Il 30 marzo 2022 è stato presentato un Disegno di Legge avente ad oggetto “Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi di antiriciclaggio”. Il testo ha l’obiettivo di contribuire alla regolamentazione delle valute virtuali, fornendo un quadro normativo certo e determinato così da ridurre fortemente i tentativi di attività criminose, riciclaggio di denaro e frodi fiscali. Le finalità perseguite sono meritevoli e il contenuto dello stesso appare in larga parte condivisibile. Innanzitutto, nel contesto della normativa antiriciclaggio viene ntrodotta una definizione di “valute virtuali” (sostanzialmente in linea con quanto previsto dall’Autorità bancaria europea) e vengono incluse tra le operazioni soggette a vigilanza anche le prestazioni di servizi di conservazione e conversione relativi a tali valute. Viene poi introdotta una disciplina fiscale “ad hoc” che sostanzialmente dà valore normativo alle conclusioni interpretative già rappresentate dall’Agenzia delle Entrate in alcuni documenti di prassi.
In particolare, il DL dispone che: le plusvalenze realizzate su valute virtuali sono imponibili ai fini dell’imposta sul reddito solamente se derivano da operazioni che comportano il pagamento o la conversione in euro o in valute estere; l’imponibilità è subordinata alla condizione che il contribuente possieda complessivamente valute virtuali per un controvalore superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui, con criteri analoghi a quelli già adottati nel Tuir in riferimento alle cessioni di valute estere; le operazioni attraverso cui il contribuente non monetizza l’investimento tornando alle valute “tradizionali” quali le crypto-to-crypto trade nonché le operazioni che consentono di acquisire gratuitamente, a qualunque titolo, valute virtuali (come ad esempio staking, yield farming, ecc.) non sono eventi fiscalmente rilevanti; la detenzione di valute virtuali è soggetta a un generale obbligo di monitoraggio fiscale a valori “di costo”; l’Ivafe non si applica alla detenzione di valute virtuale.
Due misure aggiuntive lasciano invece maggiormente perplessi, risultando forse eccessivamente “benevole” nei confronti di coloro che sino ad oggi hanno effettuato l’investimento in valute virtuali senza darne corretta visibilità all’Amministrazione finanziaria. In primo luogo, viene previsto che per le operazioni imponibili ai fini dell’imposta sul reddito, in mancanza della documentazione del costo di acquisto le plusvalenze sono determinate in misura pari al 25% dell’ammontare ricevuto in pagamento o in conversione (di fatto con un onere fiscale in sede di “vendita” pari al 6,5% del corrispettivo; i.e. 26% del 25%). Inoltre, viene prevista la possibilità di ride- terminare il valore di acquisto delle valute virtuali possedute alla data del 1° gennaio 2022 versando un’imposta sostitutiva basata su aliquote progressive inferiori rispetto alle aliquote previste attualmente per la rivalutazione delle partecipazioni non quotate (8%, 9% e 10% se il valore complessivo soggetto a tassazione è rispettivamente inferiore a 500mila euro, se è ricompreso tra 500.001 e un milione o se è superiore a un milione), garantendo ai contribuenti che si avvalgono di tale facoltà una specifica esimente da sanzioni per l’omesso monitoraggio fiscale nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui è effettuata la rivalutazione (nessuno “scudo” sembrerebbe invece concesso per gli eventuali redditi non dichiarati nel passato). Se venisse approvato, il DL sarebbe certamente da accogliere positivamente con l’auspicio che possa essere migliorato e finalizzato senza la necessità di riesumare forme di “voluntary disclosure”, decisamente poco attuali.
Hanno collaborato Andrea Gallizioli e Paolo Giuriani
(articolo tratto dal magazine We Wealth di maggio)