Nei periodi di forte inflazione, la paura della perdita di potere di acquisto del denaro ha portato i capitali verso il mercato immobiliare. Durante i due maggiori cicli inflazionistici che hanno determinato un innalzamento generale dei prezzi, il mercato real estate residenziale ha registrato infatti un andamento positivo in termini di compravendite. “Nei primi anni ‘60, quando l’inflazione raggiunse l’8%, la spinta al settore immobiliare fu dovuta essenzialmente alla straordinaria offerta real estate presente sul mercato generata dalla ricostruzione del secondo dopoguerra, accompagnata da una domanda di casa che guardava a un nuovo modello di vita – spiega Diego Vitello, analyst ufficio studi Gabetti – Nel 1983, quando l’inflazione raggiunse il massimo storico del 20%, determinando il fenomeno di iperinflazione, l’incremento generali dei prezzi si è riflettuto anche sui prezzi degli immobili tanto da determinare una ‘corsa alla casa’. L’acquisto all’abitazione fu considerato un bene rifugio per i propri risparmi, mentre la vendita una straordinaria opportunità di rivalutazione immobiliare”.
Foto Diego Vitello, analyst ufficio studi Gabetti
Il link tra inflazione e immobiliare
“Storicamente il tasso di correlazione tra il valore delle case e l’andamento dell’inflazione è stato nel mercato immobiliare italiano abbastanza elevato. Alla crescita dell’inflazione è corrisposta una crescita del prezzo degli immobili – dichiara Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari – Questa evidenza, particolarmente importante fino al 2000, conferma la regola del mercato immobiliare che nel lungo periodo il valore degli immobili recupera l’inflazione”, prosegue Zirnstein, precisando che “con il nuovo secolo, l’indice di correlazione però è diminuito, scendendo dallo 0,8 – 0,7 allo 0,4 (era 0,5 a fine 2021). In un contesto nazionale, ma anche internazionale, di bassissima inflazione l’andamento dei due indicatori è stato indipendente, e la variazione dei prezzi è dipesa maggiormente da altri fattori, soprattutto dalle difficoltà economiche generali e dalle caratteristiche strutturali dell’industria immobiliare nazionale”.
Foto Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari
“Nel secondo decennio del nuovo secolo, il costo del denaro in tutta Europa è stato estremamente contenuto, la domanda ha potuto sottoscrivere contratti di mutuo a tassi molto ridotti, con i rendimenti del comparto obbligazionario tendenti allo zero. La domanda ha quindi indirizzato l’investimento sul settore immobiliare perché tra le allocazioni considerate solide e sicure è quella che permetteva maggiori margini”, prosegue Zirnstein, precisando che il settore immobiliare residenziale garantiva, in media il 3,5%, a fronte di un costo dei mutui che si aggirava all’1-1,5%.
La domanda in assenza di eccesso di offerta, spinge infatti al rialzo i prezzi degli immobili, anche se questa dinamica non ha avuto lo stesso effetto su tutto il territorio italiano, come media nazionale, ma ha agito in maniera evidente sui mercati più dinamici, tra tutti Milano e Roma.
Inflazione in crescita: cosa succede ai tassi e alle case?
Ora, però, l’inflazione è tornata a crescere, in tutto il mondo, Italia inclusa. Secondo i dati Istat, infatti, ad agosto l’inflazione è arrivata a quota 8,4. Nello stesso tempo, la Bce ha messo fine alla politica estremamente espansiva di questi anni. A luglio ha così deciso di aumentare il costo del denaro di 50 punti base, contro i 25 annunciati a giugno, e a settembre li ha alzati ulteriormente di altri 75bp, con l’obiettivo di frenare la corsa dell’inflazione e di indirizzarla verso il livello obiettivo, che rimane quello del 2%. Un primo contraccolpo di questo aumento si è riversando sull’Euribor 3 mesi che dal -0,24% di giugno è rapidamente salito allo 0,20% di fine luglio, e poi intorno allo 0,50%.
“Dopo anni di politica economica monetaria espansiva che ha reso i Btp ai minimi storici, raggiungendo nel 2020 un rendimento intorno allo 0%, assistiamo a un rialzo del rendimento netto che ha superato il tetto del 3%. Questo significa che se fino a qualche mese fa il divario tra i rendimenti del mercato immobiliare e i Btp era a favore dei primi, oggi ci troviamo in una situazione di sostanziale equilibrio”, dichiara Vitello, che poi aggiunge che ciò che farà diventare l’investimento immobiliare di maggiore appealing rispetto ai Btp è la qualità dei progetti di trasformazione urbana di essere capaci di rigenerare il territorio non solo da un punto di vista immobiliare, ma anche economico e sociale.
