Era l’inizio del 2020 quando lo Stato francese negava ai discendenti di Gustave Caillebotte la licenza di esportazione di La Partie de bateau (1877), quadro che presenta la visione ravvicinata di un uomo che rema su una barca di legno lungo un fiume, probabilmente in primavera. Il dipinto era ed è considerato tesoro nazionale, uno dei pochi ancora in mani private. In seguito alla pratica ostativa, la Francia avrebbe avuto un periodo di 30 mesi (due anni e mezzo) per reperire i fondi necessari ad acquistare l’opera e a mantenerla nel Paese. Candidato perfetto all’acquisto sarebbe stato lo statale Musée d’Orsay, depositario di una consistente collezione di arte impressionista; ma il suo budget per l’acquisto era fermo a soli tre milioni di euro. Decisamente pochi rispetto ai 43 milioni poi pagati per “risolvere la questione”. Cogliendo l’occasione di un consistente beneficio fiscale infatti, alla fine è stato il gruppo Louis Vuitton Moet-Hennessy ad acquistare il quadro di Caillebotte, per poi concederlo al Musée d’Orsay. Fra l’altro la cifra è la seconda più alta mai pagata per un quadro di questo autore. La più elevata resta quella di aggiudicazione di Jeune homme à sa fenêtre (1876), da Christie’s nel 2021: 53 milioni di dollari. L’opera apparteneva al defunto magnate del petrolio Edwin Cox; in seguito alla vendita si trova oggi al Getty Museum di Los Angeles.
L’interesse principale del Musée d’Orsay si deve anche al fatto che il nucleo delle sue collezioni è stato costituito grazie alla donazione allo stato francese di opere appartenenti allo stesso Gustave Caillebotte in seguito alla sua morte avvenuta nel 1894. L’artista era anche collezionista di Auguste Renoir e Claude Monet.
Il dibattito sul mecenatismo interessato di LVMH
La Partie de bateau è entrato dunque a far parte delle collezioni del prestigioso museo a fine gennaio 2023. La cerimonia si è svolta alla presenza del presidente del Musée d’Orsay Christophe Leribault, del ministro della Cultura Rima Abdul Malak e di Jean-Paul Claverie, consigliere di Bernard Arnault e suo “braccio armato” per le questioni d’arte. «LVMH afferma ancora una volta il suo impegno per la conservazione e la promozione del patrimonio artistico e culturale nazionale», ha dichiarato lo stesso Claverie. Il gruppo non è nuovo a finanziamenti di mostre (anche) al Musée d’Orsay; si ricordi quella del 2012 sull’impressionismo e la moda.
In base alle leggi francesi sul mecenatismo, LVMH ha diritto a un massiccio sgravio fiscale, pari al 90% del prezzo d’acquisto dell’opera (a patto che tale importo rientri nel limite del 50% dell’imposta dovuta).
Questo aspetto utilitaristico ha in realtà sollevato i malumori di alcuni osservatori del mercato dell’arte: «Non si tratta di una “donazione di 43 milioni di euro da parte di LVMH”, dato che l’operazione consente al conglomerato un taglio delle tasse del 90% sui 43 milioni: di fatto sono quasi solo i contribuenti francesi a pagare», ha protestato qualcuno via Twitter. L’avvocata parigina Beatrice Cohen ci ha messo il carico da 90, parlando di una sponsorizzazione che «crea una dicotomia tra la donazione e la compensazione fiscale che viene concessa allo sponsor; alcuni la reputano eccessiva, ritenendola più una questione di defiscalizzazione e pubblicità per lo sponsor che un reale coinvolgimento nella donazione culturale; i privati non beneficiano di questi vantaggi fiscali». Non direttamente, almeno.
Una misura che avvantaggia tutti
Secondo Jean-Jacques Aillagon, oggi consulente di François Pinault ed ex ministro della Cultura nonché fautore di questa normativa, questa legge «ha introdotto nella vita pubblica francese l’idea che la filantropia non è solo utile, ma necessaria». Parla inoltre di «malinteso. La riduzione fiscale del 90% non è un regalo all’azienda che acquista un tesoro nazionale, ma l’autorizzazione concessa dallo Stato a destinare una parte dell’imposta dovuta a un’azione che lo stesso ha dichiarato di interesse generale, a condizione che aggiunga una sorta di tassa volontaria, in questo caso il 10% del prezzo dell’opera non coperto dalla riduzione».
Le agevolazioni per i mecenati in Italia
E in Italia? La cosiddetta misura dell’art bonus, istituito in via provvisoria con l’art. 1 del DL 83/2014 e divenuto poi permanente con la legge di stabilità 2016, è un intervento agevolativo finalizzato a incrementare le erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale e artistico dello Stato. Riconosce ai mecenati un credito di imposta nella misura del 65% della erogazione liberale effettuata. Possono fruirne tutti i soggetti (persone fisiche, enti non commerciali e imprese) che concedono erogazioni liberali a sostegno della cultura, dell’arte e dello spettacolo. Per le persone fisiche e gli enti che non svolgono attività commerciale, il credito di imposta è limitato al 15% del reddito imponibile. Per i soggetti titolari di reddito di impresa ed enti non commerciali che esercitano pure attività commerciale il credito di imposta è invece riconosciuto nel limite del 5 per mille dei ricavi annui. Così calcolato, il credito di imposta deve essere ripartito in tre quote annuali di pari importo.