Abbiamo usato il laptop e lo smartphone in modo intensivo (non che prima non lo facessimo) sia per lavorare che per mantenere attiva la vita sociale, ci siamo vestiti comodi (niente cravatta!), anzi spesso siamo rimasti in pigiama e ciabatte, abbiamo usato ogni angolo della casa come non mai, abbiamo scoperto i balconi (almeno chi ce li ha), abbiamo adottato nuove strategie ed un attenzione maniacale all’igiene personale, abbiamo fatto da mangiare tutti i giorni o comunque mangiato tutti i giorni a casa, abbiamo intensificato (in alcuni casi), scoperto e sperimentato (in altri) il commercio online. E chi più ne ha più ne metta. Tutto transitorio in attesa di tornare come se nulla fosse successo ai tempi pre-Covid-19? Probabilmente no.
Nella fase post-lockdown internet, ad esempio, nelle case è rimasto sempre attivo. Non solo, ma il digitale sembra diventato intergenerazionale: italiani over 50 si ritrovano su network frequentati fino a pochi mesi fa solo dalla Generazione Z e le piattaforme usate fino a ieri solo per le riunioni aziendali da remoto sono praticate ora da adolescenti che effettuano videocall collettive per chattare con amici. La moda vira verso lo stile homewear sfornando abiti dal look rilassato. La casa diventa il centro di una nuova forma di convivialità: non perderemo certo l’abitudine (e il piacere) dell’aperitivo o delle cene con gli amici, solo che lo faremo di più utilizzando le nostre case. Anche l’e-commerce ha avuto una impennata senza precedenti e sarà difficile rinunciare allo shopping online. C’è chi alla spesa consegnata a domicilio non vuole più rinunciare. Chi era abituato a mangiare fuori casa ha risposto a questa mancanza riscoprendo la cucina casalinga, mentre altri hanno condiviso con favore la proposta di molti ristoranti che hanno reinventato la loro offerta proponendo qualità e innovazione con piatti consegnati a domicilio.
C’è posto per il vino in questa “nuova normalità”?
Per quanto sia abituato a bere il vino anche a casa, ho sempre dedicato uno spazio particolare al vino soprattutto quando vado al ristorante. Ma cosa succede ora che stiamo consumando pranzo e cena a casa molto più spesso del solito? Non sono tra quelli che mettono la possibilità di mangiare senza vino tra le opzioni praticabili (qualche volta ci sta, ma non scherziamo). E quindi?
Cominciamo col dire che con la riapertura dei ristoranti, in buona parte già avvenuta, sia pure con distanziamento e mascherina, il sistema, anche se a ritmo ridotto, dovrebbe lentamente rimettersi in moto.
D’altra parte non credo che sorprenda la crescita dei consumi di vino a casa rilevata da più parti: la risposta è ovvia, acquistiamo più vino di prima, perché invece di berlo al ristorante lo beviamo a casa (tra l’altro con il consumo a casa, non c’è il problema del drink & drive!).
Con la chiusura della ristorazione l’acquisto di vino dalla GDO e l’e.commerce, hanno visto una eccezionale espansione. Anche le enoteche che si sono organizzate col delivery a domicilio sono riuscite, almeno parzialmente, a tamponare i danni causati dalla chiusura.
Insieme al boom dell’acquisto di vino nei supermercati, si è verificata un’esplosione di home delivery, click&collect (si ordina sul Web e si passa a ritirare i sacchetti presso il punto vendita) ed e-commerce, aumentati man mano che le persone uscivano di meno. Produttori, consorzi, enoteche e sommelier hanno promosso iniziative lanciate tramite i social per invogliare a consumare il vino a casa in maniera nuova, salvaguardando e rinforzando l’idea che il vino non è solo una semplice bevanda, ma un catalizzatore sociale che favorisce e necessita di condivisione. Ed ecco fiorire appuntamenti via web di aperitivi e cene collettivi, webinar, e call per ascoltare racconti e scambiare opinioni.
Interessante osservare alcune tendenze
Che vini si bevono a casa? Apparentemente, almeno questo è quello che ci dicono i primi dati provenienti da e-commerce e GDO, c’è uno spostamento su etichette di medio prezzo. Del resto considerando la situazione generalizzata di crisi e l’assenza di incentivo nell’ordinare vini che impressionino i commensali era logico aspettarsi un consumo più attento e più orientato alla ricerca del rapporto qualità/prezzo.
Se il consumatore finale rispetto al ristoratore diventa quello che fa la scelta, immagino che il mondo del vino subirà significativi cambiamenti sia nella comunicazione che nella distribuzione.
Per i distributori, penso che sarà sempre più importante fidelizzare il consumatore finale, diventandone una guida. In questo per esempio mi aspetto un importante cambio di marcia della gdo in Italia. Chissà se vedremo anche da noi (rispetto ad esempio a quanto accade in Francia) scaffali del vino con una maggiore scelta, magari col banchetto del sommelier che può darti un consiglio, così come avviene in enoteca. Anche nel settore dell’e-commerce, che può contare su una gamma di vini più vasta e flessibile in termini di etichette in catalogo, la capacità di saper fare da guida diventa determinante.
Quanti ai produttori, soprattutto quelli che finora dipendevano interamente dal consumo dei ristoranti, per difendere i propri fatturati e fidelizzare direttamente il consumatore, sarà il caso di attrezzarsi. Chi pensava che il marketing non fosse poi così importante nel settore del vino, soprattutto in questo periodo, farà bene a ripensarci. Non occorre essere guru per capire che se c’è un momento in cui vale la pena di comunicare e ottenere visibilità è questo. Non c’è nulla di meglio di un momento di cambiamento e di crisi per fidelizzare un cliente. Ma questo discorso rischia di portarci fuori strada.
Insomma, non sarà la pandemia a minare il nostro lifestyle, in cui cibo e vino di qualità hanno uno spazio importante. C’è posto quindi per il vino nella “nuova normalità”: credo proprio di si.