La materia del diritto tributario, grazie alla globalizzazione, prima, e alla digitalizzazione, poi, non è più di stretta applicazione nazionale
Occorre creare standard internazionali comuni per tutelare il contribuente a livello mondiale e individuare nuove regole che assicurino una fair taxation e un’equa ripartizione del potere impositivo tra gli Stati
Nella prima giornata del convegno, curato da Diego Conte – coordinatore del gruppo Giovani di Anti Lombardia, professionista dello studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani – in collaborazione con Alessandro Foti – delegato Europa per la Tax law commission di Aija – Lorenzo Pavoletti – presidente dell’Udgcec Milano – ed Erika Cresti – presidente Iuya, dopo l’apertura dei lavori, l’attenzione si è focalizzata sui “miti e paradossi della giustizia tributaria”; per dirla mutuando il titolo di un celebre libro di Luigi Einaudi.
In questi termini, i contributi resi, tra gli altri, da Maurizio Logozzo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Raffaele Sabato (Giudice presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), Juliane Kokott (avvocato generale presso la Cgue), Roberto Conti, (giudice presso la Corte di Cassazione), Pasquale Pistone, presidente comitato scientifico Ibfd, Università di Salerno e Vienna), Luca Antonini (giudice presso la Corte Costituzionale), hanno alimentato un dibattito attorno alla necessità di una riforma fiscale, a partire da una ragionata semplificazione del sistema tributario.
“È ora di fare un salto”, avverte Logozzo: “Bisogna incidere non tanto sulle aliquote ma sulla semplificazione del sistema. Questa è la direzione che deve avere la riforma tributaria. Perché ad oggi nessuno conosce il numero dei tributi esistenti in Italia”.
In questi termini, come è emerso nel corso del dibattito, è necessario, per far funzionare genuinamente il sistema fiscale, sviluppare una codificazione del diritto tributario. È a partire da una perimetrazione del diritto che si possono applicare in modo corretto i principi fondamentali di trasparenza, equità, collaborazione.
“Oggi – continua Logozzo – il fisco conosce tutto di noi, al punto che, ad esempio, il redditometro è stato definito troppo invasivo, ma noi non conosciamo molte cose del fisco”. Questo significa che non c’è equilibrio e che non si è costruito, nel tempo, un rapporto sano tra contribuente e amministrazione finanziaria.
Ma non solo. Nel corso del simposio è stato approfondito il tema che involge la protezione dei diritti dei contribuenti sul piano internazionale. Dunque: può il diritto tributario avere una dimensione globale? È questa la domanda che ha fatto da sfondo ad alcune interessanti riflessioni.
La materia del diritto tributario, grazie alla globalizzazione prima, e alla digitalizzazione, poi, non è più di stretta applicazione nazionale. “Per tale ragione, occorre creare standard internazionali comuni per tutelare il contribuente a livello mondiale”, spiega Pasquale Pistone.
Una convergenza e un coordinamento delle normative dei vari Stati è sempre più un’esigenza per garantire una fair taxation. Le imprese, ad esempio pur operando worldwide prescindendo dal territorio in cui sono collocate, si trovano in concorrenza tra loro senza avere gli stessi strumenti di tutela.
Si rende, pertanto, “sempre più necessaria una disciplina che permetta di comprendere in modo esaustivo come ripartire il potere impositivo tra gli Stati”, rimarca Juliane Kokott, Avvocato generale della Corte di giustizia europea, “per disciplinare i fenomeni anti-concorrenziali che mettono in deroga i principi di uguaglianza e di equità e si rivelano dannosi per le imprese e per il tessuto sociale in cui queste operano”. In assenza di un tribunale fiscale internazionale, “occorre implementare nuove forme di tutela effettiva ed immediata anche nelle operazioni transnazionali”.
L’elusione fiscale, l’azione intrapresa per ridurre la debenza fiscale e massimizzare il reddito, è più rapida della norma che cerca di neutralizzarla. Per questo bisogna incidere sugli strumenti di collaborazione con il fisco e stimolare la fiducia dei contribuenti verso l’amministrazione finanziaria.
L’obbligo di pagare le imposte deve diventare necessità: consapevolezza che il prelievo, se esercitato con trasparenza, proporzionalità ed equità, è lo strumento idoneo per il raggiungimento del diffuso benessere sociale; dunque per lo svolgimento della vita in comune; per la realizzazione degli obiettivi personali e di impresa.