È soprannominato “il Maestro dei venti”, dei quali è considerato il principale in assoluto. È il Mistral, antica parola provenzale che contraddistingue l’impetuoso e freddo vento di maestrale che
in terra di Francia spinge l’aria polare da Nord-Ovest lungo la Valle del Rodano, le conferisce forza e velocità convogliandola fra il Massiccio Centrale e le Alpi, per poi sferzare Camargue e Provenza, soffiando anche oltre i 130 km/ora, fino a giungere, ancora vigoroso, su Corsica e Sardegna. La potenza e l’irruenza del Mistral erano evidentemente sembrati attagliarsi alla perfezione alle caratteristiche della nuova versione della Maserati 3500 GT, che proprio così venne ridenominata, non a caso dietro suggerimento dell’importatore francese delle Maserati.
Le Maserati dei venti
Da qui in avanti la Casa modenese seguitò a denominare le proprie automobili con nomi di venti, proseguendo negli anni con Ghibli, Bora, Khamsim, Karif, Shamal, fino alle odierne Levante e Grecale. A questa regola Maserati fece eccezione unicamente per celebrare importanti vittorie ottenute in competizioni internazionali, come nei casi delle Sebring, Indy, Mexico e Kyalami. All’inizio degli anni Sessanta in Maserati si presentò il problema di sostituire la fortunata 3500 GT, la prima vera granturismo della Casa, proprio quella che le permise di affermarsi nell’allora molto profittevole settore delle vetture di lusso, passando dalla produzione di due-tre vetture al mese a quella di due-tre vetture al giorno. Le stupende linee di Touring con il brevetto Superleggera per il coupé, e di Vignale per lo Spyder, che in alcuni particolari (come le “codine” posteriori) cominciavano ad accusare il peso degli anni, vennero inizialmente aggiornate nel ‘62 con la Sebring, un coupé che utilizzava pianale e meccanica della 3500 GT, ma che si giovava di una linea stilata da Michelotti per Vignale, molto più sobria della precedente, più squadrata e più compatta.
Anche la Sebring riscontrò subito consensi unanimi, ma la famiglia Orsi, proprietaria della Maserati, desiderava qualcosa di più. Voleva stupire, tagliare di netto col passato, voleva un’auto di rottura e d’emozione, meno compassata e meno ossequiosa della tradizione. Incaricò quindi del progetto lo stilista torinese Pietro Frua, che aveva appena portato la Maserati sulla bocca di tutti, con la prestigiosa Quattroporte, la più potente e veloce berlina del mondo. Al Salone di Torino del 1963 venne presentata la nuova 3500 GT, nell’interpretazione di Frua, e che dall’anno successivo assunse la denominazione di Mistral.
L’ultima con il bialbero
Fu l’ultima vettura ad utilizzare il celebre motore 6 cilindri bialbero a doppia accensione proveniente direttamente dalle corse. Già dall’inizio della produzione, la cilindrata fu portata a 3.700 cc, per poi arrivare a 4.000; la meccanica era la stessa della Sebring, nell’ambito di una gamma tanto vasta in quegli anni da non avere eguali tra i competitors. Frua colpì nel segno: la linea era modernissima, innovativa e originale, presentando soluzioni che, di lì a breve, vennero ampiamente copiate o imitate. Ciò avvenne ad esempio per l’insolito e geniale paraurti anteriore, posizionato più in alto rispetto al consueto e anziché essere montato al di sotto della calandra, la sovrastava, costituendo un tutt’uno con essa; l’insieme formava un trapezio, con al centro il grande Tridente del Nettuno, simbolo Maserati.
