L’Italia si colloca al 14° posto in Europa nell’indice sulla parità di genere. Scontando un ritardo non solo nell’ambito del potere ma anche nell’allocazione del tempo e nella conoscenza
Sabrina Ritossa Fernandez di Sycomore asset management: “Alle aziende in portafoglio raccomandiamo spesso degli audit o delle survey per analizzare lo status quo della diversity internamente”
Secondo gli ultimi dati dell’indice sulla parità di genere dell’European institute for gender equality ricordati da Arianna Lovera, senior programme officer del Forum per la finanza sostenibile, l’Italia si colloca al 14° posto in Europa. Scontando un ritardo non solo nell’ambito del potere (ovvero nell’accesso più o meno paritario sul fronte politico, economico e sociale) ma anche nell’allocazione del tempo (basti pensare al tempo dedicato ai lavori domestici o alla cura dei figli, delle persone anziane o dei disabili) e nella conoscenza. Con le studentesse che continuano a concentrarsi soprattutto nelle discipline umanistiche, latitando invece in quelle scientifiche e tecnologiche. Ma gli attori della finanza sostenibile, aggiunge Lovera in occasione dell’Sri Webinar organizzato in collaborazione con Sycomore asset management, possono oggi fornire il proprio contributo in tal senso. Contribuendo a rimuovere quegli ostacoli che allontanano l’Italia, e non solo, dal raggiungimento di una piena parità di genere.
“Alle aziende in portafoglio raccomandiamo spesso degli audit o delle survey per analizzare lo status quo della diversity internamente”, racconta per esempio Sabrina Ritossa Fernandez, esg analyst – portfolio manager di Sycomore asset management. “La sfida chiave che continuiamo tuttavia a osservare è quella di riuscire a integrare la diversità di genere in una strategia più ampia di inclusione, che faccia sì che sia più facilmente accettata anche da tutta la forza lavoro. Non si tratta soltanto di gender equality ma anche di inclusione delle diversità, delle diverse nazionalità e delle etnie (un problema particolarmente forte negli Stati Uniti)”. Un altro problema, aggiunge, è quello del gender pay gap con ancora l’80% delle aziende che non pubblica informazioni in tal senso. “E c’è un tabù molto forte sul sexual harassment (molestie sessuali, ndr) e sui congedi parentali, che richiede una collaborazione del settore pubblico-privato”.
“Dobbiamo passare dal return on investment al return on inclusion”, interviene Claudia Segre, presidente e fondatrice della Global Thinking Foundation. “Dobbiamo ottenere questo ritorno positivo nella partecipazione inclusiva delle donne per creare quel cambiamento nel modo di fare società e avere da una parte risparmiatori e investitrici consapevoli e dall’altra lavoratrici e lavoratori del mondo della finanza e del fintech coesi per creare e favorire quel cambiamento di mentalità che porti un risultato fattivo alle soluzioni che si possono trovare per migliorare la diversità di genere nel nostro Paese”. Secondo l’esperta, tra l’altro, bisognerebbe innanzitutto accelerare il lavoro sulla formazione delle ragazze Stem (Science, technology, engineering and mathematics). Da un lato facendo in modo che le aziende adottino misure inclusive e dall’altro aiutando le giovani donne a percepire “l’entusiasmo che caratterizza proprio il fintech nella sua rivoluzione, mostrando loro il vantaggio di lavorare in un settore così innovativo e lungimirante”.
“La sostenibilità si finanzia solo con una finanza sostenibile”, continua Segre. “Se non abbiamo le skill per dare un contributo in questo settore e tagliamo fuori le donne, tagliamo anche le possibilità di miglioramento nel nostro sviluppo sostenibile”. Di conseguenza, per l’esperta bisognerebbe porre una grande attenzione anche all’alfabetizzazione finanziaria, che rappresenta un diritto e una responsabilità sociale. “L’accesso alla conoscenza consente una crescita personale, sociale e un processo decisionale autonomo. La complessità della realtà odierna ci pone sfide da affrontare. Diffondere una conoscenza su scala globale per raggiungere gli obiettivi sostenibili consente alle persone di impegnarsi nel mondo finanziario e migliorare anche i mezzi di sussistenza”.
Eppure, quando si parla di sostenibilità, ci si continua a focalizzarsi spesso sulla “e” dell’acronimo Esg (Environmental, social, governance). “La sostenibilità è molto di più: dovrebbe essere un approccio strategico integrato nel business, che ha una dimensione economica, una dimensione ambientale, ma anche una dimensione sociale che parla di diritti umani”, osserva Martina Rogato, sustainability advisor. “Spesso, inoltre, si confonde la creazione di team diversi con un approccio alla diversity. Ma non basta. Serve formazione e consapevolezza. E, soprattutto, l’ascolto continuo degli stakeholder”.