La Ctr accoglie l’appello dei contribuenti, decidendo di annullare le sanzioni perché la società e i soci avevano dimostrato che le violazioni commesse dipendevano dal professionista
Il professionista inoltre era stato denunciato per il mancato lavoro svolto, all’autorità giudiziaria
Il caso
L’Agenzia delle entrate ha dato il via ad un accertamento dato che una società in accomandita semplice e soci non avevano dichiarato il modello annuale 750 per l’anno d’imposta 2004. L’amministrazione fiscale ha dunque proceduto ad accertare anche i redditi ai fini irese, irap e ires. Da questa “indagine” ha scoperto che non solo non era stata presentata la dichiarazione dei redditi, ma non erano neanche state versate le imposte dovute. L’Agenzia delle entrate decide dunque di dare delle sanzioni, in relazione alle violazioni.
Il ricorso
La società ricorre contro l’Agenzia delle entrate e la Ctr accoglie l’appello dei contribuenti, decidendo di annullare le sanzioni perché l’azienda e i soci avevano dimostrato che le violazioni commesse dipendevano dal professionista al quale avevano affidato la contabilità aziendale, e contro cui era stata sporta denuncia.
In particolare in una prima parte della motivazione della sentenza, il giudice ha ritenuto che i contribuenti dovevano ritenersi responsabili per le mancanze del commercialista. I contribuenti avrebbero quindi dovuto “vigilare” o comunque accorgersi che a livello fiscale la situazione non era allineata. Nonostante questa prima parte di motivazione, la Commissione regionale ha però concluso come i contribuenti non avrebbero dovuto rispondere delle sanzioni, dategli dall’Agenzia delle entrate. Secondo una precedente decisione della Cassazione n. 25136/09, si può non far pagare le sanzioni se il non pagamento del tributo è avvenuto a causa (esclusivamente) del professionista, denunciato all’autorità giudiziaria.
La Cassazione
L’Agenzia delle entrate ha però proposto ricorso in Cassazione. Da sottolineare come durante i procedimenti la società e i soci non hanno mai chiesto l’annullamento delle sanzioni pecuniarie applicate dalla Agenzia delle entrate. La Corte ha dunque deciso di ritenere giustificato il motivo di ricorso e ha affermato come: “i contribuenti avrebbero dovuto impugnare i rispettivi avvisi di accertamento anche con riferimento all’annullamento delle sanzioni, con indicazione delle ragioni della richiesta, e quindi evidenziando la condotta infedele del professionista, già nei rispettivi ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado”.