Il fenomeno della contrazione dei valori sarà visibile nell’immediato in casi specifici (prodotti usati o non aderenti alla domanda), in situazioni distressed o in zone periferiche per prodotti che già presentavano una bassa liquidità
Complice anche la crisi dei rendimenti finanziari, sia azionari sia obbligazionari, i proprietari di case – fondi istituzionali o privati – sono alla ricerca di nuove opportunità di investimento e rendimento
Tra i trend emergenti si assiste all’affermarsi del co-living
Se è vero che da una parte l’esplosione covid 19 si è abbattuta violentemente sul mercato immobiliare italiano, dall’altra parte – complice anche la crisi dei rendimenti finanziari, sia azionari che obbligazionari – la pandemia ha fatto emergere nuovi trend o accelerare tendenze già in corso.
È questo il caso del co-living, appartamenti destinati a studenti e giovani lavoratori con servizi in condivisione gestiti da società specializzate. “Con un rendimento lordo tra il 4 e il 5%, che si è mantenuto stabile anche durante il lockdown, l’investimento nel co-living è adatto sia ai privati sia ai fondi immobiliari alla ricerca di nuove opportunità di valorizzazione dei propri asset in tempi incerti, perché offre la solidità di un bond tedesco o francese ma con un rendimento più elevato e long term”, ha dichiarato Valerio Fonseca, fondatore e ceo di DoveVivo, il più grande operatore europeo nel co-living che gestisce 1.500 immobili in Italia e all’estero per un controvalore di quasi un miliardo di euro. La formula del co-living offre, infatti, agli inquilini una risposta moderna, professionale ed efficiente alla crescente domanda di alloggi fuorisede e ai proprietari una formula di investimento ‘no stress’: la società prende in locazione gli immobili dai proprietari e li ristruttura ove necessario per rispondere perfettamente alle esigenze di studenti e giovani lavoratori, ai quali subloca. Tra i vantaggi, anche l’azzeramento dei rischi di insolvenza, abbandono anticipato ed eventuali danni all’immobile, oltre all’eliminazione dei periodi di sfitto, dei costi di intermediazione, di cambio inquilino e i premi assicurativi. Oneri che incidono in media fino al 30% del canone relativo alla classica locazione.
Canoni visti in calo. “Le previsioni dei prezzi e dei canoni per il settore residenziale italiano indicano una flessione non tanto elevata nell’anno della crisi seguita da una discesa più forte nel 2021 e poi da una lenta risalita fino a un’accelerazione dopo 3-4 anni – ha spiegato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, illustrando uno studio che la società ha realizzato insieme a Stefano Stanghellini, professore ordinario di estimo già presidente della società italiana di estimo e valutazione – Nel settore terziario e uffici, invece, le discese attese sono molto più lente perché è un comparto che dipende molto di più di quello residenziale dall’andamento dell’economia”.
In ogni caso, il lockdown ha fatto riscoprire il mattone come asset da considerare per diversificare il portafoglio. A segnalarlo sono state le agenzie Tecnocasa e Tecnorete, che durante e dopo il lockdown hanno evidenziato interesse all’acquisto da parte di chi ha liquidità sul conto corrente e vorrebbe impiegare il capitale. Secondo le analisi dell’ufficio studi del gruppo Tecnocasa, infatti, negli ultimi cinque anni, la componente di acquisto per investimento è passata dal 18,5 al 25%, con un consistente balzo in avanti. “Oltre che dalla rivalutazione del capitale, gli investitori sono attirati anche dal rendimento medio annuo lordo da locazione che, per un bilocale, si aggira mediamente intorno al 5%”, hanno spiegato gli analisti. D’altra parte, “il mercato dei mutui sembra essere ripartito bene dopo l’inevitabile calo dovuto al lockdown”, ha aggiunto Roberto Anedda, direttore marketing di Mutuionline, che interpellato sul tema seconda casa nelle principali città italiane ha risposto: “La quota di mutui seconda casa su Milano è storicamente più alta rispetto a quella media italiana, arrivando anche al 7-8% contro una media nazionale del 5; negli ultimi trimestri si è ridotta notevolmente, intorno al 5%, ma è rimasta però più alta della corrispondente media italiana (intorno al 3-4%). A Roma, invece, la quota è più allineata a quella nazionale, ma è in calo rispetto agli anni precedenti e addirittura in alcuni trimestri va al di sotto della media italiana (oscilla intorno al 2-3% contro il 3-3,5% italiano)”.
* Articolo tratto dallo Speciale Real Estate del magazine n.26 (luglio-agosto)