Le crypto, inserite in un portafoglio correttamente diversificato, possono dare un contributo importante all’alpha complessivo; senza deprimerlo nei momenti Orso come quello attuale. Bisogna valutare correttamente il rischio rendimento e scegliere canali di accesso sicuri e compliant con la legge italiana
Data l’estrema volatilità, la percentuale di questo asset, secondo gli esperti, si dovrebbe collocare tra il 2 e il 10% del paniere. È necessario studiare il whitepaper dei progetti più nuovi: non tutti sono validi e non tutti sono destinati a sopravvivere
La DeFi in questa fase sta dimostrando la sua debolezza. Il mercato è caratterizzato da velocità e sperimentazione: la prima rende poco affidabile l’analisi tecnica, la seconda condiziona l’analisi fondamentale. Ma riconoscere il valore non è impossibile
Bitcoin in caduta libera. Da inizio anno, in sei mesi, la regina delle cripto ha perso il 60%, trascinandosi dietro tutto il settore. Le cause di questo crollo – che non è certo il primo, né sarà l’ultimo – è nell’implosione dell’ecosistema Terra-Luna, una stablecoin algoritmica (stable solo nel nome, dal momento che il suo peg al dollaro avveniva attraverso un portafoglio di altre cripto). C’è da dire che nello stesso arco temporale il Nasdaq ha perso il 30% e il FtseMib oltre il 20%: gli investitori stanno cioè vendendo gli asset più rischiosi a favore di portafogli più liquidi. A fronte di forti spinte di ribassiste, grandi operatori DeFi come Celsius sono andati in crisi di liquidità, scatenando una vera e propria fuga che ha ulteriormente aumentato l’incertezza e depresso le quotazioni.
Volatilità come cifra caratteristica
Eventi che hanno ricordato che a giocare con il fuoco ci si scotta. La volatilità è cifra caratteristica dell’asset class cripto: e la volatilità funziona in entrambe le direzioni offrendo a volte rendimenti di 10x e altre volte crolli dell’80%. Questo va evidenziato quando si decide di costruire un portafoglio in cui una quota di cripto è sacrosanta, ma non dovrebbe mai superare il 5-10% del patrimonio complessivo. In questa misura bitcoin può essere un acceleratore dell’alpha complessivo nei momenti di rally e consente di attutire il colpo nei momenti di tonfo. Ciò detto, come si accede al mercato? Alcune banche (Hype e Banca Generali in Italia) consentono l’acquisto direttamente dal conto corrente, ma si tratta ancora di eccezioni. Nel frattempo sono nati molti operatori specializzati a cui le stesse banche guardano con interesse in quanto abilitatori di un’offerta verso cui la domanda si fa sempre più insistente. E le banche guardano, non a torto, a operatori nazionali, che sono inseriti nel registro Oam: questo crea un vantaggio all’investitore privato, che non deve effettuare alcun adempimento in termini di fiscalità, neppure ai fini del monitoraggio (il famoso quadro Rw).
The Rock Trading, l’exchange più longevo del mondo è italiano
Tra gli operatori domestici figura il più longevo exchange al mondo, The Rock Trading, parte del principale gruppo italiano nel settore dei crypto assets: la Digital Rock Holding. “Siamo partiti con una piattaforma di trading nel 2011 – racconta il founder e cfo Andrea Medri, uno dei pionieri italiani del settore – in cui abbiamo integrato soluzioni e servizi che si adattano a tutte le necessità degli utenti: dal trading professionale, al desk Otc, ai piani di ordine automatici a Fastlane che consente di vendere e comprare in 3 click, tutto con una costante priorità: porre il cliente al centro della catena del valore”. La holding lo fa innanzitutto garantendo la massima sicurezza grazie a una società di sviluppo It interna, oltre che coprendo ogni pezzo della filiera: dai servizi alle imprese (attraverso tinkl.it), fino alla promozione del dialogo con le istituzioni, grazie al consorzio Cryptovalues.
Young Platform, l’app per i neofiti
È un ecosistema con al centro un exchange anche la startup Young Platform, che si rivolge soprattutto ai neofiti. Nel mese di giugno l’azienda ha visto l’ingresso nel capitale di Azimut, lead investor di un aumento “Mantenere la sede legale e operativa in Italia, a Torino, è stata una scelta difficile ma necessaria – dice Andrea Ferrero, l’enfant prodige founder della piattaforma – Vogliamo dimostrare che l’Italia riesce a tenere il passo con l’innovazione tecnologica che incalza nel resto del mondo. Ma anche lavorare in modo molto diverso dai nostri competitor: diamo garanzie ai nostri clienti che un’azienda con la sede in un paradiso fiscale difficilmente può dare. Le nostre banche – su cui vengono effettuate tutte le operazioni dei clienti – sono Banca Sella e Banco Azzoaglio, la nostra assistenza è in lingua italiana. La legge da cui l’utente è protetto è quella italiana”.
