Il modo in cui gli investitori utilizzano gli Etf si sta evolvendo e tra le tendenze che stanno emergendo con maggiore forza è l’adozione di soluzioni a gestione attiva. Il fenomeno al momento riguarda principalmente gli Stati Uniti, grazie anche a specifici vantaggi fiscali, mentre in Europa la diffusione degli Etf attivi è ancora nella sua fase iniziale. Tuttavia, il mercato europeo degli Etf è solito seguire le tendenze d’oltreoceano.
Gli Etf attivi sono fondi quotati in borsa che non si limitano a replicare passivamente un determinato indice, ma prevedono la presenza di un gestore o team di gestione chiamato a generare alpha rispetto all’indice preso a riferimento.
A fine settembre gli asset investiti in Etf attivi quotati a livello globale hanno raggiunto il livello record di 628 miliardi di dollari (dati Etfgi al 30/09/2023) e gli afflussi netti sono stati pari a 112,6 mld da inizio anno, già ben oltre gli 89,5 mld dell’intero 2022 e assorbendo il 18,8% degli investimenti netti. L’ultimo sondaggio annuale condotto da Brown Brothers Harriman & Co.’s (BBH) tra investitori istituzionali, fund manager e consulenti emerge che ben il 92% di loro ha acquistato un Etf attivo nell’ultimo anno e l’82% prevede di aumentare o mantenere la propria esposizione agli Etf attivi (BBH 10th annual Global ETF Investor Survey, aprile 2023).
We Wealth ha approfondito l’argomento con Demis Todeschini, Head of ETFs Italy di Axa IM, asset manager francese che lo scorso anno ha lanciato la sua piattaforma Etf. “L’Etf attivo porta nel suo concetto la possibilità di comprare l’asset class prescelta delegando alcune scelte al gestore – spiega Todeschini, arrivato quest’estate in Axa IM – mantenendo le caratteristiche fondamentali di trasparenza, economicità e di liquidità. Gli Etf nascono come prodotto di asset allocation e quindi è essenziale per gli investitori avere ben sotto controllo il profilo di rischio/rendimento di quel prodotto. Avere un Etf attivo che diverge troppo dal benchmark di quell’asset class può essere un problema per chi utilizza gli Etf per fare asset allocation”. “Per ovviare a questo problema il nostro approccio è proprio quello di creare Etf attivi con un mandato ben chiaro, e tipicamente questo lo si misura in termini di tracking error ex ante definiti per la strategia. Così si introduce il mondo della gestione attiva all’interno di logiche d’investimento legate ai benchmark”, aggiunge Todeschini che è tiepido sugli Etf ‘molto attivi’ che rischiano di esporre l’investitore a risultati molto divergenti rispetto al benchmark di riferimento di una strategia soprattutto se utilizzati nella parte core del portafoglio.. ”.
Sugli Etf di natura attiva Axa IM intende seguire una logica di ‘transparent alpha’, dicendo ex ante qual è il tracking error massimo tollerato. Ad esempio, l’AXA IM Euro Credit PAB UCITS Etf, lanciato negli scorsi mesi, ha un tracking error atteso dell’1% su base annua. “Il valore aggiunto lo diamo tramite la qualità del credito che selezioniamo, un lavoro costante che Axa IM ha nel suo dna; su questo si vuole costruire un alpha consistente, senza sorprese, con poca volatilità”, puntualizza Todeschini. “Anche come costi riusciamo ad essere più competitivi rispetto ad alcuni Etf passivi che hanno come riferimento lo stesso benchmark”.
I paletti sono anche a livello di esposizione settoriale e duration. L’Axa IM Euro Credit PAB UCITS Etf va a selezionare più o meno il 10% del totale dei titoli dell’indice preso a riferimento.
Per quanto riguarda gli Etf attivi legati all’azionario la tolleranza di tracking error sale al 3%. L’Axa IM Act Climate Equity Ucits Etf, il primo etf che mira battere l’Msci All Country World, che è l’indice azionario globale per eccellenza con al suo interno oltre 8 mila titoli, abbina un obiettivo sfidante a un tracking error contenuto. “Un gestore che l’avesse comprato un anno fa ha fatto 80 bp di sovraperformance rispetto all’indice preso a riferimento”.
Prevalentemente Etf attivi, ma non solo
Dei quattro Etf proposti da Axa in Italia, tre sono a gestione attiva. “Faremo anche Etf passivi – argomenta Todeschini – dove andremo ad essere molto competitivi a livello di costi come abbiamo fatto con il replicante sul Nasdaq 100 che ha un Ter dello 0,14%, ma dove abbiamo qualità su cui fare leva, quali le forti competenze del gruppo nell’ambito fixed income, andremo a proporre Etf attivi”. L’esperto di Axa IM anticipa a We Wealth che nel prossimo futuro la gamma prodotti si amplierà con un forte focus sul fixed income e poi anche prodotti prevalentemente Esg “che è anche l’area che i numeri ci dicono in cui c’è più interesse. Gli Etf Esg sono circa il 30% del totale su Borsa Italiana e il forte trend Esg in Italia va avanti dal 2020 evidenziando una preferenza abbastanza chiara”.