Il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana è di 35,4 miliardi di euro
We Wealth ha dialogato con Andrea Carbone, economista ed esperto nel settore previdenziale e nell’ambito dei fondi pensione
Covip, la Commissione vigilanza sui fondi pensione, ha di recente pubblicato la relazione annuale per l’anno 2023.
Il documento offre una visione complessiva sulle principali tematiche relative ai fondi pensione, mettendo in evidenza andamenti, statistiche e novità che hanno investito la disciplina, anche dal punto di vista fiscale.
Dopo aver ripreso i principali aspetti legati alla disciplina del fondo pensione alla luce del report Covip, We Wealth ha chiesto ad Andrea Carbone di Smileconomy, esperto nel settore finanziario, assicurativo e previdenziale, di porre l’accento sulle principali novità e vantaggi del settore.
Fondi pensione: andamento e numeri
Come si apprende dal documento in esame, il 2022 è stato un anno positivo per il sistema di previdenza complementare. In particolare, le forme complementari totalizzano 9,2 milioni di iscritti, il 5,4 per cento in più rispetto all’anno precedente.
In percentuale delle forze di lavoro, gli iscritti ai fondi pensione sono pari al 36,2 per cento.
Gli iscritti ai fondi negoziali sono 3,7 milioni, il 9,9 per cento in più rispetto al 2021. Sul punto, sono numerosi i fattori che hanno contribuito a determinare un andamento positivo di crescita. Tra questi, vi è il fatto che i lavoratori spesso vengono automaticamente iscritti al proprio fondo di riferimento per effetto delle previsioni dei contratti collettivi di lavoro che dispongono il versamento di un contributo a carico del solo datore di lavoro. Inoltre, nel corso del 2022 ha contribuito alla crescita delle adesioni anche l’attivazione nel settore del pubblico impiego dell’iscrizione attraverso il meccanismo del silenzio assenso per i neo-assunti a partire dall’inizio del 2019.
Ai fondi aperti, infine, aderiscono 1,8 milioni di individui e 3,8 milioni sono gli aderenti ai PIP; la crescita è, rispettivamente, del 6 e del 2 per cento. Gli iscritti ai fondi preesistenti sono 648.000.
Il punto su età, genere e residenza degli iscritti
Gap di genere: la composizione degli iscritti per genere resta sbilanciata a svantaggio delle donne che costituiscono il 38,2 per cento del totale, percentuale invariata rispetto a cinque anni prima. Il gap di genere ricalca necessariamente la minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro nei negoziali mentre nei prodotti di mercato risulta meno marcato.
Iscrizione per età: dal report emerge che prevalgono le classi intermedie e più prossime al pensionamento: il 48,9 per cento degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni e il 32,3 per cento ha almeno 55 anni. La percentuale degli iscritti al di sotto dei 35 anni è del 18,8 per cento, 1,1 punti percentuali in più rispetto a cinque anni prima.
Residenza degli iscritti: la maggior parte degli iscritti è situata nelle regioni del Nord, con il 57,1 per cento del totale. Rispetto alle forze di lavoro, il tasso di partecipazione supera la media nazionale nelle regioni settentrionali, in particolare laddove l’offerta previdenziale è integrata da iniziative di tipo territoriale; valori più bassi e decisamente inferiori alla media si registrano, invece, in gran parte delle regioni meridionali.
Rendimenti
Come chiarito nel report Covip per il 2023, riferito all’attività del 2022, le turbolenze dei mercati finanziari hanno inciso sui risultati di gestione delle forme complementari, tanto per le linee di investimento a maggiore contenuto azionario quanto per quelle obbligazionarie.
Tuttavia, su un intervallo decennale (da fine 2012 a fine 2022), i rendimenti medi annui composti delle linee azionarie si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,7 e il 4,9 per cento. Le linee bilanciate mostrano rendimenti medi che vanno dall’1,7 per cento dei PIP di tipo unit linked al 2,7 per cento dei fondi negoziali e al 2,9 per cento dei fondi aperti. Nel periodo considerato, quasi tutte le linee azionarie delle diverse forme pensionistiche registrano rendimenti superiori a quelli delle linee obbligazionarie.
Valutazioni complessive
Nonostante le contrazioni economiche e le crisi, di diverso genere, che hanno investito negli anni più recenti l’economia, il sistema della previdenza complementare ha complessivamente mostrato una sostanziale resistenza:
- le adesioni e le contribuzioni sono cresciute come negli anni precedenti
- i rendimenti, valutati in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo rimangono in media positivi, e sostanzialmente in linea con i tassi di rivalutazione del TFR.
