Secondo un’analisi condotta da WTW e visionata in anteprima da We Wealth, il 67% delle aziende italiane intende differenziare e personalizzare i programmi di benessere dedicati ai propri dipendenti nei prossimi tre anni
Mallardi: “Se negli anni scorsi l’attenzione al benessere fisico ed emotivo era forte, oggi vediamo un aumento della programmazione di iniziative volte ad accrescere il senso di sicurezza dal punto di vista finanziario dei dipendenti”
Stress e burnout dei dipendenti, oltre alla loro salute mentale, restano in cima alle preoccupazioni dei datori di lavoro. Ma l’impennata dell’inflazione e del costo della vita stanno contribuendo a shiftare l’attenzione delle aziende verso quello che viene definito come wellbeing finanziario, inteso come la capacità di affrontare con agio le diverse fasi della propria vita e gestire al meglio le proprie finanze. Anche con l’aiuto di un consulente.
Partiamo dai dati. Secondo la Wellbeing diagnostic survey condotta dalla società di consulenza WTW e visionata in anteprima da We Wealth, che ha coinvolto 74 aziende con attività in Italia che coprono un totale di 90mila dipendenti – nei settori manufatturiero (43%), IT e telecom (18%), servizi finanziari (15%), servizi (8%), energia e utilities (7%), sanità (5%), commercio all’ingrosso e al dettaglio (4%) – ben l’80% dei datori di lavoro ritiene che il benessere dei propri dipendenti sia rilevante, con il 67% che intende differenziare e personalizzare i propri programmi di benessere nei prossimi tre anni. Il benessere emotivo resta la principale area di interesse (85%), ma a conoscere una crescita significativa rispetto allo scorso anno è il benessere finanziario, impennato dal 57% del 2021 al 70% nel 2022.
“Quando abbiamo chiesto alle aziende quali fossero le principali preoccupazioni in merito al benessere dei dipendenti, la maggior parte delle risposte erano legate all’aumento del costo della vita e dell’inflazione”, spiega a We Wealth Teresa Mallardi, senior associate health & benefits di WTW. “Due aspetti che ci guidano nell’interpretare questo maggiore interesse nei confronti della sicurezza economica. E che non ci stupiscono, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, con scenari che hanno messo a dura prova l’economia italiana e mondiale, dalla pandemia alla guerra russo-ucraina fino alla crisi energetica”.
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“Se negli anni scorsi l’attenzione al benessere fisico ed emotivo era forte e molte aziende hanno già attivato programmi specifici, vediamo ora invece un aumento della programmazione di iniziative volte ad accrescere il senso di sicurezza dal punto di vista finanziario dei dipendenti”, continua Mallardi. Si parla in particolare di prodotti assicurativi a carico del datore di lavoro che offrano un sostegno concreto in caso di morte o invalidità del lavoratore, ma anche di accordi con istituti bancari per offrire tassi agevolati sui mutui o l’accesso agevolato a prodotti di risparmio. “Alcune organizzazioni che rappresentano le best practice del mercato italiano sul fronte del wellbeing finanziario hanno costituito un fondo aziendale per elargire piccoli prestiti a interessi zero da restituire a piccole rate dal dipendente direttamente in busta paga. E c’è chi sta puntando sul consulente finanziario in azienda, in grado di fornire al dipendente consigli su che tipo di mutuo accendere o che tipo di assicurazione auto scegliere, per esempio”.
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“Le aziende sentono di poter intervenire nei momenti che contano nella vita delle persone, ovvero momenti di cambiamento, come l’acquisto di una nuova casa, la decisione di costruire una famiglia, la necessità di affrontare una grave malattia o un contesto economico sfidante che causi la perdita di un reddito all’interno del nucleo familiare”, osserva Mallardi. “Questo perché sono consapevoli del fatto che questi aspetti, per quanto esterni al mondo lavorativo, influenzeranno il livello di benessere della persona e, conseguentemente, la performance lavorativa”. Di conseguenza, continua l’esperta, c’è chi decide di puntare sull’education, ovvero sul formare i propri dipendenti sull’importanza di gestire le proprie finanze e di aderire a un fondo pensione, in modo da metterli nelle condizioni di affrontare eventuali crisi. E infine chi tenta di monitorare lo stress finanziario dei dipendenti. “Un esercizio non banale, perché alcune situazioni possono essere più correlate all’aspetto privato del dipendente ma altre (come le richieste di cessione del quinto o di anticipo del Trattamento di fine rapporto o la percentuale di coloro che hanno aderito a un fondo pensione) possono offrire informazioni molto utili per tarare determinati interventi”, spiega Mallardi.
Benessere in azienda: la sfida dei costi e dei dati
Le sfide principali per le aziende si rivelano essere, da un lato, l’aumento dei costi (72%) e, dall’altro, la difficoltà di reperire dati per misurare il ritorno di un investimento in ambito benessere (53%) oltre alla mancanza di un sostegno finanziario per implementare azioni e programmi specifici (49%). Inoltre, stando alle rilevazioni di WTW, una minoranza di datori di lavoro dichiarano di essere efficaci nel promuovere i risultati desiderati in termini di benessere emotivo e finanziario e, in generale, le aziende prevedono di focalizzarsi sull’esperienza dei dipendenti e su una migliore comunicazione delle proprie iniziative nel prossimo triennio.
Quanto alle altre soluzioni che intendono mettere in atto, oltre a quelle sopracitate in relazione al wellbeing finanziario, si parla di gestire i rischi collegati a uno stile di vita non sano e alle malattie croniche e offrire uno screening e una valutazione dei rischi per la salute per tutti i dipendenti e incentivare uno stile di vita più sano. Per il benessere mentale, i programmi in atto sono volti a misurare lo stress della forza lavoro e a identificarne le cause principali; in futuro potrebbero prevedere anche l’implementazione di una strategia e un piano d’azione per la salute mentale. Nel sociale, infine, le aziende stanno attivando contributi di beneficenza e includendo il benessere nella strategia di responsabilità sociale dell’azienda. L’interesse delle imprese nei confronti del benessere fisico resta infatti importante (80% in crescita relativa rispetto al 72% del 2021); lo stesso vale per il benessere sociale (72% a fronte del 68% dello scorso anno), dove la preoccupazione dominante per i datori di lavoro è la solitudine e la mancanza di un network di contatti sociali da parte dei dipendenti.