Nella recente risposta a interpello n. 359 del 4 luglio 2022, l’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti in tema di imposta di donazione e trust, nella particolare ipotesi in cui quest’ultimo sia da considerarsi interposto ai fini dell’imposizione sui redditi. La pronuncia dell’amministrazione finanziaria è resa nelle more della pubblicazione del testo finale della circolare sulla disciplina fiscale del trust, che si attende a distanza di quasi un anno dalla pubblicazione della bozza oggetto di consultazione pubblica.
La risposta n. 359 fa seguito, inoltre, a un precedente pronunciamento di prassi dell’Agenzia dell’entrate, ossia la risposta a interpello n. 796 del 1° dicembre 2021, che si era espressa in ordine alla medesima fattispecie. In quell’occasione l’amministrazione aveva dichiarato il trust interposto ai fini dell’imposta sui redditi stante l’eccessiva ingerenza del guardiano nell’esercizio dei poteri gestionali del trustee in ordine al patrimonio vincolato nel trust. In particolare, a parere dell’Agenzia, la gran parte dell’attività del trustee era subordinata al preventivo consenso del guardiano, il quale risultava essere «il consulente di fiducia della famiglia» del disponente e quindi emanazione di quest’ultimo. Quale conseguenza dell’interposizione, l’Agenzia concludeva che i redditi del trust fossero da imputare al disponente e da assoggettare a tassazione in capo a quest’ultimo secondo i principi generali previsti per ciascuna delle categorie reddituali di appartenenza.
A diversa conclusione giunge l’Agenzia ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni. La risposta n. 359 ha chiarito, infatti, che la quota societaria conferita dal socio in un trust, avente come beneficiari i figli e i nipoti del disponente, non cade nella successione del socio, alla sua morte, in quanto “uscita” dal suo patrimonio al momento del conferimento in trust.
Tale conclusione non muta nemmeno se il trust sia da ritenersi interposto ai fini delle imposte dirette. Secondo l’Agenzia, gli effetti dell’interposizione riguardano esclusivamente i redditi del trust, laddove per contro, dal punto di vista civilistico, la costituzione del vincolo di destinazione determina la fuoriuscita della quota conferita nel trust dal patrimonio del disponente e il suo ingresso nella titolarità del trustee.
L’Agenzia osserva da ultimo che l’applicazione dell’imposta di donazione al trust potrà avvenire solo al momento della definitiva attribuzione dei beni ai beneficiari, in linea con la recente giurisprudenza di legittimità (cui l’Agenzia si è ormai da tempo uniformata).
Ciò premesso il trust è uno strumento che garantisce un’ampia flessibilità nell’ambito dei passaggi generazionali. Si pensi al caso di un imprenditore il quale riconosca che i propri figli non abbiano le necessarie capacità imprenditoriali e voglia, pertanto, mantenere la conduzione familiare dell’azienda in un’ottica multigenerazionale, quindi affidando la stessa alle generazioni future (ad esempio ai nipoti). In questi casi il trust può consentire di realizzare il salto di generazione evitando la cessione dell’azienda. Nei trust di tipo discrezionale il trustee potrà, infatti, generazione dopo generazione, individuare le persone giuste per ricoprire le cariche aziendali o anche i beneficiari cui attribuire le quote societarie al termine del trust.
In passato, tuttavia, l’utilizzo dell’istituto aveva subito un importante arresto a seguito dei chiarimenti pubblicati dall’Agenzia delle entrate in una risalente risoluzione del 2009 (n. 110/E), allorquando il conferimento di beni nel trust (o il costituito vincolo di destinazione che ne è l’effetto) si riteneva che dovesse essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale, sia esso disposto mediante testamento o per atto inter vivos. In tale contesto, l’amministrazione aveva negato l’applicabilità della disposizione agevolativa contenuta all’articolo 3, comma 4-ter, del Tus, in caso di trasferimento di partecipazioni di controllo e di azienda, laddove al termine della durata del trust il trustee avesse il potere di disporre discrezionalmente del trasferimento delle partecipazioni di controllo, senza che i beneficiari potessero vantare un diritto incondizionato al trasferimento delle partecipazioni di controllo della società.
Tale posizione ha limitato fortemente l’utilizzo del trust nell’ambito dei passaggi generazionali in quanto, come si è visto, la discrezionalità del trustee è requisito imprescindibile nell’ottica multigenerazionale. Fermo restando quanto precede, la risposta restituisce comunque appeal all’istituto dal momento che, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, non solo conferma l’irrilevanza della costituzione del vincolo di destinazione e del conferimento del bene in trust, in coerenza con quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione (e peraltro ribadito nella bozza di Circolare), ma osserva altresì che al decesso del disponente i beni vincolati nel trust non entrano a far parte dell’attivo ereditario di quest’ultimo, permettendo così il salto generazionale che lo stesso istituto intende realizzare.
L’imposta è quindi dovuta solo al momento dell’effettiva attribuzione ai beneficiari, ad esempio i nipoti dell’imprenditore, i quali, in mancanza dei requisiti per beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 3, comma 4-ter, del Tus (meglio chiariti dalla risoluzione 110/E del 2009), potranno comunque fruire dell’applicazione dell’imposta con l’aliquota del 4% e la franchigia pari a un milione di euro per beneficiario.
(Articolo scritto in collaborazione con Mario Tenore, Pirola Pennuto Zei & Associati)