“L’IA è il trend del momento. Tutti ne parlano e sembra essere l’unico modo per ricavare vantaggi delle nuove tecnologie. In realtà per le aziende non è così semplice”, spiega la professoressa del Politecnico Chiara Francalanci
Per Massimiliano Riccò, equity portfolio manager di Cordusio Sim, non ci sono dubbi: “Il mestiere di investitore è l’emblema dello sbilanciamento tra la grande quantità di dati disponibili e la capacità di elaborarli e trasformarli in decisioni di investimento”
E se ci fosse una macchina in grado di farlo al suo posto? Se esistesse un sistema capace di trascrivere le conference call delle società per evidenziare i cambi di tono tra i membri del management, che potrebbero nascondere una visione più o meno ottimista sul bilancio? Tutto questo è già realtà e si chiama intelligenza artificiale.
Di intelligenza artificiale, machine learning e applicazioni dell’IA alla finanza si è parlato a Milano in occasione del nuovo convegno Macro-Micro, organizzato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano. La professoressa Chiara Francalanci del Politecnico di Milano ha spiegato che: “L’IA è il trend del momento. Tutti ne parlano e sembra essere l’unico modo per ricavare vantaggi delle nuove tecnologie. In realtà per le aziende non è così semplice: bisogna essere capaci di creare e soprattutto gestire i software per l’innovazione”.
Il coordinatore del convegno, Uberto Barigozzi, dottore commercialista dello Studio Barigozzi, dal 2011 organizza con cadenza trimestrale questi appuntamenti. Lo scopo è quello di aggiornare i colleghi rispetto alla congiuntura economica e approfondire tematiche rilevanti per il settore.
IA e machine learning, questi sconosciuti
“La guerra in atto tra Stati Uniti e Asia è tecnologica. E noi – Europa – siamo totalmente esclusi”, ha commentato la professoressa Francalanci. “Però perché non sperare – ha aggiunto -. Non è una cosa che succede dall’oggi al domani, bisogna iniziare a approcciare i trend in atto. Questo passerà da un cambiamento profondo e culturale della società. Per adesso non posso dire che per quanto riguarda l’intelligenza artificiale siamo competitivi”.
L’intelligenza artificiale, ha chiarito Francalanci, “è l’intelligenza nata dalle macchine. Il termine è nato alla fine degli anni Settanta. L’IA si contrappone all’intelligenza ‘naturale’, delle persone o degli animali ma dovrebbe avere le stesse caratteristiche: i sistemi IA dovrebbero esprimersi, pensare allo stesso modo o meglio”. Il machine learning è invece un “sottoinsieme dell’IA che usa tecniche algoritmiche per dare ai computer le capacità di apprendere dai dati”.
L’utilizzo dell’IA da parte degli investitori
Per Massimiliano Riccò, equity portfolio manager di Cordusio Sim, non ci sono dubbi: “Il mestiere di investitore è l’emblema dello sbilanciamento tra la grande quantità di dati disponibili e la capacità di elaborarli e trasformarli in decisioni di investimento”. Un mestiere che potrebbe essere cambiato radicalmente con l’avvento dell’IA da cui, secondo il manager, “non si tornerà mai indietro”.
“È un tema di cui si discute da tanti anni, oggi più diffuso perché la potenza di calcolo disponibile è diventata finalmente adeguata a maneggiare dati”. Oggi le spese necessarie per acquistare server o sistemi di archiviazione cloud sono più accessibili. Di conseguenza le società, dalle Pmi alle più grandi, non possono prescindere da un qualche tipo di ausilio. “Nel caso delle grandi società di investimento – ha rilevato Riccò – vediamo che c’è un team di data scientist che viene affiancato al team di gestione”.
I data scientist elaborano l’algoritmo necessario agli investimenti, mentre il team di gestione indica quali reazioni si aspetta di vedere dai mercati. “Il gestore quindi allocherà diversamente il proprio tempo rispetto ad oggi. Dedicherà molte meno ore alla ricerca e selezione dei titoli, sarà un data scout che userà l’IA come strumento di ‘augmented intelligence’ per testare nuove correlazioni. Sarà infine in grado di correggere i propri errori con l’analisi del proprio approccio comportamentale”, ha spiegato ancora Riccò.
Nel tempo, secondo il manager, tutto questo porterà “a scelte di selezione dei titoli le più oggettive possibili”. Ma si tratterà di scelte che “dovranno poi essere spiegate agli investitori. In questo momento quella dell’applicazione dell’IA è una delle scelte più difficili da motivare”.
“Per il momento non sembra che l’intelligenza artificiale rappresenti ‘il gestore per tutte le stagioni’. Come in tutti i mestieri ci sono scelte giuste e sbagliate, periodi in cui si interpreta meglio il mercato e altri meno. E la tolleranza alle perdite, in questo settore, è bassa: se il computer sbaglia si torna a un umano che gestisce tutto”.
L’IA come opportunità di investimento
L’IA si pone in un contesto che va al di là di una comprensione del mercato standardizzata e a compartimenti stagni, può essere realmente trasversale. Ecco perché “probabilmente può essere considerata un vero e proprio mega trend: non avrà pause di crescita, ma esponenziale in tutti i settori. Diventerà parte integrante della nostra vita in tutte le aree che la coinvolgono”, ha commentato Antonio Sidoti, co-head of Southern Europe distribution di WisdomTree.
“L’IA è una vera e propria rivoluzione: l’impossibile diventa possibile. Rispetto ai software tradizionali l’IA riesce a dare delle risposte, che significa prendere decisioni in un determinato contesto”, ha aggiunto Sidoti, spiegando che ci sono alcuni settori che “hanno capito prima di altri come l’utilizzo dell’IA possa essere risolutivo per il proprio business. Nell’healthcare, per esempio, pensiamo a tutte attività che possono fare previsioni su stato di salute e stime sulle polizze”.
Secondo WisdomTree le società che si avvalgono dell’intelligenza artificiale possono essere classificate in tre macro-categorie:
- Gli enhancer: aziende predominanti nell’ambito dell’IA, ma i cui prodotti o servizi di punta, incentrati sull’intelligenza artificiale, non incidono in misura significativa sulle entrate
- Gli enabler: aziende leader in quest’area, i cui prodotti e servizi core consentono l’uso di soluzioni IA
- Gli engager: aziende incentrate sulla fornitura di prodotti e servizi focalizzati su forza dell’IA stessa
I servizi finanziari registrano tra le spese più alte in questo settore. “La crescita dei documenti accademici sull’IA in finanza – ha sottolineato Sidoti – è molto più ampia rispetto a altri campi. Le performance stanno migliorando perché i sistemi di IA di oggi riescono a gestire i big data più di prima. E l’attività di M&A sta supportando la valorizzazione di molte aziende. È uno dei settori dove c’è più fermento”.
“Probabilmente in un settore così in espansione e poco standardizzabile come quello dell’IA, uno degli elementi interessanti per riuscire a comprenderlo da un punto di vista di investimento è capire come le società si possano posizionare all’interno della catena del valore. E quindi capire come riescono a elaborare piani di business mirando a ottenere redditività da questo settore”, ha concluso Sidoti.