Ancor più anticonvenzionale per l’epoca, il lunotto: bombato e panoramico, montato su un portellone, grande quasi quanto questo, ed apribile come un guscio di conchiglia per accedere all’ampio vano bagagli. Ne derivava una linea elegante, bassa e slanciata, con un lungo cofano ed un posteriore spiovente tipo “fastback”, raccordati da un profilo che incorniciava il paraurti anteriore, salendo lateralmente prima all’altezza dei fari e poi, dopo aver tracciato tutta la fiancata, in prossimità della coda, tronca e compatta. Ciò conferiva alla vettura un’immagine di grande dinamicità e aggressività, ulteriormente accentuata dai piccoli finestrini posteriori, conseguenti alla scelta di limitare l’abitabilità della vettura a due soli posti effettivi, per ottenere migliori proporzioni e maggior pulizia formale.
La linea di cintura era molto bassa, il che, insieme alla notevole estensione del lunotto, conferiva all’auto grande luminosità e visibilità. Gli interni erano, come in tutte le Maserati, di altissimo livello e grande cura costruttiva; pelle di prima qualità ovunque, moquette morbida e spessa, radica di pregio e strumentazione completa di grande impatto. Le porte e il cofano in alluminio, unitamente al telaio di tubi a traliccio ereditato dalla 3500 GT, rispetto alla quale la Mistral era più corta, permettevano a quest’ultima di vantare una maggior leggerezza, consentendole velocità di tutto rilievo (vicino ai 250 km/ora), assicurando notevole elasticità, ottima tenuta di strada e buona facilità di guida, pur con le cautele suggerite dal retrotreno con ponte rigido e balestre; il tutto senza mai rinunciare a confort e comodità. Era questa la peculiarità della Maserati che doveva contraddistinguerla dalla rivale e concittadina Ferrari: quest’ultima esasperava la sportività, le prestazioni esuberanti e corsaiole, dedicando pochi riguardi al confort.
Maserati offriva comunque grinta e prestazioni più che soddisfacenti, ma sempre con grande attenzione per eleganza, comodità e finiture impeccabili, rifuggendo da ostentazioni ed eccessi. Purezza estetica e sobrietà caratterizzavano anche la versione Spyder della Mistral, presentata al Salone di Ginevra del 1964 ed opera di Vignale e che, pur dovendo rinunciare all’originale portellone vetrato a favore del vano per ripiegare la capote, presentava una linea ancor più sinuosa e seducente del Coupé. Solo nel 1970 i nuovi proprietari della Maserati posero fine alla produzione di Coupé e Spyder.
Maserati Mistral, come una stella del cinema
Negli anni del boom economico, per i fortunati che potevano permettermelo, scegliere la Mistral ma anche la più convenzionale Sebring, era indice di grande classe e raffinatezza, oltre che di buona competenza tecnica. Le Maserati di questa serie erano preferite da clienti senz’altro facoltosi, ma di grande temperamento e spiccata personalità, come dimostra, ad esempio, la passione per la Sebring di Pavarotti e di Swarovski o quella per la Mistral di Fellini, Sordi e Tognazzi. Proprio nel cinema la Mistral si è sempre trovata particolarmente a suo agio, tanto da apparire in numerosi film di quegli anni e anche in diverse campagne pubblicitarie. Emblematico a questo proposito è il celebre scatto che vede i Principi Ranieri e Grace al Gran Premio di Monaco del 1966 a bordo di una Mistral Spyder, per le riprese del film Grand Prix. Del resto il consenso internazionale ininterrottamente riscontrato nel tempo dalla vettura, senza nessuna flessione, incertezza o concessione alle mode, è testimoniato dalla sua elezione quale Best of Show al prestigioso Concorso di Eleganza di Pebble Beach nel lontano 1968 e dallo stesso riconoscimento conseguito ancora nel 2021 al Concorso Italiano della Monterey Car Week. Oggi le Mistral sono molto ricercate dagli appassionati, ma se per un Coupé possono essere sufficienti poco più di 200mila euro, potendo contare su quasi mille esemplari, per le circa 120 Spyder è difficile scendere sotto i 350mila, ma possono non bastare, soprattutto in determinati contesti o per esemplari particolari, anche 700mila euro.