Luigi Magnani Rocca, un intellettuale di provincia con il gusto dell’arte e il talento della musica
Nato nel 1906 a Reggio Emilia da Giuseppe Magnani (produttore caseario di Parmigiano Reggiano) ed Eugenia Rocca (di nobile famiglia Ligure), Luigi studiò lettere moderne all’Università di Roma, laureandosi nel 1927 con una tesi in storia dell’arte sullo scultore del sedicesimo secolo Antonio Begarelli. Negli anni ’30 collaborò con la Pontificia Accademia Romana come consulente artistico, con l’Istituto Treccani per alcune voci della rinomata Enciclopedia e del Dizionario Bibliografico degli Italiani (1943), abilitandosi successivamente come docente di storia dell’arte medievale e moderna (il tutto provando anche a scrivere tre romanzi, mai terminati). Inoltre, sin dalla sua infanzia Magnani fu iniziato alla musica, studiando pianoforte con i compositori Alfredo Casella e Raffaele Casimiri. Prima di immergersi totalmente nella “vita da collezionista”, Luigi compose diverse melodie, tra cui Pavane, eseguita nel 1952 al Teatro San Carlo di Napoli. Tra gli anni ’40 e gli anni ’60 tenne diverse conferenze a tema letteratura e musica (all’Accademia Filarmonica Romana venne conosciuto per una conversazione sulle “tecniche musicali moderne”, mentre all’Istituto Italiano di Studi Germanici a Roma tenne una conferenza su Goethe e Mozart, incantando i presenti), pubblicò svariati saggi a tema musicale (tra cui Le frontiere della musica) e curò (talvolta partecipandovi) trasmissioni della RAI su musicisti e scrittori (con particolare attenzione a Beethoven).
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Luigi Magnani Rocca e Giorgio Morandi. Tutte le foto sono cortesia di Alice Trioschi
La nascita della fondazione Magnani Rocca
È solo dal 1976 che prende vita l’idea della fondazione d’arte, quando Magnani abbandona l’insegnamento all’Università di Roma e si ritira nella villa di Mamiano. In realtà, la passione per il collezionismo di Luigi nacque in un momento preciso: quello dell’incontro con Giorgio Morandi, avvenuto nel 1940 grazie all’amico Cesare Brandi (anche se Magnani aveva già visto alcune opere dell’artista alla Quadriennale di Roma del 1939). Magnani e Morandi divennero intimi amici (il pittore si recava spesso a Mamiano, dove riceveva i prodotti delle fattorie Magnani in cambio delle proprie tele) e Luigi fu uno dei maggiori collezionisti dei dipinti dell’amico. Al primo piano della villa parmense, si trovano infatti cinquanta opere di Morandi (17 dipinti a olio, 5 acquerelli, 8 disegni, 20 incisioni), tra cui anche l’unico quadro mai realizzato su commissione dal pittore. Natura Morta (Strumenti Musicali) (1941), ben rappresenta la passione per la musica del committente, che chiese a Morandi di rappresentare i preziosi strumenti musicali prestati da un amico.
Giorgio Morandi, Natura Morta (Strumenti Musicali)
Morandi, imbarazzato, sostituì gli strumenti con altri trovati al mercato delle pulci, consegnando poi a Magnani l’insolita (e per certi versi incerta) composizione. Rari sono anche la Natura morta del 1918 (periodo metafisico del pittore) e l’Autoritratto giovanile (1925).
Non solo opere di Giorgio Morandi alla fondazione Magnani Rocca
I quadri di Morandi non sono però l’unico tesoro della villa. Già all’entrata della tenuta si viene accolti dalla notevole collezione di auto d’epoca della famiglia Magnani Rocca (composta soprattutto da Jaguar, Rolls-Royce e Ferrari) e dai tanti pavoni che passeggiano nell’esotico parco. L’ala sinistra del piano terra – arredata in stile neoclassico – è dedicata soprattutto agli old master, che Luigi acquistò negli anni nel tentativo di colmare le “lacune” della propria collezione, improntata soprattutto all’arte a lui contemporanea.
Piano terra con la coppa di Pierre
Nel salone principale dai colori pastello (oltre alla grande coppa di Pierre-Philippe Thomire – 1751-1843) si trovano subito due affreschi di Tiepolo, seguiti – tra i tanti – nelle sale successive dalla Sacra Conversazione (1513) di Tiziano, da Gio. Paolo Balbi a Cavallo (1627) di Van Dyck, da Ferdinando Gonzaga infante di Mantova (1604-1605) di Rubens, da Madonna col Bambino (1495) di Albrecht Dürer, dalla scultura in marmo Tersicore (1811) di Canova e dalla grande tela La famiglia dell’infante don Luis (1783-1784) di Goya (acquistata nel 1974 da Luigi per una cifra considerevole dal palazzo fiorentino dei Ruspoli).
Goya, La famiglia dell’infante don Luis
L’ala destra è invece dedicata prevalentemente alla mostra temporanea su Umberto Boccioni, che ben si concentra sul primo decennio del ‘900, gli anni più sperimentali del pittore stimolato dalle nascenti avanguardie.
Fondazione Magnani Rocca, piano terra
L’ala destra del primo piano si concentra sugli impressionisti, con particolare attenzione a Cezanne, passione comune di Magnani e Morandi (ricordiamo qui Tasse et plat de cerises, 1890, Corbeille de fruits, 1890 e Paysage provençal, 1900-1904). Tanti sono i dipinti e i disegni di Matisse (Odalisque sur la terrasse, 1922 e Danseuse, 1927), Renoir (Paysage de Cagnes, 1905-1908 e Les Poissons, 1917) e Monet (molto interessante è Falaises à Pourville (soleil levant) del 1897).
Monet, Falaises à Pourville (soleil levant)
Un corridoio con i vestiti della famiglia Magnani Rocca – in particolare i frac e gli smoking di Luigi per il teatro e gli abiti femminili in stile charleston – porta poi all’ala sinistra, dedicata ai pittori del ‘900 con cui Magnani aveva personali relazioni. In un’intervista del 1984, Luigi spiegò che non amava venire definito “collezionista”, non recandosi in negozi di antiquariato, aste e mostre, ma preferendo “frequentare gli artisti, interessandosi alla loro opera e facendone oggetto di studio”.
Gli abiti da sera di Luigi Magnani Rocca
Oltre alle opere di Morandi, sono qui numerosi i quadri di Filippo De Pisis (incontrato nel 1941 mentre il pittore era impegnato nell’allestimento di Bastiano e Bastiana di Mozart al Teatro delle Arti di Roma), Alberto Burri (Sacco, 1954), ai tempi ostracizzato dalla società per la sua “arte alternativa”, Giorgio De Chirico (Enigma della partenza, 1914), Manzù (Ofeo I 1960, Orfeo II 1960, San Giorgio 1972), Severini (Danseuse articulée, 1915) e László Vinkler, che ritrasse l’intera famiglia Magnani Rocca.