Il sogno americano di diventare l’unica potenza in grado di gestire egemonicamente le relazioni internazionali è definitivamente tramontato
Il superamento dell’oro sul dollaro nelle riserve monetarie delle banche centrali è un chiaro segno di emancipazione dagli Usa e dalla loro capacità di influenzare la politica monetaria internazionale
Le sue caratteristiche rendono Libra un ‘banchiere’. Vale a dire, emetterebbe valuta a partire da depositi». Tecnicamente potrebbe funzionare, ma politicamente «si andrebbe a toccare il nervo scoperto della sovranità»
La cosiddetta egemonia del dollaro si è costruita a partire dal 1944 (accordi di Bretton Woods) e «ancor più dal 1971 [il 15 agosto 1971 Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro] ha conosciuto sfide sempre maggiori, non ultima l’ascesa della potenza cinese. Fino a poco tempo fa si poteva parlare di monopolio Usa nel sistema dei pagamenti internazionali (Swift). Ora sia la Russia che la Cina stanno dotandosi di sistemi di pagamenti internazionali che bypassano Swift». È chiaro, prosegue Amato, che c’è una strategia cinese di partnership commerciali – soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento di materie prime in Africa. C’è inoltre una prospettiva macro-regionale, lo yuan potrebbe diventare la moneta di riferimento a livello asiatico. Più irenicamente si potrebbe invece pensare a un paniere di valute egemoniche [ossia di riserva] a livello globale. «Questa è la proposta di Mark Carney, ex governatore della banca d’Inghilterra il quale aveva proposto una syntethic egemonic currency».
Dopo il dollaro e le riserve di moneta cinese, cos’altro?
Fra le nuove forme monetarie alternative al dollaro non si può non annoverare Libra, la tanto attaccata valuta digitale di Facebook. Dopo gli attacchi dell’establishment bancario internazionale però, nel suo secondo libro bianco Libra ha fortemente ridimensionato le sue ambizioni. «A seconda di come le si costruiscono, le stablecoin possono ambire a diventare delle valute egemoniche. Il motivo è che sono valute nazionali che fanno capo a una entità emittente pubblica, ma nello stesso tempo possono essere usate come mezzo internazionale di pagamento. L’euro è un’altra possibile valuta di riserva. Ma la nostra valuta è ancora lungi dall’essere in grado di giocare questa partita: la posizione politica Ue è ambigua. Non esiste un ministero degli esteri europei. In tal senso, continua a valere la vecchia battuta di Henry Kissinger, ‘datemi il numero di telefono dell’Europa e io la chiamerò’.
In quanto tempo si arriverà a una sostituzione del dollaro con altre valute nei forzieri delle banche centrali? «Impossibile fare previsioni. Le forze in campo danno egual probabilità a forme di competizione e di cooperazione. Gli sono esiti ancora da prevedere. La Cina continua a crescere, ma bisogna vedere come si contemperano i vari aspetti politici, militari ed economici».
Libra potrebbe diventare allora la prossima valuta egemonica grazie al suo essere una stablecoin, ossia valuta sostenuta da titoli e monete ufficiali? «Le sue caratteristiche rendono Libra un ‘banchiere’. Vale a dire, emetterebbe valuta a partire da depositi». Tecnicamente potrebbe funzionare, ma politicamente «si andrebbe a toccare il nervo scoperto della sovranità. Per come sono andate le cose, non è questa la strada». Quale, allora? «Io credo che la via sarà quella delle valute digitali delle banche centrali». Si torna al tradizionale, ma con dei cambiamenti: «le cbdc [central bank digital currency] non sono solo una edizione tecnologizzata delle vecchie banconote.
Le criptovalute entreranno nelle riserve valutarie? Differenze fra bitcoin e stablecoin
E il bitcoin? «Il fatto che ci sia un rally positivo non toglie che le ragioni del suo salire o del suo scendere sono le stesse. È una moneta che vale perché la gente pensa che valga. ‘Pensare’ vuol dire comprare o vendere. Il bitcoin vale se quel giorno c’è una prevalenza dei compratori sui venditori. Dietro non c’è nulla. Invece alle spalle delle stablecoin c’è un paniere di valute che corrisponde alle forze produttive dell’economia. Si tratta di una differenza fondamentale».
Il tema della riconfigurazione del sistema monetario internazionale è una delle questioni nevralgiche dell’economia globale attuale. «Un po’ come la revanche dei francesi, ci si pensa sempre ma non se ne parla mai. Bisognerà però mettere mano a questo disordine». I fari restano puntati sugli Usa. «È necessario che si riassetti la posizione americana. Non è un caso che la nazione che meno si sta dando da fare sulla questione delle digital currency siano proprio gli Usa. Tutti gli altri si stanno attrezzando, sia la Cina che L’Europa. Ovvero le grandi entità mondiali non statunitensi. Stiamo vivendo in una situazione di sospensione dal 1971. È chiaro che vi si riesce a sopravvivere, ma è pur sempre una situazione di disequilibrio. Un’anomalia che dura da 50 anni».