Oggetto e obiettivo degli investimenti in vino
L’investimento in vino potrebbe assumere in realtà diverse forme. Innanzitutto, l’investimento in aziende agricole che producono vino. Poi, l’investimento in ettari di terreno in zone i cui prezzi potrebbero aumentare oppure l’investimento in aziende vitivinicole con brand riconosciuti. O, infine, l’acquisto di bottiglie di determinati vini in previsione di rivenderle ad un prezzo superiore.
Ciascuno degli investimenti sopra citati, per quanto abbia in comune l’elemento vino, ha dinamiche diverse e merita riflessioni ed analisi specifiche. In un’accezione molto focalizzata, limitando l’investimento in vino all’acquisto di singole bottiglie pregiate in previsione di rivenderle ad un prezzo più alto, l’accostamento dell’investimento in vino a quello in opere d’arte, auto d’epoca o orologi, ha un suo fondamento. Le cose che verranno dette di seguito si riferiscono all’investimento in bottiglie di vino pregiate.
L’investimento in vino penso possa essere fatto rientrare tra i cosiddetti investimenti alternativi in beni reali dal momento che la caratteristica principale del bene reale è l’esistenza in un valore intrinseco, “reale”, che tende normalmente a conservarsi anche nelle fasi di turbolenza. Ma non bisogna a mio avviso trascurare l’elemento emotivo e di interesse personale che a seconda della sua rilevanza può influire significativamente sulle modalità in cui questo investimento può essere realizzato. Toccheremo questo aspetto di seguito.
Da un punto di vista finanziario bisogna essere consapevoli del fatto che si tratta di un investimento di lungo periodo e intrinsecamente rischioso, anche se senza dubbio interessante perché in molti casi bottiglie pagate cifre assai contenute si sono in seguito notevolmente apprezzate.
Vino pregiato, le caratteristiche che lo rendono adatto all’investimento
Il vino non ha scadenza
Nella catena agroalimentare il vino è forse l’unico prodotto a non presentare una data di scadenza. Si tratta di una condizione necessaria perché il vino possa essere considerato d’investimento, visto che con l’avvicinarsi della data di scadenza il prezzo della bottiglia tenderebbe verso lo zero. In realtà il vino non dura in eterno ma molti vini hanno una durata che travalica perfino la vita adulta dell’investitore. Una condizione necessaria per un vino d’investimento è la sua ottima capacità di invecchiamento.
Esistenza di uno stretto legame tra il prezzo, qualità e rarità del vino
Per qualità del prodotto s’intendono le doti organolettiche ed il potenziale d’invecchiamento, in cui il vino si comporta come un essere vivente, che evolve sin dalla sua nascita, passando per un eccezionale momento di maturità, fino ad arrivare ad un declino, che nel caso di certi vini, può superare anche i cento anni. I grandi vini hanno l’incredibile qualità di reagire in modo estremamente positivo al processo di invecchiamento. Dopo una crescita iniziale ed una stabilizzazione comune a quasi tutti i vini inizia uno stato di maturazione e se si vuole di ossidazione che lentamente accompagna il vino fino a quello che per i grandi vini è un lunghissimo periodo che può donarci varie fasi.
Chiunque abbia assaggiato nel corso degli ultimi trent’anni, incluso di recente, vini come Bolgheri Sassicaia 1985, Chateau d’Yquem 1967, Chateau Latour 1961, Barolo Monfortino 1958, Brunello di Montalcino Biondi Santi 1955 o Chateau Mouton Rothschild 1945 sa bene quello di cui parlo. Inoltre esiste un fattore di progressiva rarefazione che spinge naturalmente i prezzi verso l’alto. Banalmente, le bottiglie di ogni vino di una determinata annata sono prodotte in numero chiuso e poiché col tempo le bottiglie vengono aperte e consumate si genera una naturale e cronica diminuzione dell’offerta. È una cosa che succede con Romanée Conti, e non con auto d’epoca o orologi.
Investimenti in vino: top wines come status symbol e allargamento del mercato
Negli ultimi anni risulta chiaro come alcuni “top wines” abbiano assunto una forte connotazione di status-symbol spingendo verso l’alto la loro richiesta. A ciò si aggiunge un’incredibile crescita della domanda, da paesi come Cina, Sudamerica o India, che hanno cominciato ad acquistare anche nelle fasce dei vini di altissima gamma, sommandosi ai “tradizionali” acquirenti. Il vino come show-off del proprio prestigio personale è un aspetto che introduce nel mercato variabili culturali soggette a fenomeni congiunturali che incrementano la volatilità dell’investimento. Il che non è da trascurare.