“In questo momento siamo in una fase rialzista, con prezzi e volumi in crescita, ma chi investe nell’immobiliare ha sempre una prospettiva di medio – lungo termine, considerando la ciclicità del mercato. Inoltre, occorre distinguere tra chi acquista con un’ottica di fare un investimento immobiliare e chi per uso diretto – spiega Fabiana Megliola, responsabile ufficio studi gruppo Tecnocasa – Attualmente la casa sta diventando lo sfogo per impiegare capitali accumulati nel lockdown e tanti stanno realizzando acquisti migliorativi dell’abitazione. Inoltre, il timore della perdita di valore del denaro sta spostando molti capitali sul mattone”.
Foto Fabiana Megliola, responsabile ufficio studi gruppo Tecnocasa
“Le ricadute sul settore in minima parte ci saranno come conseguenza degli effetti sui mutui. I prestiti a tasso fisso hanno già iniziato ad assorbire la situazione economica al contorno, quelli a tasso variabile in minima parte”, aggiunge Zirnstein. In ogni caso, “il rialzo dei mutui sarà contenuto”, secondo Megliola, che però non esclude che questa situazione possa determinare una contrazione della disponibilità di spesa per chi fa mutui importanti. “L’inflazione colpisce i bilanci delle famiglie e delle imprese e questo potrà ulteriormente ridurre la capacità di spesa”, dichiara Megliola, che ricorda che “in linea di massima è sempre meglio diversificare il portafoglio e non concentrare il capitale verso un’unica forma di investimento” e che “il mattone, come forma di investimento, sta riscontrando un rinnovato interesse, con “tanti investitori che stanno smobilizzando capitali investiti diversamente per dirottarli sull’immobiliare”.
“L’inflazione è, inevitabilmente, lo scenario che abbiamo avanti, lo sappiamo tutti; ma di quale dimensione e durata sia, è tutto da vedere”, commenta Manfredi Catella, founder & ceo di Coima, che invita a riflettere sul fatto che oggi il vero tema critico, che è implicito nella domanda, è che questa è una inflazione che nasce dai costi, non da un’economia crescente, per cui purtroppo c’è una riduzione del margine tra ricavi e costi, quindi fondamentalmente dei rendimenti. Personalmente, però, io ritengo – prosegue Catella – che proprio in queste circostanze si devono scegliere gli investimenti più strutturali, basati su più fondamentali che nel breve periodo riescono a sostenere la qualità. Una delle nostre grandi esperienze è quella del quartiere in cui stiamo. Nel 2008 tutto tremava eppure siamo andati avanti, avevamo investito sui fondamentali. Oggi questo è un investimento che rende il 7% netto all’anno all’investitore (il riferimento è allo sviluppo di Porta Nuova a Milano, ndr). Perché avremmo dovuto fermarci in quel momento? Probabilmente se ci fossimo fermati i risultati non sarebbero stati questi”.
Foto Manfredi Catella, founder & ceo di Coima
Quanto può rendere un investimento immobiliare?
In genere, “l’investimento immobiliare rende intorno al 4,9% annuo lordo. I canoni di locazione, infatti, si rivalutano con l’inflazione, sempre che non si ricorra al regime della cedolare secca che implica obbligatoriamente la rinuncia all’aggiornamento annuale del canone al costo della vita”, commenta Megliola che poi però mette in guardia da un rischio: “In questo periodo aumentare i canoni di locazione potrebbe provocare morosità, soprattutto per le famiglie con redditi bassi che si stanno già confrontando con aumenti delle spese”.
L’ultima parola va poi a Vitello: “Rispetto alla tendenza di una curva inflattiva in salita e a un contesto di tassi di interesse in rialzo che caratterizza incertezza tra gli investitori, gli asset reali, come gli immobili residenziali, costituiscono un bene rifugio proprio per le caratteristiche difensive dalle turbolenze economiche”, commenta l’esperto di Gabetti, che poi conclude dicendo che “nel contesto attuale, infatti, chi tra gli investitori ha intenzione di ampliare la propria asset allocation vede dei rendimenti possibili soprattutto nelle asset class del living innovativo, nella logistica e negli uffici”.
(Articolo tratto dal magazine di settembre 2022)