L’offerta dedicata agli Hnwi di CheckSig
All’estremo opposto, con un’offerta dedicata agli Hnwi, si colloca CheckSig, l’unica azienda crypto italiana a vantare attestazioni Soc (un “bollino” di qualità) e coperture assicurative, fornite rispettivamente da Deloitte e Gruppo Generali. “Il nostro protocollo proprietario di custodia Bitcoin – spiega Ferdinando M. Ametrano, CEO e Cofondatore di CheckSig – è radicalmente differente dalle altre soluzioni sia per la trasparenza del processo tecnico, sia per la prova pubblica periodica dell’integrità dei fondi custoditi, e mira a diventare uno standard aperto di mercato”. Se comprare Bitcoin e crypto per piccole somme è ormai alla portata di tutti, “bisogna invece avere particolare attenzione quando ad entrare in gioco sono importi più significativi – precisa Ametrano – in questo caso la strada è quella di servizi di brokerage e custodia specializzati, sulla falsariga delle banche depositarie del mondo finanziario tradizionale”. La custodia permette di mettere le proprie crypto al riparo da furti ed errori tecnici. “È però fondamentale – precisa Ametrano – che i fondi siano segregati dal patrimonio aziendale del custode e che non vengano impiegati in operazioni di staking, farming, yielding, lending e altri servizi che mettono a repentaglio i risparmi dell’investitore con profili di rischio/rendimento opachi”.
La custodia con brevetto Usa di Conio
Si fonda sulla custodia anche Conio (che possiede la tecnologia che ha abilitato la vendita su Hype e Banca Generali e che ha ottenuto 4 brevetti Usa): parliamo di un wallet, ovvero di un operatore che consente a chi acquista di detenere il reale possesso dei bitcoin e che tutte le transazioni sono registrate sulla blockchain. “Per questo si hanno bitcoin veri e non solo un credito verso l’azienda, come nei confronti di exchange centralizzati – dice Christian Miccoli, founder e ceo – grazie alle transazioni registrate on-chain i bitcoin sono già dei nostri clienti: anche in caso di fallimento di Conio, loro non hanno nulla da temere”. La tecnologia multifirma protegge anche dal rischio di non riuscire più ad accedere al proprio portafoglio: “esistono 3 chiavi associate a ciascun wallet dell’utente. Le prime due, quella dell’utente e quella custodita nei sistemi di Conio servono per firmare le transazioni (garanzia di sicurezza). L’ultima, tenuta offline presso un’entità terza, permette di recuperare il portafoglio se una delle due prime chiavi venisse a mancare”.
Come allocare bitcoin & co in portafoglio
Resta da capire come affrontare, in un portafoglio complessivo di investimento, la quota di bitcoin. “Quello che non può essere ignorato è l’estrema volatilità – dice Medri – Bitcoin è un investimento a rischio e va considerato come un asset class alternativo. La regola base è investire solo quello che ci si può permettere di perdere: una percentuale del 2-5% acquistata con un pac potrebbe essere la scelta vincente”.
Anche per Miccoli, la percentuale ideale è “attorno al 3% del portafoglio” e non c’è un momento perfetto per iniziare ad acquistare “in quanto il prezzo nel lungo periodo tenderà a salire per cui ogni momento può essere un buon momento”.
Quanto al portafoglio complessivo, Ferrero colloca le cripto insieme a “materie prime e derivati in una componente variabile tra il 5% e il 10%, in base al proprio profilo di rischio. Creare un wallet di criptovalute bilanciato è un passaggio importante”. Ma va considerato che il mercato crypto si differenzia da quello tradizionale su due piani: la velocità e la sperimentazione. “L’analisi dei grafici è più complessa perché nell’arco di poche ore lo scenario può cambiare profondamente – dice Ferrero – Il secondo fattore differenziante, la sperimentazione, ha invece a che fare con l’analisi fondamentale. È necessario analizzare bene qual è il progetto per cui la criptovaluta su cui vogliamo investire è stata creata e chi c’è dietro a questo progetto. Nessuna crypto che meriti credibilità è stata creata senza una precisa utilità, con delle caratteristiche tecniche disponibili pubblicamente (Whitepaper) e con un chiaro sottostante”.
Questa sperimentazione è alla base anche della volatilità. “Quando ci sono dirompenti discontinuità di paradigma la scoperta del valore è un processo dinamico e complesso, con volatilità altissima – dice Ametrano – Come in passato, siamo quindi in una fase in cui il mercato sta facendo selezione tra asset che rappresentano un vero cambio di paradigma e modelli economici e tecnologici non all’altezza”. Nonostante questa volatilità, conclude Ametrano, “l’analisi di portafoglio mostra chiaramente come l’allocazione agli asset digitali di una piccola percentuale (2-5%) di un patrimonio ben diversificato abbia storicamente avuto profili di rischio/rendimento significativamente migliori rispetto ai portafogli senza esposizione agli asset digitali. Qualunque opinione si abbia di questo mercato, è quindi razionale inserire in portafoglio una percentuale di asset digitali”.