Ceccatelli (Finint Private Bank): “Se il monetario è stata una buona asset class nel 2023, quest’anno sarà meno brillante in termini assoluti con i tassi in discesa”
Le società investment grade statunitensi hanno emesso obbligazioni per 153 miliardi di dollari questo mese, un dato che non si osservava dal 1990
Se i fondi monetari risultavano la scommessa più sicura quando i tassi salivano, la sterzata delle banche centrali attesa nei mesi a venire potrebbe innescare un’inversione di tendenza. Non si può dire al momento con certezza di quanto, ma lo scenario di base che in questo momento convince i mercati è di un “soft landing” (atterraggio morbido, ndr) con tassi in calo nel 2024, sia in Europa che negli Stati Uniti.
“Se così fosse, probabilmente sarà un buon anno sia per l’obbligazionario corporate investment grade che l’obbligazionario high yield”, dichiara a We Wealth Jacopo Ceccatelli, managing director di Finint Private Bank. “È chiaro che se il rallentamento fosse invece marcato, gli spread non sarebbero adeguati e l’asset class rischierebbe di sottoperformare”. In questo momento, continua Ceccatelli, lo spread medio su un indice corporate con una duration attorno a 6-6,5 è di 155 punti base mentre l’indice high yield con una duration intorno ai 5 ruota sui 400 punti base. “Storicamente non sono alti, ma neanche molto bassi. Basti pensare che nei minimi degli anni in cui tutto era schiacciato, lo spread medio dell’indice corporate era di 100 punti base, mentre l’high yield oscillava tra i 315 e i 310 punti base. In uno scenario positivo, potremmo avvicinarci a questi valori”, dichiara l’esperto. Lo stesso indice preso sugli Stati Uniti restituisce uno spread medio di 130 punti base sui corporate e circa 350 sull’high yield, con una distanza dai minimi rispettivamente di 40 e 55 punti base. “Ragion per cui oggi investire in corporate e high yield significa investire puntando su uno scenario abbastanza ottimista, valutando correttamente i rischi connessi a questo tipo di asset class”, dice Ceccatelli.
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Guardando al tasso di cambio dell’euro-dollaro, per l’esperto attualmente investire in dollari non ha molta attrattiva, a meno che non arrivino venti di guerra importanti che scuotano lo scenario geopolitico. Senza dimenticare che la Federal Reserve potrebbe iniziare a tagliare i tassi prima della Banca centrale europea, secondo le attese. “Se dovessi considerare un’asset class in particolare, in questo momento preferirei stare in generale sull’investment grade e rinunciare a un po’ di rendimenti, perché ci stiamo avvicinando ai minimi di spread”, ribadisce Ceccatelli. Attenzione però: l’attuale convergenza di opinioni sullo scenario ottimista espone al rischio di una reazione di mercato significativa, se non dovesse verificarsi. “Diversificare, in quest’ottica, ha sempre senso”, avverte l’esperto.
Volgendo lo sguardo Oltreoceano, il mercato delle obbligazioni corporate statunitensi è intanto “in fiamme”. Secondo alcuni dati del London Stock Echange Group visionati dal Financial Times, le società investment-grade hanno emesso obbligazioni per 153 miliardi di dollari questo mese, un dato che non si osservava da oltre tre decenni. Il primo mese dell’anno è tipicamente ricco di nuove emissioni, ma secondo Ceccatelli il boom registrato finora riflette un tentativo delle aziende di finanziarsi a tassi decisamente più bassi, anche in vista di “un anno molto pesante” in termini di scadenze. Tra le banche che hanno emesso obbligazioni da inizio anno figurano colossi come JpMorgan, Wells Fargo e Morgan Stanley, che hanno raccolto rispettivamente 8,5 miliardi di dollari, 8 miliardi e 6,75 miliardi. Tra le altre società, il quotidiano economico-finanziario britannico cita Energy Transfer (con un’operazione da 4 miliardi di dollari), Eqt (750 milioni), T-Mobile (3 miliardi) e la canadese Liberty Utilities (850 milioni).
Fonte: Financial Times