La decorrelazione del prezzo delle bottiglie di determinati vini rispetto all’andamento dell’economia
Il vino ha una volatilità estremamente bassa. È infatti tendenzialmente decorrelato dagli alti e bassi dei mercati finanziari e dalle congiunture economiche che pure, col manifestarsi di nuovi elementi culturali, lo possono occasionalmente influenzare. I suoi prezzi variano lentamente nel medio termine, e sono quasi sempre in crescita. È estremamente raro riscontrare casi in cui il calo del prezzo avvenga in modo repentino, soprattutto quando si prendono in considerazione vecchie bottiglie di millesimi eccezionali.
Alcuni elementi da tenere presenti negli investimenti in vino
Perché l’investimento in bottiglie di vino abbia un senso è essenziale la comprensione di ciò che si sta comprando il che presuppone una conoscenza approfondita e fortemente specializzata. Vorrei illustrare alcuni fattori, a titolo di esempio, che rendono l’investimento in vino un’attività destinata ad esperti, in cui forse non vale la pena di avventurarsi senza assistenza.
L’annata
Influenza notevolmente il valore del vino. Per ogni tipo di vino ci sono classificazioni delle annate tra quelle più o meno buone. Come regola da seguire a livello generale, i vini di grandi annate sono preferibili rispetto ad annate meno importanti. A volte può essere affrettato seguire l’onda iniziale, in cui l’affanno propagandistico nel dichiarare grandissime annate che non dimostrano quanto promettevano e di sottostimare annate che al contrario il tempo ha scoperto come grandi può portare a grossolani errori. Anche l’anzianità, forse meno che in passato, riveste un ruolo importante, nel senso che i vini che hanno una certa età in molti casi oltre ad essere più buoni (non è una regola) beneficiano dell’essere molto rari.
La zona di provenienza
Le regioni che producono in modo costante vini d’annata di alta qualità fanno nascere le opportunità di investimento più interessanti. Alle zone che tradizionalmente hanno prodotto vini da investimento come Bordeaux e Borgogna ultimamente si sono aggiunte Toscana, Piemonte e Napa Valley. Intercettare nuovi trend potrebbe dare grandissime soddisfazioni.
Attenzione alla conservazione
Una conservazione impropria può alterare drasticamente il sapore del vino e, col passare del tempo, potrebbe rovinare del tutto l’investimento fatto. La capacità di capire se il vino è stato conservato bene impone una forte esperienza.
È possibile conservare il vino in una zona a clima controllato all’interno della propria abitazione, oppure optare per una scelta più “professionale”. Esistono aziende che offrono questi servizi agli investitori e agli appassionati di vino, dietro pagamento di una commissione per far custodire la propria collezione di vini. E un aspetto che va considerato con grande attenzione.
La confezione originale
In termini di acquisto di singoli vini, un prodotto nella sua confezione originale ha più probabilità di spuntare prezzi più elevati. Ma il contesto più redditizio è dato dall’investimento in bottiglie i cui esemplari sono in circolazione sono molto scarsi. Esistono esempi di singole bottiglie vendute all’asta a prezzi stratosferici. Nel 2018 ad esempio una bottiglia di Romanée Conti del 1945 è stata battuta al prezzo di 558 mila dollari.
L’investimento in vino non produce cash flow
La bottiglia di vino non produce alcun cash flow, quindi il valore di una bottiglia di vino, non può essere determinato seguendo un tradizionale approccio finanziario. È l’osservazione delle singole transazioni che spiega l’evoluzione dei prezzi. Purtroppo non esistendo un mercato centralizzato, ma una moltitudine di canali (case d’asta, mercanti, privati, ecc) dislocati in tutto il mondo. Vi è una certa difficoltà di stabilire un fair value. Questo insieme al numero limitato di partecipanti al mercato, rende le compravendite all’istante difficili. In termini finanziari potremmo dire che il mercato del vino è inefficiente e piuttosto illiquido (ironia della sorte!).
Investimenti in vino, come fare
E dopo questa carrellata, vediamo come investire in vino. Accenno brevemente a questo aspetto ripromettendomi di approfondirlo in una prossima occasione.
Sostanzialmente esistono tre modalità di investimento.
–Fai da te;
-Club deal;
-Fondi di investimento specializzati nell’investimento in vino.
Investimenti in vino: il “fai da te”
Forse è la scelta più difficile e complessa per conoscenze, competenze e strutture necessarie per investire con successo. È una scelta peraltro intrigante, da percorrere quando l’elemento emotivo e passionale sono chiaramente prevalenti rispetto al return on invetment. In particolare gli investitori individuali tendono a fare sia acquisti che vendite a prezzi poco convenienti che spesso azzerano l’effetto derivante dall’incremento del prezzo del vino.
