La Fondazione Beyeler – che si prepara a raddoppiare i propri spazi nel vicino Iselin-Weber Park – ha aperto il 2024 con la più grande retrospettiva mai realizzata in Svizzera sul fotografo canadese Jeff Wall. Padre della fotografia cinematografica (così come della “staged photography“), l’artista esplora i confini tra realtà e finzione, vita quotidiana e fantasia, prendendo spunto dalla storia dell’arte più tradizionale.
Nato nel 1946 a Vancouver, nel 1970 Wall ottiene un Master of Arts alla University of British Columbia (con una tesi sul Dadaismo berlinese) prima di trasferirsi con la moglie Jeannette in Inghilterra. Qui Jeff non pratica subito l’attività di fotografo (dopo aver realizzato invece alcuni reportage fotografici nella degradata periferia della propria città natale), ma continua a studiare conseguendo un dottorato in storia dell’arte al Courtauld Institute di Londra, focalizzandosi in particolare sulla teoria e sulla critica della pittura. La leggenda narra che il passaggio dell’artista da “street” a “cinematic photographer” avvenga nel 1977 a Madrid. Giunto in città, Wall visita il Museo del Prado, dove rimane folgorato dai dipinti dei grandi maestri quali Tiziano Vecellio, Pieter Paul Rubens, Raffaello Sanzio, Giambattista Tiepolo, Diego Velázquez e Francisco Goya. Appena uscito dal museo continua invece a vedere una moltitudine di pubblicità “pop” sparse e illuminate in tutta la città. Qui qualcosa clicca: Jeff prende spunto dal mondo della pubblicità per realizzare la sua prima fotografia di grande formato retroilluminata, scostandosi definitivamente dalla fotografia di reportage e preparando i propri scatti con meticolosa precisione (Wall ha successivamente dichiarato di non ritenere il proprio metodo creativo né fotografia, né cinema, né pittura, né propaganda, ma la perfetta sintesi tecnologica di tutte le arti citate). Sin dalle prime opere è inoltre chiaro che l’artista verrà sempre influenzato dai grandi pittori del passato. The Destroyed Room (1978) – prima immagine retroilluminata esposta nel 1978 alla Nova Gallery di Londra – rappresenta una stanza di una donna completamente distrutta, ispirata al quadro La Mort de Sardanapale (1827) di Eugène Delacroix.
Jeff Wall, A woman consulting a catalogue (2005)
Weff Wall alla Fondazione Beyeler, la mostra
Le 55 fotografie esposte a Basilea fino al prossimo aprile – scelte con l’aiuto del settantasettenne Jeff Wall in persona – ben rappresentano la pratica sviluppata dall’artista negli ultimi quarant’anni e la sua naturale evoluzione. L’immensa A Sudden Gust of Wind (after Hokusai) (1993), realizzata unendo digitalmente diversi scatti realizzati nelle campagne di Vancouver nel corso di cinque mesi, è un’interpretazione contemporanea della stampa Travellers Caught in a Sudden breeze at Ejiri (1832 ca.), parte del portfolio The Thirty-six Views of Mount Fuji del pittore giapponese Katsushika Hokusai. The Storyteller (1986), che mostra un gruppo di ragazzi che parlano tra loro seduti su un prato, fa un chiaro riferimento a Le Déjeuner sur l’herbe (1863) di Édouard Manet (Wall ha ripreso il lavoro di Manet anche in Picture for Women (1979), che richiama Un bar aux Folies Bergère (1881-1882)). Anche The Thinker (1986), esposta nella seconda sala della Fondazione Beyeler, rimanda a Le Penseur (1880) di Auguste Rodin, pur inserendo la figura del pensatore nel contesto industriale moderno canadese.
Jeff Wall, The Thinker (1986)
Con After Invisible Man by Ralph Ellison, the Prologue (1999-2000) Jeff evidenzia invece il suo approccio cinematografico alla fotografia. La scena riprende il prologo di Invisible Man, il libro scritto da Ralph Ellison nel 1952. Wall costruisce l’immagine come se fosse la scena di apertura di un nuovo film: il protagonista è seduto in uno scantinato, illuminato dalle 1369 lampadine appese al soffitto e accese illegalmente. Similmente, Dead Troops Talk (a vision after an ambush of a Red Army patrol, near Moqor, Afghanistan, winter 1986) (1992) – a oggi una delle immagini più famose del fotografo – è stata costruita a tavolino da Wall per ricreare una scena di battaglia in Afghanistan (pur richiamando la serie di stampe Los desastres de la guerra (1810-1820) di Francisco Goya). Anche Actor in two roles (2020) evidenzia il taglio cinematografico di Jeff, proponendo all’osservatore un dittico in cui la stessa attrice ricopre due ruoli diversi (similmente a quanto avviene in Summer Afternoons (2013)). Infine, la retrospettiva svizzera ricomprende anche alcuni lavori in bianco e nero, su cui Wall ha iniziato a lavorare nel 1996. Volunteer (1996), la prima di una serie di gelatin silver prints prodotte nei laboratori dell’artista, inquadra un uomo nell’atto di lavare un pavimento, mettendolo in contrasto con il dipinto appeso nella parte destra dell’immagine.
Jeff Wall, Summer Afternoons (2013)
Jeff Wall, mercato e aggiudicazioni
Negli ultimi anni le fotografie di Jeff sono state esposte in alcuni dei musei più importanti del mondo, quali la Tate Modern di Londra e lo Schaulager di Basilea (in entrambi nel 2005), il MoMA di New York (nel 2007) e lo Stedelijk Museum di Amsterdam (nel 2014). Le opere dell’artista hanno avuto anche una certa fortuna agli incanti: la già citata Dead Troops Talk (1992), venduta nel 2012 da Christie’s New York per 3.6 milioni di dollari (contro una stima d’asta compresa tra gli 1.5 e i 2 milioni), è ancora oggi l’opera più cara di Wall (la foto più costosa mai aggiudicata agli incanti è tutt’ora Le Violon D’Ingres (1924) di Man Ray, battuta per 12.4 milioni di dollari da Christie’s New York nel 2022). The Well (1989), venduta nel 2008 da Sotheby’s London, ha raggiunto i 540.000 pound, mentre The Forest (2001), è stata aggiudicata lo stesso anno da Sotheby’s New York per 1 milione di dollari. Recentemente, hanno realizzato inoltre buoni risultati A woman consulting a catalogue (2005), aggiudicata da Phillips New York nel 2019 per 150.000 dollari e Overpass (2001), battuta da Sotheby’s New York nel 2017 per 672.500 dollari.
Jeff Wall, Dead Troops Talk (1992)
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In copertina: Jeff Wall, The Gardens (2017). Tutte le foto sono di Alice Trioschi.