Per l’Italia il rincaro delle materie prime energetiche è il primo e più pericoloso effetto collaterale della crisi ucraina, i cui effetti andranno ad estendersi anche sulle imprese caratterizzate da un maggior interscambio commerciale con la Russia
Nel 2019, l’Italia ha importato dalla Russia il 35,7% del greggio, oltre il 10% del petrolio raffinato e il 34,9% del gas, per un totale di 16,7 miliardi di dollari, secondo i dati dell’Observatory of economic complexity
L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell ha già preannunciato per la giornata del 22 febbraio l’introduzione delle sanzioni economiche comunitarie ai danni della Russia, per la sua violazione del diritto internazionale. Nel frattempo, i primi carri armati del Cremlino hanno varcato il confine per raggiungere Donetsk, con lo scopo ufficiale di garantire un processo pacifico di transizione politica.
Sui mercati si sono ulteriormente amplificati gli effetti già osservati nei giorni che hanno preceduto lo storico discorso di Putin sul riconoscimento delle due autoproclamate repubbliche del Donbass. I metalli preziosi e alcuni metalli di uso industriale (nichel, alluminio) hanno ulteriormente acquisito forza, mentre il prezzo di grano e mais, che vedono la Russia e l’Ucraina fra i primi attori nel commercio internazionale, scontano già l’impatto delle sanzioni economiche.
Come prevedibile, la nuova fase della crisi ha rafforzato anche alcune delle materie prime energetiche di cui la Russia è grande esportatrice. Il future Ttf sul gas naturale è cresciuto quasi del 9% a quota 80,345 euro, il barile del petrolio Brent è salito invece a un massimo di giornata di 96,44 dollari. Nell’ambito del pacchetto di sanzioni europee in lavorazione, la Germania ha acconsentito al blocco dell’apertura del gasdotto Nord Stream 2 che collega il Paese alla Russia attraverso il Mar Baltico, come fortemente desiderato da Washington.
Sanzioni, le conseguenze per l’Italia
Per l’Italia il rincaro delle materie prime energetiche è il primo e più pericoloso effetto collaterale della crisi ucraina, i cui effetti andranno ad estendersi anche sulle imprese caratterizzate da un maggior interscambio commerciale con la Russia.
Nel 2019, l’Italia ha importato dalla Russia il 35,7% del greggio, oltre il 10% del petrolio raffinato e il 34,9% del gas, per un totale di 16,7 miliardi di dollari, secondo i dati dell’Observatory of economic complexity. Da parte sua, la Russia ha importato dall’Italia soprattutto componenti meccaniche (macchinari per il riscaldamento, turbine a gas, …), medicinali, scarpe in pelle, vini, per un totale di 8,79 miliardi di dollari di importazioni. La Russia pesava, nel 2019, per l’1,67% delle esportazioni italiane.
Considerando il deficit commerciale che l’Italia ha con la Russia, l’inasprimento delle sanzioni, a livello macroeconomico, colpirebbe più le imprese russe, che non quelle italiane (anche se l’impatto si farà comunque sentire).
Il Ftse Mib, in generale, procede senza grossi patemi nella seduta del 22 febbraio (+0,14% intorno alle 13 e 20, dopo un avvio in rosso); discorso a parte, invece, per Unicredit, la banca italiana più esposta alla Russia, che perde il 2,25%.
In generale, l’effetto di mercato più eclatante, si osserva proprio nel Paese guidato da Vladimir Putin. Alla luce delle sue precedenti difficoltà economiche e del prezzo che la Russia dovrà pagare in futuro, a causa dell’attacco all’integrità territoriale ucraina, l’indice di Borsa russo continua a sprofondare. Il Moex sta cedendo il 3,57% all’indomani del discorso di Putin, con un ribasso da inizio anno pari al 22,7% che ha riportato l’indice di riferimento ai minimi dal luglio 2020. Da inizio anno il titolo del colosso energetico Gazprom, peso massimo della Borsa moscovita, ha lasciato sul terreno il 23,63%.
Come spiegato nei giorni scorsi dal think-tank Bruegel, le sanzioni che l’Occidente infliggerà alla Russia in questa crisi saranno molto più ampie di quelle messe in campo nel 2014 in seguito all’annessione illegale della Crimea. In particolare la “madre di tutte le sanzioni”, come l’ha definita il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, sarebbe l’estromissione della Russia dal sistema di pagamenti internazionale Swift. “L’esclusione delle banche russe” dallo Swift “potrebbe avere un forte impatto sulla loro capacità di effettuare pagamenti transfrontalieri”, ha scritto un gruppo di autori di Bruegel, fra cui il suo direttore, Guntram Wolff, “una sanzione simile sull’Iran ha portato alla perdita di un terzo del suo commercio estero”.
“Quando l’esclusione della Russia da Swift era stata ventilata nel 2014, il governo russo ha annunciato che le misure avrebbero potuto causare una perdita fino al 5% del Pil russo”, ha aggiunto il think-tank, precisando che la mossa (ancora in fase di discussione) potrebbe minare la credibilità internazionale del sistema Swift stesso. Inoltre, aveva affermato Alberto Negri su We Wealth, questo provvedimento non potrebbe che rafforzare i legami fra Russia e Cina.