Investire in un etf sui bitcoin non è la stessa cosa che investire direttamente su bitcoin. Secondo le ultime stime scegliere la prima soluzione potrebbe costare ad un investitore tra il 5% e il 10% all’anno
Il lancio del ProShares Bitcoin Strategy è stato un successo, con il fondo che ha già asset in gestione per più di un miliardo di dollari
Secondo Glassnode, il volume di scambi in sospeso in futures di bitcoin sul Chicago Mercantile Exchange è salito da 1,5 miliardi di dollari a un massimo storico di 5 miliardi di dollari il mese scorso
Solactive, un fornitore di indici, stima che i futures su bitcoin quest’anno hanno restituito circa 13 punti percentuali in meno rispetto all’aumento del 120% del bitcoin
Il mese scorso l’arrivo sul mercato del primo exchange traded fund statunitense ha riscritto la storia degli etf: mai nessun lancio di etf aveva raccolto quanto il ProShares Bitcoin Strategy ETF, il quale ha accumulato rapidamente più di 1 miliardo di dollari di asset. A stretto giro è poi arrivato il fondo Bitcoin di Valkyrie Investments e diversi altri etf sul bitcoin dovrebbero essere lanciati presto. Una caratteristica dei nuovi etf americani potrebbe limitare il loro successo: non si basano direttamente sul prezzo del bitcoin, ma sull’andamento dei futures del bitcoin. A fare il punto è un articolo del Financial Times.
La ragione principale per cui investire in un fondo piuttosto che comprare direttamente bitcoin può non rendere gli investitori soddisfatti è semplice: il prezzo di un futures non è uguale a quello del sottostante. E così neanche le variazioni di prezzo. Ovvero: qualsiasi Etf che si basa su futures può sottoperformare l’attività sottostante che dovrebbe tracciare. I contratti futures infatti scadono in una data fissa e devono essere “rollati” in versioni più recenti. Costi di transazione e le commissioni di gestione per migliaia di nuovi contratti, riducono dunque la performance effettiva. Secondo i dati di Refinitiv, lo United States Oil Fund, l’etf sui futures del petrolio da 2,4 miliardi di dollari, ha sottoperformato il prezzo del greggio WTI che dovrebbe tracciare del 70 per cento negli ultimi dieci anni. Solactive, un fornitore di indici, stima che i futures hanno fatto circa 13 punti percentuali in meno rispetto all’aumento del 120% del bitcoin finora quest’anno.
Come è possibile una tale sottoperformance? Il fatto è che questi etf per tracciare al meglio il prezzo del bitcoin prendono posizione su contratti futures a più breve scadenza, noti come contratti front month o spot. Per questo motivo, ProShares, ad esempio, tiene tutte le sue 3.900 posizioni di futures nei contratti di novembre. Tuttavia, CME Group, ha imposto dei limiti al numero di contratti che una parte può comprare, per evitare che una società metta all’angolo l’intero mercato, che tra l’altro nel caso del bitcoin è relativamente piccolo. Quando dunque un’azienda raggiunge i limiti di 4.000 contratti per entità, deve comprare contratti futures con data più lunga, per i quali non ci sono limiti. Questo però ha un costo. Se il mercato si aspetta che il prezzo del bitcoin salga a lungo termine, allora il prezzo dei contratti futures a lungo termine salirà sopra i contratti a breve termine, in quello che è noto come contango. Questo comporta costi più elevati per il fondo quando il contratto futures viene “rollato” nel mese successivo, vendendo effettivamente a basso prezzo e comprando a alto prezzo. Si stima che per gli etf su bitcoin in media questi costi pesino fino al 5-10 per cento all’anno per il bitcoin
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