Rischi economici e geopolitici deprimono il sentiment degli investitori in fondi
I deflussi dal risparmio gestito colpiscono di più le strategie attive
L’industria dei fondi deve fare i conti con le accuse di greenwashing e le performance deludenti dei fondi tematici
Gli investitori entrano nel 2024 con la consapevolezza che l’incertezza continuerà a dominare il sentiment dei mercati. E l’industria dei fondi dovrà fare i conti con questo scenario. I rischi non sono solo economici, ma anche geopolitici e legati all’elevato indebitamento pubblico di molti Stati.
L’ultimo trimestre del 2023 si è aperto con riscatti dai fondi a lungo termine per oltre 43 miliardi di euro in tutta Europa nel solo mese di ottobre. Questo significa che tutte le principali categorie di fondi, esclusi i monetari, hanno avuto deflussi, con gli azionari che hanno fatto da capofila (-20,4 miliardi netti).
Il sentiment degli investitori in fondi era cambiato già ad agosto 2023, ma i riscatti erano stati contenuti (-6,6 miliardi). Il bilancio si è poi aggravato a settembre e in modo più marcato ad ottobre. In novembre c’è stato un tentativo di inversione, ma con una raccolta netta contenuta (13 milioni in tutta Europa).
L’altra faccia della medaglia sono i fondi monetari, che hanno registrato flussi in ingresso consistenti, soprattutto ad ottobre (+40 miliardi) e ancora di più a novembre (quasi 48 miliardi), segnalando un ritorno di interesse degli investitori per la liquidità.
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L’industria dei fondi europea farà il bilancio del 2023 nella seconda metà di gennaio, quando saranno disponibili i dati al 31 dicembre.
Tuttavia, ci sono alcuni trend che non può ignorare.
Attrazione liquidità
Il cash è tornato uno strumento di investimento dopo decenni, perché il rapido aumento dei tassi di interesse ha fatto lievitare i rendimenti dei conti deposito e altri prodotti monetari al 4-5% o anche più. Nonostante, la storia insegni che le azioni e le obbligazioni tendano a rendere di più nel lungo termine, chi ha un orizzonte di breve periodo potrebbe scegliere i conti deposito o i fondi monetari per parcheggiare la liquidità senza dover correre troppi rischi. Anche i comparti obbligazionari con scadenze ultra-corte hanno vissuto un ritorno di interesse nella seconda parte del 2023.
Secondo gli esperti di Morningstar Investment Management (società del gruppo Morningstar), i bond short-duration “sono attraenti per portafogli prudenti, perché offrono un reddito a fronte di un rischio duration basso”.
L’industria dei fondi, tuttavia, è anche consapevole del fatto che la remunerazione della liquidità al 4-5% non sarà per sempre. Ad esempio, se le economie entrassero in una profonda recessione, i tassi potrebbero scendere, penalizzando i titoli con scadenze brevi rispetto a quelli a lungo termine.
L’avanzata dell’industria dei fondi passivi
Le strategie indicizzate hanno eroso quote di mercato a quelle attive negli ultimi anni e il trend potrebbe continuare. Secondo i dati Morningstar riferiti all’Europa, la quota di mercato delle prime è salita al 26,8% dal 24% negli ultimi dodici mesi (al 30 novembre 2023). In alcune categorie, il divario è impressionante: i fondi attivi azionari, ad esempio, hanno avuto deflussi per oltre 100 miliardi nei primi undici mesi del 2023, contro afflussi netti per più di 114 miliardi nei fondi indicizzati (inclusi gli Etf). Anche tra gli obbligazionari, che in passato sono stato terreno privilegiato dei gestori, le sottoscrizioni nette di fondi indicizzati hanno superato quelle dei comparti attivi (+83,5 miliardi contro +63,9 miliardi).
Gli alti costi delle strategie attive, uniti spesso a performance deludenti, possono spiegare il sempre maggior interesse degli investitori per gli Etf, che hanno generalmente commissioni più basse e un andamento simile all’indice di riferimento. Qualcuno potrebbe obiettare che il tasso di successo dei gestori attivi è migliorato nell’ultimo anno, ed è vero. Il Morningstar active/passive barometer rivela che il 36,6% dei gestori azionari ha battuto gli index fund nei dodici mesi terminati il 30 giugno 2023, contro poco più del 33% di un anno prima, ma su un orizzonte temporale più lungo (dieci anni), la percentuale scende al 17,1%. Nel reddito fisso, i fondi attivi hanno fatto ancora meglio nell’ultimo anno con una percentuale di successo del 62,7%, ma solo il 23,1% ha battuto le controparti passive a dieci anni.
L’onda sostenibile si ritrae
I deflussi non hanno risparmiato i fondi sostenibili negli ultimi mesi. A ottobre, i comparti classificati come articolo 8 (light green) in base al regolamento Sfdr (Sustainable finance disclosure regulation) hanno subito riscatti per oltre 25 miliardi netti, uno dei peggiori risultati da quanto è stata introdotta la normativa sulla trasparenza nella finanza sostenibile. Anche i fondi articolo 9 (dark green) hanno registrato una raccolta negativa a ottobre, ma inferiore (-2,6 miliardi). In generale, nel 2023 l’industria dei fondi ha dovuto fare i conti con un raffreddamento dell’interesse per i prodotti che incorporano i criteri ambientali sociali e di governance (Esg), in un contesto economico più sfidante e di fronte a una regolamentazione in continua evoluzione.
Il settore, inoltre, deve affrontare le accuse di greenwashing, ossia di pratiche che consistono nel declamare un livello di sostenibilità dei prodotti non corrispondente con la realtà per attrarre gli investitori. Recentemente, lo Iosco, organizzazione internazionale delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari, ha pubblicato un rapporto dal quale emerge che ci sono ancora rischi su questo fronte, nonostante le azioni intraprese dalle authority. Colmare le lacune nei dati e nella trasparenza, aumentare la qualità e affidabilità dei rating, garantire una maggior coerenza nella etichettatura dei prodotti e far crescere competenze in materia rimangono una sfida per l’industria finanziaria.
Quale futuro per l’industria dei fondi tematici?
I fondi tematici hanno accresciuto la loro popolarità durante la pandemia di covid-19, ma nell’ultimo anno l’interesse è diminuito. I dati più recenti, che riguardano gli Etf, mostrano deflussi netti nel terzo trimestre per 100 milioni di euro in tutta Europa e una diminuzione degli asset del 6,7% a 32 miliardi nello stesso periodo.
Gli investitori, ma anche l’industria dei fondi, non potrà fare a meno di interrogarsi sulle performance di questi strumenti. Un recente studio Morningstar, infatti, ha rivelato che i sottoscrittori si sono persi i due terzi della performance negli ultimi cinque anni a causa del pessimo tempismo in ingresso e uscita da questi strumenti. Ma il settore dovrà anche fare i conti con l’ingresso di Ark Invest in Europa, tramite l’acquisizione di Rize Etf. La società fondata da Cathie Wood, infatti, intende lanciare una gamma di Etf tematici gestiti attivamente.