogli Esg hanno un bias positivo, quindi una preferenza, nei confronti delle azioni di piccole imprese che stanno ancora crescendo, in quanto vengono riscontrate più opportunità Esg. Ma allo stesso tempo, – spiega Pioch – sono più restii a includere stock con bassa volatilità”. Anche i settori di riferimento sono pre-definiti e concentrati: vengono infatti preferiti quelli dell’informatica e della finanza, piuttosto che quelli legati al consumo, all’energia e ai materiali.
Secondo Pioch, “le stesse tendenze che hanno portato alla rapida crescita delle strategie Esg tra il 2020 e il 2021 (arrivando a valere 1,5mila miliardi di dollari, secondo uno studio dell’Università di Harvard), stanno causando invece ora, un’inversione di marcia”. Maggiori sono i canoni di esclusione negativa che vengono applicati a questi investimenti, maggiore sarà la differenza di performance rispetto agli investimenti più attenti al rischio.