Generali esprime una quota di mercato previdenziale (19 miliardi, 25,8%) superiore a quella vita (148,3 miliardi, 20,7%)
Tra le banche reti si distingue Mediolanum con 4,9 miliardi di riserve previdenziali (6,6% del mercato) e 24,8 miliardi di riserve vita (3,5%)
Primanni: “Occorre inoltre mettere mano ai modelli organizzativi per individuare modalità low cost di gestione dei prodotti previdenziali”
La previdenza complementare, in Italia, è in stallo: solo 9,4 milioni di lavoratori, ovvero un terzo dei cittadini e delle cittadine, investono in vista della pensione. A fine 2022 le forme previdenziali integrative rappresentavano meno del 10% del prodotto interno lordo, a fronte di oltre il 100% nel Regno Unito e oltre il 200% nei Paesi Bassi. Ma alcuni distributori, più di altri, sono pronti a cogliere le potenzialità di questo mercato.
Secondo un’analisi condotta da Excellence Consulting su come le principali banche e assicurazioni nazionali soddisfino la domanda di previdenza complementare, se i fondi pensione sono caratterizzati da una forte concentrazione, nella bancassurance Generali asseconda meglio il trend con 19 miliardi di euro di riserve previdenziali, pari al 25,8% del mercato; le riserve vita ammontano invece a 148,3 miliardi, ovvero il 20,7% del mercato. Sul podio anche Poste Vita con 10,8 miliardi di riserve previdenziali (14,7% del mercato) e 142,7 miliardi di riserve vita (19,9%) e Intesa Sanpaolo con 8,4 miliardi di riserve previdenziali (11,4% del mercato) e 136,5 miliardi di riserve vita (19,1%) del mercato. Nella top5 si segnalano Allianz con 5,1 miliardi nella previdenza integrativa (6,9% del mercato) e 52,3 miliardi nelle polizze vita tradizionali (7,3% del mercato) e Unipolsai con 7,1 miliardi in previdenza integrativa (9,7% del mercato) e 38,5 miliardi nel vita (5,4% del mercato). Mediolanum si distingue infine tra le reti di consulenza, con 4,9 miliardi di riserve previdenziali (6,6% del mercato) e 24,8 miliardi di riserve vita (3,5%).
“Dal 2020 al 2050 il tasso di sostituzione lordo della previdenza obbligatoria decrescerà dal 71,7% al 58,4% nel privato e dal 54,9% al 46,7% tra gli autonomi, ma la previdenza complementare in Italia è ancora in stallo: le forme previdenziali integrative nel nostro Paese rappresentano alla fine del 2022 meno del 10% del Pil, in Uk oltre il 100% e nei Paesi Bassi più del 200%”, spiega Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting. “La nostra ricerca dimostra che, se da un lato c’è consapevolezza, sia da parte dei lavoratori della necessità di tale scelta, sia da parte dei distributori – in particolare Generali, Poste Vita e Intesa Sanpaolo, e Mediolanum tra le reti – delle grandi potenzialità di questo mercato, dall’altra parte c’è l’opportunità di accelerare nei processi di crescita, migliorando i modelli organizzativi e gli approcci commerciali dedicati alla previdenza”. Come dichiarato a We Wealth da Primanni, è necessario che i distributori inseriscano stabilmente la previdenza nei loro modelli di consulenza, considerando che si tratta ormai “di un’area di bisogno trasversale a tutta la clientela e con una forte capacità di fidelizzazione”. Occorre inoltre “mettere mano ai modelli organizzativi per individuare modalità low cost di gestione dei prodotti previdenziali che consentano di remunerare più adeguatamente il tempo dedicato alla consulenza dai consulenti finanziari”, suggerisce Primanni.