L’80% degli atleti rimane nel mondo dello sport pur non essendo inizialmente remunerato
È risaputo quanto i calciatori, come tutti gli atleti in generale, siano amanti del lusso
Spesso ci chiediamo quali potrebbero essere le entrate per un calciatore a fine carriera o quanto quest’ultimo potrebbe guadagnare dopo il ritiro o, ancora, quali potrebbero essere le sue prospettive dopo aver “appeso le scarpe al chiodo”, tutte domande le cui risposte non sono mai scontate.
Un calciatore professionista in media percepisce 60 mila euro lordi a stagione e i “paperoni” del calcio, ovvero coloro che a fine carriera avranno dei conti milionari, sono solo il 5% (ammesso che abbiano gestito bene le loro finanze, perché, come la storia ci insegna, molti top player di club di fama internazionale sono rimasti senza un quattrino).
L’80% degli atleti rimane nel mondo dello sport pur non essendo inizialmente remunerato, sperando in una scalata che, però, spesso non arriva.
È risaputo quanto i calciatori, come tutti gli atleti in generale, siano amanti del lusso e come molto spesso non riescano a gestire in maniera ottimale le loro finanze.
Arriva il giorno in cui si ritrovano a dover rinunciare ad una vita di eccessi e a dover condurre uno stile di vita normale, basti pensare che la pensione di un calciatore si aggira attorno ai 1500 euro, avendo raggiunto 16 anni e 8 mesi di contributi, quota che non tutti raggiungono.
Coloro che giungono al termine della loro carriera a 35 anni e non sono riusciti a creare un patrimonio milionario, devono abituarsi ad uno stile di vita normale, con il quale non potranno certamente andare in giro con un “porsche cayenne”, cercano quindi di trovare un’alternativa.
I problemi economico-finanziari post carriera di molti atleti professionisti sono sicuramente la conseguenza di scelte fatte durante i periodi di attività, infatti nella stragrande maggioranza dei casi è stato dimostrato che affidare ad un familiare o al manager la gestione del proprio patrimonio, non è risultato essere la scelta più razionale né tantomeno una scelta vincente.
Che ci piaccia o no, il lavoro degli atleti può riservare gioie e dolori soprattutto quando si parla di “money” o portafoglio.
Questa sorte non è solo riservata ai calciatori delle serie inferiori, in quanto anche i calciatori più blasonati a fine carriera possono imbattersi in difficolta economico-finanziarie.
Secondo una ricerca della Lombard international Assurence il 40% di calciatori in Europa è a rischio.
La tabella parla chiaro: in Europa il 40% dei calciatori sono a rischio di indigenza nei cinque anni dopo il ritiro. Se prendiamo in considerazione i professionisti del football, quasi il 78% dei casi va in crisi finanziaria dopo solo due anni dal ritiro.
Sono molti i fattori che concorrono a una perdita significativa del valore del patrimonio degli atleti: sicuramente incide molto lo stile di vita ma anche i costi sanitari e la riconversione della professione non sono da sottovalutare (come dicevo prima, molti atleti rimangono nel mondo dello sport senza essere remunerati).
Il problema principale resta comunque la cattiva gestione patrimoniale, infatti gli atleti siglano i primi contratti milionari quando sono ancora adolescenti e vista la scarsa cultura finanziaria non pensano minimamente al futuro o ad accumulare e proteggere il proprio patrimonio.
La carriera non è quella di un top manager, dura pochissimo e una volta finita tendono a mantenere lo stesso stile di vita senza attuare una “spendig review”, questa cattiva gestione implica anche investimenti sbagliati e persone che si improvvisano consulenti.
Infatti molti degli atleti spesso incappano in investimenti sbagliati ma “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, l’impulsività rende l’investimento poco razionale e sicuramente offusca il risultato atteso.
Indubbio il fatto che esistano atleti che hanno creato un impero con i propri investimenti, bisogna valutare però se chi ha avuto alla fine successo si sia affidato a dei professionisti oppure abbia fatto tutto da sé.
Ci sono un po’ di esempi di successo, come la holding CRS di proprietà del calciatore Cristiano Ronaldo, ma anche tantissimi casi di fallimento, qualche atleta ha fatto bingo con alcuni progetti e flop con altri.
In conformità a quanto appena detto e ovvio pensare che gli atleti professionisti “devono” pensare alla pianificazione dei loro ingenti stipendi, con risorse da dedicare per esempio anche alla previdenza integrativa e alle polizze contro gli infortuni.
Quando si parla di atleti super pagati, sembra assurdo pensare che questi possano avere problemi economici, questo accade perché è sottovalutato, da molti giovani atleti, l’impossibilità che a fine carriera sia mantenuto lo stesso stile di vita;
se a questo aggiungiamo la scarsa cultura finanziaria, che spinge ad essere consumatori impulsivi, ad esempio Antoine Walker (ex giocatore dell’NBA) ha ha eroso circa 120 mln di dollari, intascati durante la sua militanza nella massima lega del basket, in super car, ville galattiche e scommesse.
Per non parlare del famoso pugile Mike Tyson che nonostante abbia guadagnato più di mezzo miliardo durante la sua carriera è finito più volete in bancarotta.Quindi nonostante gli stipendi elevati, la storia ci insegna che il post carriera costituisce un momento molto delicato.
Possiamo imputare questo tracollo finanziario sicuramente a una bassa cultura finanziaria che implica una cattiva gestione a volte aggravata dall’incompetenza de soggetti cui gli atleti chiedono consigli e non una consulenza strutturata alla pianificazione finanziaria basata sul raggiungimento di obiettivi e la protezione del capitale cercando di evitare l’erosione di quest’ultimo.
Un rapporto della Consob afferma che soltanto un italiano su due conosce nozioni di base come il concetto d’inflazione, diversificazione e calcolo dell’interesse.
Insomma, questa carenza di cultura finanziaria comporta decisioni spesso rischiose che potrebbero compromettere la qualità di vita una volta terminata l’attività sportiva professionistica.
Come anticipato sopra malto spesso queste crisi finanziarie sono anche imputabili al fatto che la carriera non dura 40 anni ma in realtà nemmeno la metà di 40.
Considerando il breve lasso di tempo che l’atleta resta in attività, è fondamentale prestare massima attenzione alla gestione dei propri risparmi affinché gli stessi durino il più possibile (cosa molto difficile per un ventenne che si ritrova ad avere un paghetta a sei zeri nella peggiore dell’ipotesi a 5).
Possiamo concludere dicendo che focalizzare le finanze degli atleti nella gestione del momentum non si fa altro che spostare il nostro focus nei guadagni attuali trascurando gli obiettivi di lungo termine.
Quindi il “consiglio” finale è quello di: prima di pensare agli investimenti bisogna fissare dei limiti sull’utilizzo delle finanze quindi una gestione corretta delle spese piu banali, quindi evitare gli acquisti impulsivi e inutili. Ottimizzare le entrate extra come bonus e sponsorship.
The last but not least affidarsi a buon professionista che li guidi nella gestione e nell’alfabetizzazione finanziaria.