In questo senso, non v’è dubbio che la previdenza complementare, tra le altre cose, rappresenta un’opportunità di diversificazione dei rischi, a fronte di una previdenza di base che, per il suo funzionamento, è interamente esposta ai rischi di andamenti economici e demografici negativi.
I vantaggi fiscali della previdenza complementare
È bene ricordare che la tassazione della previdenza complementare in Italia prevede:
- la deducibilità dei contributi
- la tassazione agevolata dei rendimenti che risultano dalla gestione degli investimenti
- la tassazione agevolata delle prestazioni erogate.
Inoltre, i contributi versati sono deducibili dal reddito fino al limite massimo di 5.164,57 euro l’anno.
Senza intaccare tale limite, per i lavoratori dipendenti a tali contributi possono aggiungersi quelli generati dal flusso di TFR.
Nella fase di accumulo, al risultato di gestione delle forme complementari è applicata un’imposta sostitutiva pari al 20 per cento (ovvero al 12,50 per cento per la parte del risultato di gestione derivante dalla detenzione di titoli di Stato e assimilati) a fronte dell’aliquota del 26 per cento applicata agli altri strumenti di risparmio.
Infine, come rimarcato nel dossier in esame, l’agevolazione riconosciuta agli strumenti di risparmio previdenziale viene attenuata dalle recenti previsioni contenute nella legge di bilancio per il 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197); previsioni che, per gli strumenti di risparmio gestito ordinario, consentono, se il pagamento dell’imposta viene anticipato a quest’anno, di accedere a una riduzione al 14 per cento dell’aliquota da applicare al risultato di gestione già maturato.
I commenti dell’esperto
Chiarito quanto sopra, We Wealth ha infine chiesto ad Andrea Carbone, esperto di previdenza, assicurazioni, successione e finanza, con oltre quindici anni di esperienza nel settore e fondatore di Smileconomy, di mettere l’accento sui vantaggi legati alla partecipazione a un fondo pensione e alle eventuali novità legislative di questo settore.
La relazione COVIP conferma il grande bisogno di previdenza integrativa che c’è nel nostro Paese. Tre sono in particolare i numeri che devono far riflettere.
1. Anche se abbiamo superato la soglia dei 9 milioni di iscritti alla previdenza integrativa, corrispondenti al 36% della forza lavoro (più di uno su tre), coloro che nel 2022 hanno attivamente versato sono stati quasi due milioni e mezzo in meno, portando il tasso di adesione effettivo al 26%: solo un lavoratore su quattro, nel nostro Paese, ha accantonato risorse per il proprio futuro. E circa la metà dei non versanti lo è da almeno 5 anni.
2. Tra coloro che versano, il contributo medio non supera i 2.500 euro all’anno. Non deve quindi sorprendere che i montanti maturati ad oggi, in media, non superino i 20.000 euro complessivi. In termini di rendita vitalizia, significa che ad oggi sono state create rendite vitalizie medie nell’ordine dei 60 euro netti al mese: probabilmente troppo poco rispetto ai reali bisogni di integrazione, anche nell’ipotesi che queste grandezze si moltiplichino per due o tre volte.
3. Dal 2007 al 2022 solo il 22% del valore complessivo del TFR è stato conferito ad una forma di previdenza integrativa: il restante 78% è rimasto in azienda o nel Fondo di tesoreria INPS.
Questi numeri aiutano a comprendere l’urgenza di incentivare ulteriormente l’adesione alla previdenza integrativa, soprattutto per i giovani e per coloro che in proporzione versano meno contributi, come i lavoratori autonomi. Ad oggi, probabilmente, coloro che stanno realmente creando una rendita integrativa significativa sono solo una ristretta élite.
Non è un caso se il Presidente della COVIP, nelle sue considerazioni, abbia citato la necessità di esplorare ulteriori forme di incentivo fiscale, soprattutto per i giovani. Così come non è un caso che si stia tornando a parlare della necessità di stimolare il conferimento del TFR alla previdenza integrativa, magari attraverso un nuovo semestre di silenzio-assenso.
L’unico vincolo espresso anche dal Presidente COVIP è la stabilità normativa: ogni modifica dovrà infatti essere introdotta rispettando gli orizzonti “di lungo periodo” della previdenza integrativa, per non rischiare di “disorientare” o – peggio – “disincentivare” l’adesione ai fondi pensione.
Sembra quindi probabile che, già nel corso del 2023 o al massimo a partire dal 2024, potremo assistere a novità normative nel mondo della previdenza integrativa. Nel frattempo, vale il consiglio di sempre: prima si inizia a pianificare il proprio futuro pensionistico, maggiore sarà la ricchezza che sarà possibile ottenere.
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