Secondo gli ultimi dati Ocse raccolti da Anna Tampieri di Enea Tech, solo nel 2019 i governi del G20 hanno messo sul piatto circa 79 miliardi di dollari e l’Italia si posiziona al secondo posto in Europa per investimenti nel settore in rapporto al pil
Samantha Cristoforetti: “Siamo in una fase di transizione verso una normalizzazione dello spazio: un luogo che appartiene all’ambito delle attività umane e, quindi, anche delle attività economiche. È un’occasione per inventarsi nuovi modelli di business”
Mai prima d’ora la space economy ha catturato tanto interesse, con satelliti in orbita registrati in oltre 80 nazioni. E sempre più aspetti della vita terrestre si basano su segnali e dati satellitari, stimolando conseguentemente nuovi investimenti economici. Secondo gli ultimi dati Ocse raccolti da Anna Tampieri, presidente di Enea Tech, solo nel 2019 i governi del G20 hanno messo sul piatto circa 79 miliardi di dollari e l’Italia si posiziona al secondo posto in Europa per investimenti nel settore in rapporto al prodotto interno lordo, preceduta solo dalla Francia. Si parla inoltre di ricavi commerciali dalle attività spaziali compresi tra i 280 e i 300 miliardi di dollari. Un’industria, dunque, in continuo fermento e che si prepara a fare spazio a nuovi attori. Anche di piccole e piccolissime dimensioni.
“L’industria del nostro settore sta evolvendo in modo estremamente rapido e sfidante”, osserva
Luca Del Monte, head of industrial policy and sme division dell’Esa in occasione dell’evento online
Space economy & deep tech organizzato da Enea Tech. “I modelli classici stanno lasciando posto all’affermazione di un fenomeno che definiamo
new space e che vede la convergenza dell’industria spaziale con la digital economy, con la filosofia e l’approccio al rischio che caratterizza il digitale”. Se il mondo tradizionale è sempre stato caratterizzato da una logica di tipo top-down, dove l’infrastruttura determina il tipo di servizio erogato, nel mondo del nuovo spazio l’infrastruttura viene completamente integrata a una “strategia olistica”, spiega l’esperto. “Il segmento spaziale, affianco ai grandi temi della ricerca e dell’esplorazione, sta aggiungendo una nuova dimensione molto più orientata verso l’economia terrestre e la fornitura di servizi. E tutto questo si basa su un’enorme quantità di dati e determina un ruolo sempre più importante dell’intelligenza artificiale”, precisa Del Monte.
Ecco perché, in questo momento, il settore spaziale si sta aprendo alle aziende non spaziali che dominano e controllano il settore di internet, dei dati e della loro trasformazione. “Questo consente un’integrazione verticale lungo tutta la creazione del valore per la nostra industria spaziale e spinge le agenzie, e dunque il settore pubblico, a ridefinire il proprio ruolo. Che non è più quello tradizionale di accompagnamento programmatico (sviluppare tecnologie, grandi infrastrutture o imprese su altri pianeti) ma di accompagnamento a questa nuova generazione di imprenditori che stanno emergendo e che hanno bisogno di essere connessi con le supply chain dei grandi gruppi industriali, oltre a necessitare di fondi, finanza e venture capital”. Elementi considerati “abilitanti” del loro stesso successo. Sulla stessa linea d’onda anche l’astronauta dell’Esa, Samantha Cristoforetti, secondo la quale la vera sfida del domani è “appropriarsi” dello spazio. “Credo che siamo in una fase di transizione verso una sua normalizzazione: un luogo che appartiene all’ambito delle attività umane e, quindi, anche delle attività economiche. È un’occasione per inventarsi nuovi modelli di business”, osserva l’aviatrice e ingegnere italiana.
Ma qual è il contributo dell’Italia alla sfida della space economy? “La Penisola si colloca
al terzo posto in termini di investimenti in Europa, seguendo Francia e Germania con un turnover che si aggira intorno ai due miliardi l’anno”, spiega Del Monte. “È chiaro che, paragonando l’industria spaziale ad altri settori, parliamo di una goccia nell’Oceano ma i suoi effetti socio-economici, innovativi e ambientali vanno ben al di là della nicchia nella quale professionalmente ci muoviamo”, aggiunge. “Molti si chiedono perché i grandi magnati del net stanno pensando allo spazio, come
Elon Musk. Il punto è che internet necessita dello spazio. Questi miliardari hanno bisogno di espandere la rete non soltanto con cavi sottomarini o con il 5G, ma anche con reti proprietarie fisiche, con dei cloud basati nello spazio. Questo sta sollevando in Europa il grande problema della sovranità digitale, ossia il fatto di avere accesso in modo indipendente e autonomo al network. Ricordiamoci che il vero successo è creare un ecosistema”, conclude Del Monte.
Senza dimenticare la grande sfida che attende anche le piccole e medie imprese tricolori. “È chiaro che le attività spaziali travalicano ormai i confini dell’industria manifatturiera spaziale in senso stretto, che risulta una filiera altamente innovativa fatta di grandi imprese ma anche di pmi e startup”, interviene Tampieri. Un’occasione anche per presentare l’accordo finalizzato da Enea Tech e Esa, che collaboreranno alla programmazione di attività finalizzate all’identificazione, sviluppo e attivazione di specifici progetti nell’industria spaziale. Elaborando anche una strategia congiunta per favorire l’incontro tra la ricerca spaziale e la comunità degli investitori. “La collaborazione sarà particolarmente importante per lo scouting e la valutazione di tecnologie del settore e per l’elaborazione di progetti strategici”, spiega Tampieri. Poi conclude: “Lanceremo assieme sfide tecnologiche su ambiti specifici del deep tech, su cui già stiamo ricevendo richieste di intervento, come materiali avanzati e mobilità aerea”.
Secondo gli ultimi dati Ocse raccolti da Anna Tampieri di Enea Tech, solo nel 2019 i governi del G20 hanno messo sul piatto circa 79 miliardi di dollari e l’Italia si posiziona al secondo posto in Europa per investimenti nel settore in rapporto al pilSamantha Cristoforetti: “Siamo in una fase di tra…