Il 2023 sarà stabile per le banche italiane, quelle che beneficeranno di più dall’aumento dei tassi. L’impatto sui depositi sarà immediato. La redditività generata dal rialzo del saggio di interesse sarà tale da «compensare la perdita su crediti nel 2023
In caso di recessione, S&P si attende che in caso di recessione i profitti vengano «dimezzati» ma non spazzati via dall’aumento delle rettifiche
Negli ultimi tre anni le banche italiane «hanno registrato il più basso tasso di default della loro storia». Lo stock di crediti non performanti crescerà, ma in un contesto di normalizzazione
Le banche italiane sono state previdenti. Arrivano nel nuovo anno con i bilanci depurati dal gravame npl, finalmente protette nella loro redditività da tassi stabilmente in rialzo a causa delle persistenti fiammate inflazionistiche. Tutto bene dunque? Quasi. La presentazione dell’outlook 2023 per l’Italia di S&P Global Ratings è stata l’occasione per vederci chiaro. Secondo la società di rating, in generale l’outlook 2023 per il 75% delle banche europee è stabile. Il merito è di un ingresso nel nuovo anno con fondamentali molto buoni, a fronte di uno scenario recessivo piuttosto contenuto, per il quale si prevederebbe nel caso una «ripresa nel 2024».
Orizzonti (quasi) sereni per le banche italiane nel 2023
Dice Mirko Sanna: «Il 2023 sarà stabile per le banche italiane, quelle che beneficeranno di più dall’aumento dei tassi. L’impatto sui depositi sarà immediato». La redditività generata dal rialzo del saggio di interesse sarà tale da «compensare la perdita su crediti nel 2023», dopo la «normalizzazione attesa della perdita su crediti nel 2022. Nel quarto trimestre 2022 le banche potrebbero aver deciso di aumentare le riserve», aspetto che frenerebbe la loro redditività.
In generale, tutto il settore europeo «manterrà una certa redditività nel 2023. E anche se non ci fosse una recessione, ci deve essere ancora una ripresa da anni di npl e tassi bassi. Sarà la durata della crisi e non la sua intensità ad avere impatto. I downside risk restano molto elevati», prosegue Sanna. In caso di recessione, S&P si attende che in caso di recessione i profitti vengano «dimezzati» ma non spazzati via dall’aumento delle rettifiche. «Ci aspettiamo un aumento del costo del rischio da 60 a 100 punti base nel 2023 e nel 2024».
Lo scudo dei tassi di interesse sui crediti non performanti
Il tema principale del 2023 rimane quello dell’asset quality. «Vi sono differenze persistenti fra paesi, ma Italia, Grecia, Spagna e Portogallo (gli stati noti finanziariamente col poco edificante nome di PIGS, ndr) hanno fatto pulizia dei bilanci. Averlo fatto prima di entrare in recessione aiuterà la resistenza del sistema». Del resto, negli ultimi tre anni le banche italiane «hanno registrato il più basso tasso di default della loro storia». Lo stock di crediti non performanti crescerà, ma in un contesto di «normalizzazione». Inoltre «il margine di interesse crescerà a doppia cifra», arrivando da «un 2022 che per le banche non ha visto una forte crescita dei costi a dispetto della spinta inflazionistica». Potrebbero diminuire le commissioni.
I meccanismi di finanziamento Ue e il futuro dei tassi
Le banche italiane entrano nel 2023 «con una situazione di funding grazie al TLTRO». Bisogna ricordare che, per i noti motivi legati al debito sovrano, le banche «sono esposte a periodi di volatilità. L’Italia è il paese percentualmente più esposto al TLTRO. Nel biennio 2023-2024 le debolezze di alcune banche potrebbero diventare più evidenti, soprattutto di quelle che lo hanno usato non opportunisticamente. Il funding sarà un topic. Le banche italiane partono da un livello di rischio economico e industriale più elevato rispetto a quello degli altri paesi, ma in questo momento il trend è stabile. In particolare le banche commerciali risultano essere molto stabili, anche se permane il rischio legato al debito sovrano, uno dei fattori principali di pericolo».
Il merito di credito sarà sempre più importante d’ora in poi, a causa del graduale venire meno delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine: «Se il TLTRO stava sostenendo deficit strutturali, questi diventeranno più evidenti nel corso dell’anno. Il costo del finanziamento interbancario rimarrà stabile se tale resterà lo spread, con i depositi a far da cuscinetto, anche quelli retail». Tuttavia i prestiti non verranno sostituiti del tutto, ma solo parzialmente, per mantenere alta la liquidità.
E i 300 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato? «E’ molto complesso inserirli nello scenario, li abbiamo considerati solo in parte nell’upside; bisogna vedere in che modo le garanzie saranno utilizzate».
Infine, Sylvain Broyer, capo economista Emea di S&P Global Ratings ha aggiunto che la società si aspetta «che il tasso sui depositi tocchi un picco del 3% a marzo o maggio» e che «la Bce non taglierà i tassi prima della fine del 2024 a causa della perdurante inflazione». Broyer ha detto di non attendersi una discesa dei tassi «al di sotto del 2%» nel 2025 e anche oltre mentre «le attese del mercato sono per una riduzione del bilancio della Bce di quasi 3 mila miliardi nei prossimi tre anni».