Spesso gli individui sono più bravi a comprare (la passione prevale) che a vendere. Certo che la soddisfazione di mostrare la propria cantina e di aprire per gli amici vini che erano stati acquistati ad una frazione del prezzo attuale, capisco che potrebbe non avere eguali! Una versione forse più oculata dell’investimento fai da te è fare outsourcing di alcune delle principali attività necessarie per poter investire in vino tra cui la conservazione, e l’assicurazione, magari utilizzando porti franchi dotati delle necessarie strutture. Ce ne sono a Lugano e Ginevra per esempio.
L‘ottimizzazione fiscale può completamente cambiare il profilo economico e finanziario di una compravendita di una bottiglia di vino. Si pensi banalmente all’effetto di una cassa di vino acquistata in Italia per €100.000 in cui si anticipa il 22% di IVA che venga rivenduta dopo 5 anni in un mercato in cui l’IVA è all’8%. Oltre alla perdita secca di 14 punti percentuali (!) c’è anche un anticipo importante di liquidità che potrebbe essere utilizzato per altro. Il porto franco può lenire significativamente il problema, senza contare che si risparmia sull’assicurazione. Anche nel momento in cui si decide di vendere, affidarsi ad un professionista consente certamente l’accesso a più ampie fette di mercato, oltre ad assicurare una maggiore credibilità della vendita.
I club deal
Si tratta di un investimento “simile” a quello che si realizza versando il proprio capitale in un fondo di private equity, il principio è lo stesso: mettere insieme risorse per creare valore. In entrambi i casi il capitale è investito nell’economia reale, con un oggetto specifico, l’investimento in bottiglie di vino. L’investimento è tipicamente condiviso con altri soggetti, e così il rischio ad esso collegato. Il club deal però, a differenza di un fondo, può assumere diverse forme. Gli investitori possono decidere di costituire una società semplice, una srl, una fiduciaria o di entrare nel capitale di un’azienda. Ha pochi investitori, ognuno dei quali coinvolto personalmente nel progetto che l’azienda target propone e desideroso di prestare il proprio aiuto – finanziario e di consulenza per lo sviluppo del business.
Non esiste una normativa ad hoc per l’attività di club deal: in astratto, “non configura attività soggetta a riserva di legge (cioè esercitabile solo attraverso prodotti/soggetti regolamentati). In particolare il club, non svolgendo gestione collettiva del risparmio ai sensi del Tuf, non è un fondo di investimento gestito da una Sgr: manca infatti la gestione “in monte” e le scelte di investimento sono condizionate alla volontà degli investitori. Inoltre, il soggetto che individua e propone l’investimento non è necessariamente un intermediario vigilato. Non ricorrono quindi le condizioni per la sottoposizione di queste entità a regolamentazione e controlli di vigilanza, analogamente a quanto avviene per altre forme di investitori non definite dalla regolamentazione, ma conosciute dal mercato, quali i business angel o i family office”.
Fondi sul vino
Il fondo sul vino è un vero e proprio fondo di investimento. Tutte le responsabilità e le attività sono delegate al gestore del fondo. Salva tempo e coinvolgimento, ma limita fortemente la possibilità di ritagliare portafogli personalizzati. È la tipologia di investimento che potremmo definire più “finanziaria”. L’elemento emotivo e passionale è ridotto al minimo, anche se dall’altra parte, nei limiti specifici del tipo di investimento, si accede ad una gestione che potremmo definire più professionale del portafoglio di investimento. Un fondo non possiede gli asset in cui ha investito, quindi le attività sottostanti sono solo il risultato delle compravendite. Diciamo che il successo o meno di un fondo sul vino è molto collegato alla capacità del gestore.
Va detto che l’asimmetria informativa esistente nel mercato del vino è spesso un vantaggio per chi ha accesso privilegiato alle informazioni e a diversi canali di approvvigionamento e vendita. Un fondo ha un accesso più facile alle bottiglie più rare, è può garantire migliori prezzi sia in acquisto che in vendita, oltre ad una migliore possibilità di tracciare la provenienza delle bottiglie.
È ovvio che l’assenza di un mercato centralizzato comporti che per molti vini sia difficile stimare il giusto fair value e quindi il calcolo accurato del valore del portafoglio può rappresentare un esercizio particolarmente complicato. Molti fondi fanno affidamento sui servizi del Liv-ex, mentre altri adottano propri metodi di stima.
Non esistono standard accettati internazionalmente. Altro aspetto importante è che la limitata dimensione del mercato del vino da investimento rende complicato mettere sul mercato grosse quantità. È un rischio che si fronteggia, almeno parzialmente, non permettendo a nessun investitore di superare certe soglie percentuali di partecipazione al fondo.