Il decreto rilancio ha cercato di inserire delle agevolazioni anche per le startup. L’obiettivo è dare nuova linfa a tutte quelle società che sono state più duramente colpite dalla crisi. Ne abbiamo parlato con Stefano Massarotto, partner dello studio legale tributario Facchini Rossi Michelutti
L’Italia avrebbe un forte potenziale per queste realtà ma ci sono vincoli normati che rendono il tutto complesso e poco agile
Nonostante questo, negli anni il mondo delle startup ha cercato di rosicchiare sempre più terreno
Startup colpite dal coronavirus. L’Italia è uno dei paesi europei che è stato maggiormente colpito dalla pandemia globale, sia dal punto di vista sanitario che economico. Il governo ha cercato di prendere delle contromisure ma molto spesso si sono rivelate scarse e lacunose.
Il sistema delle startup italiane di certo non è stato molto preso in considerazione. Ma d’altra parte l’Italia è uno dei paesi europei più indietro per quanto riguarda gli
investimenti in startup innovative. “Oltre ai vincoli dimensionali per la detrazione al 50% – spiega
Stefano Massarotto, partner dello studio legale Facchini Rossi Michelutti- ci sono il vincolo del mantenimento dell’investimento per 3 anni, la completa tassazione delle plusvalenze e il mancato riconoscimento delle perdite che potrebbero costituire un freno per lo sviluppo dell’ecosistema”. Nonostante non ci siano condizioni proprio così favorevoli il settore delle start-up in Italia sta cercando di rosicchiare terreno di anno in anno. Secondo gli ultimi dati pubblicati da InfoCamere e le Camere di commercio nel nostro Paese, a fine 2019, si contavano ben 10.882 startup. Dati in aumento di circa 272 unità (+2,6%) rispetto al trimestre precedente. La Lombardia rimane la regione in Italia con il maggior numero di aziende innovative, con più di un quarto di tutte le startup in Italia. La sola provincia di Milano rappresenta il 19,1% sul totale della regione.
Il decreto rilancio tra novità e incertezze
Il decreto rilancio ha messo il focus sulle piccole e medie imprese italiane, che sono il cuore del sistema produttivo nazionale. Con alcuni provvedimenti è andato a cercare di migliorare e mettere una pezza rispetto ai decreti precedenti e con altri ha cercato di coprire settori che fino a quel momento erano stati un po’ sottovalutati.
Per quanto riguarda le startup il decreto rilancio ha dunque previsto alcune misure di sicuro interesse che potrebbero rafforzare l’ecosistema di queste realtà. “Mi riferisco innanzitutto ai contributi a fondo perduto per favorire l’incontro tra le startup e il sistema degli incubatori, acceleratori, università, etc.., ma anche al nuovo credito d’imposta sulla ricerca e sviluppo. Quello che però il sistema degli operatori e degli investitori aspettava era l’ulteriore stimolo dell’investimento dei business angel attraverso l’innalzamento della detrazione fiscale dal 30% al 50% sui capitali sotto i 100 mila euro investiti da persone fisiche”, spiega Massarotto.
Ma non cantate vittoria troppo presto. Accanto a queste misure ci sono infatti anche alcuni aspetti che non sono stati considerati, o meglio che lo sono stati ma in modo superficiale. “La nuova detrazione viene infatti concessa nell’ambito delle norme comunitarie sugli aiuti de minimis, che ha un tetto massimo di aiuti cumulabili da ogni singola impresa, comportando, di fatto, la fruibilità dell’agevolazione dalle più piccole startup e non da quelle più mature. Per com’è scritta la norma, inoltre, non sono agevolati gli investimenti effettuati attraverso veicoli societari di investimento (inclusi invece nell’attuale agevolazione del 30%), che in realtà sono spesso il mezzo più comune attraverso cui operano i business angel per investire in gruppo”, conclude Massarotto.
L’Italia avrebbe un forte potenziale per queste realtà ma ci sono vincoli normati che rendono il tutto complesso e poco agileNonostante questo, negli anni il mondo delle startup ha cercato di rosicchiare sempre più terreno
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