Tra i soggetti che, a partire dal 2022, sono tenuti ad applicare la Tassonomia ci sono le aziende quotate con oltre 500 dipendenti, banche e assicurazioni, vale a dire quelle soggette alla Direttiva per la rendicontazione delle informazioni non finanziarie
La Commissione Ue sta valutando l’individuazione di requisiti standard di sostenibilità che dovrebbero essere rispettati dai soggetti della catena di fornitura. E che, secondo Assolombarda, potrebbero avere un impatto oneroso soprattutto per le pmi
Lo stato dell’arte delle regole europee
Gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati da una sostanziale accelerazione del processo normativo e regolamentare della finanza sostenibile a livello europeo, che ha fatto seguito alla pubblicazione dell’Action Plan della Commissione europea nella primavera del 2018. Si parte dalla Sustainable finance disclosure regolation (Sfdr), la normativa sull’informativa di sostenibilità nel settore dei servizi finanziari che, a partire dalla sua entrata in vigore il 10 marzo 2021, ha introdotto nuovi obblighi di trasparenza per gli investitori istituzionali nell’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance nel loro processo decisionale. Segue il regolamento 2019/2089 che modifica il regolamento (Ue) 2016/1011 sui parametri di riferimento a basse emissioni di carbonio e parametri di riferimento positivi per l’impatto sul carbonio in vigore dal 30 aprile 2020. E infine il Regolamento 2020/852 che ha introdotto nel sistema normativo europeo la Tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, pubblicato il 22 giugno 2020 ed entrato in vigore il 12 luglio dello stesso anno.
Gli effetti (pratici) sulle imprese
Ed è proprio dalla Tassonomia che bisogna partire nell’analizzare quelli che sono gli impatti pratici delle regole green sulle aziende. La Tassonomia, spiegano i ricercatori, rappresenta oggi un punto di riferimento “per tutti gli stakeholder, dal mondo della finanza responsabile (per indicare quanto sia effettivamente sostenibile un investimento), ai governi (per identificare gli incentivi green), alle Ong (per individuare i casi di green e ethical washing), alle imprese (per rendicontare il proprio impatto sull’ambiente)”. Tra i soggetti che, a partire dal 2022, sono tenuti infatti ad applicare la Tassonomia ci sono le aziende quotate con oltre 500 dipendenti, banche e assicurazioni, vale a dire quelle soggette alla Direttiva per la rendicontazione delle informazioni non finanziarie. Ma anche le pubbliche amministrazioni che delineano politiche e incentivi pubblici e gli attori che offrono prodotti finanziari (compresi i fondi pensione).
La Commissione starebbe valutando infine l’individuazione di requisiti standard di sostenibilità che dovrebbero essere rispettati dai soggetti della catena di fornitura. Che, secondo Assolombarda, potrebbero avere un impatto oneroso soprattutto per le piccole e medie imprese. “È importante sottolineare che le pmi devono affrontare sfide distinte nell’adempiere alle responsabilità di due diligence, anche in virtù delle loro risorse limitate rispetto alle imprese di maggiori dimensioni. Un possibile approccio obbligatorio imporrà loro oneri maggiori. Inoltre, anche se le pmi non rientreranno nel campo di applicazione di un’iniziativa dell’Ue, gli obblighi saranno imposti a valle in quanto parte della catena di fornitura delle aziende di maggiori dimensioni”, si legge nel rapporto. Di conseguenza, per l’associazione, sarebbe utile eventualmente introdurre dei “requisiti soft” per tali realtà prevedendo per esempio diversi livelli di profondità di applicazione della due diligence nella supply chain in base alla dimensione aziendale.