È palese che regni un caos globale che potrebbe ulteriormente peggiorare le cose. Si teme certamente una seconda ondata in autunno.
C’è una paralisi diffusa. E i temi d’affrontare sono tanti, anzi troppi. C’è un notevole cambiamento delle abitudini.
Metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l’altro la vita se ne va.
Tratta da “Epistulae ad Lucilium“
(Lucio Anneo Seneca – filosofo, drammaturgo e politico romano – Corduba, 4 a.C. – Roma, 19 aprile 65)
Non servirebbe più inseguire sogni, ma neanche cercare di progettare quella ricostruzione che seppur difficile, non sarebbe certamente impossibile.
Domenica 21 giugno prossima infatti, non soltanto sarà l’inizio dell’estate, sarà anche il tanto atteso solstizio (d’estate), si verificherà una eclissi anulare di sole (visibile solo in una parte del pianeta e in Italia, non in tutta, per un tempo di circa 30′), ma soprattutto, secondo un tweet (ora cancellato dal web) di un giovane sconosciuto, è prevista, a fronte di un calcolo improbabile, la fine del mondo.
Quindi in presenza di questo evento, tanto decantato dalla notte dei tempi, qualunque dissertazione apparirebbe una perdita di tempo, tempo che verrebbe tolto chiaramente a quel poco che ci rimane.
Però ragionando per assurdo e valutando l’ipotesi concreta che nuovamente la profezia venga disattesa (una prima interpretazione aveva già fatto temere che tutto ciò accadesse il 21 dicembre 2012 e sappiamo poi come è andata a finire), dobbiamo necessariamente sforzarci di immaginare in quale cambiamento rapidamente stiamo confluendo.
È palese che regni un caos globale che potrebbe ulteriormente peggiorare le cose. Si teme certamente una seconda ondata in autunno.
E tra paesi che sono ancora nel vivo della pandemia e qualche altra zona del mondo che già si preoccupa di pericolosi focolai riaccesisi, nel frattempo si sviluppano teorie, si contano i morti, si aggiornano i libri di storia, si cerca una rapida soluzione per contrastare la conseguente crisi economica, che già danni ha procurato al sistema globalizzato.
C’è una paralisi diffusa. E i temi d’affrontare sono tanti, anzi troppi. C’è un notevole cambiamento delle abitudini.
Una lentissima ripresa, con una serie di prevenzioni nei comportamenti interpersonali che orientano tuttora al mantenimento della distanza sociale e all’uso della mascherina.
C’è un chiaro aumento della disoccupazione, fenomeno che non si comprende quale misura massima possa raggiungere.
C’è la necessità di prendere delle decisioni su quali settori privilegiare per la ripartenza, per comprendere quali soluzioni adottare per il sostegno della nuova normalità verso cui siamo proiettati.
Nel mentre si cerca di comprendere come i singoli stati, ma soprattutto come l’Europa si comporterà con l’ausilio della Banca Centrale Europea e quale misura adottare in prima istanza, anche pensando di aggiungerne altre diverse successivamente.
Nel frattempo le lotte politiche riscaldano la temperatura dei popoli che hanno perso la bussola della fiducia e rimangono disorientati dall’incertezza.
Eppure dopo un periodo assai difficile, dove durante l’esplosione della pandemia si sono registrate profonde cadute verticali degli indici mondiali, mettendo a dura prova la stabilità e la consistenza delle economie mondiali, la complessità all’improvviso pare abbia lasciato il posto ad enormi opportunità.
Ci ritroviamo in un nuovo contesto, dove la tecnologia ha veramente dominato improvvisamente le nostre vite con uno spirito di adattamento diffuso che ha esaltato, in un momento di grande depressione, alcuni settori che non hanno conosciuto affatto il segno negativo.
Oltre alla tecnologia, anche l’utilities e l’healthcare hanno conosciuto un forte apprezzamento, sicuramente le prime due perché hanno sostenuto lo spirito che ha alimentato una parvenza di vitalità, la terza invece perché su questo settore si pone quella fiducia, in particolare nella sfera della ricerca, che ci induce a sperare che il più velocemente possibile si possa produrre il tanto atteso vaccino.
Nel frattempo i mercati in generale scontano un esito estremamente positivo che accende nuovi entusiasmi e fanno sperare in un pronto ottimismo.
Si dice sempre che l’economia anticipi i successivi cicli. Eppure è altrettanto palese che la depressione-recessione si concretizzerà, attraverso una fortissima contrazione, la cui ampiezza è calcolata dagli esperti da una parte in uno scenario più positivo (ma sempre negativo) e naturalmente dall’altra in quello peggiorativo dove la dimensione del PIL mondiale avrebbe impatti notevolmente più duri da vivere in termini di riduzione.
I due scenari estremi chiaramente oscillano attorno all’ipotesi altamente probabile che si passi da una seconda fase del picco con un necessario supplemento di lockdown questa volta capace di creare danni ancora più profondi.
Già da questi tempi appena vissuti, sono mutate condizioni e comportamenti. Si sono così sviluppate nuove abitudini che si consolideranno e che necessariamente provocheranno nuovi rapidi equilibri che impatteranno notevolmente nei settori più depressi in assoluto: quelli che si sono cioè occupati di mobilità, a partire dall’automotive, passando dall’energia e finendo ai trasporti.
Un collasso così grave che provocherà dapprima un terremoto grave e poi una repentina ricostruzione.
Ecco perché è chiara la necessità di una revisione e della ristrutturazione di tutti quegli altri settori che nel frattempo sono rimasti in difficoltà, ma in realtà hanno ripreso vigore nel contesto attualissimo di una ripresa che seppur lenta, sta avvenendo.
La ripartenza in particolare dei consumi e l’attenzione ai temi attorno agli ESG (Environmental, Social e Governance; ovvero per quelle tematiche ambientali, sociali e di governance) che misureranno la sostenibilità e quell’impatto socio-ambientale necessario per proiettare il futuro delle nuove generazioni consegnando loro un modo di vedere e un mondo piuttosto green.
In questa folle corsa, rallentata dal virus, ci siamo resi conto che l’informazione di qualità può permettere una migliore valutazione nelle decisioni.
Che la sanità ha un peso rilevante per sostenere ogni paese che vuole definirsi moderno e all’avanguardia.
Che le abitudini consolidate in realtà possono trasformarsi, non creando allarmismi e neppure disorientamenti.
Che i metodi e le prevenzioni sono più efficienti di una ricerca spasmodica di un successo a tutti i costi.
Che basta una partita di calcio e una finale vinta che a Napoli si dimentica tutto e gli assembramenti sono perfino giustificati e tollerati. Che il Covid-19 si chiama così, perché l’abbiamo conosciuto tutti nel 2020, ma c’era già nel 2019.