Il prezzo si muove su cicli quadriennali in corrispondenza degli halving, il dimezzamento delle commissioni per i miner di bitcoin. Ogni volta si è osservato un aumento di 100 volte nel corso del successivo anno e mezzo. L’ultimo halving è avvenuto a maggio 2020
L’ingresso, negli ultimi tempi, di un numero sempre maggiore di istituzioni finanziari sta, di fatto, trasformando la criptovaluta in una asset class con caratteristiche molto interessanti anche dal punto di vista del pubblico retail (decorrelazione dagli altri mercati e scarsity). Il lavoro di questi operatori istituzionali, che stanno rendendo disponibile l’acquisto di bitcoin ai loro clienti, la rende solida e destinata a crescere ancora
Senza andare troppo lontano, a Rovereto, nella provincia trentina esiste una bitcoin valley costruita nel 2017 dalla startup Inbitcoin che costruisce servizi per l’uso quotidiano della valuta digitale, già usata normalmente nei negozi di vicinato.
I casi di uso nella vita reale si moltiplicano, come si moltiplica la domanda di bitcoin da parte degli investitori, fatto che ha portato a salire su questo carro banche d’affari che lo avevano finora guardato con sospetto, da Jp Morgan a Morgan Stanley, alla veneranda Bny Mellon, e in Italia Nexi e Banca Generali. Questo genera nei investitori privati fomo, ovvero “fear of missing out”, la paura di restare fuori che non deve mai fare da guida alle scelte.
D’atro canto, i detrattori continuano a invitare a stare allerta, da Warren Buffet a Nouriel Roubini, a nomi del club delle banche centrali da Christine Largarde a James Powell.
La prudenza è d’obbligo (per stare al riparo dalla volatilità)
È un invito ragionevole, quello di prestare attenzione, come si dovrebbe fare ogni volta che si guarda a una asset class di investimento, come bitcoin è in effetti diventato. Ma a conti fatti, osservando semplicemente l’andamento del prezzo dall’avvio a oggi, possiamo concludere che il bilancio è positivo per chiunque avesse destinato una piccola quota del proprio portafoglio in bitcoin, con un’ottica di lungo periodo e preferibilmente con versamenti periodici stile pac per sterilizzare la volatilità.
La volatilità: punto dolente di bitcoin per chi lo osteggia. È vero, il prezzo ha subito sbalzi rilevantissimi in salita e in discesa. È un elemento ineliminabile: scostamenti di prezzo anche rilevanti possono avvenire nel corso della stessa giornata perché l’asset si muove solo sulla base di domanda e offerta e non è soggetto a effetti di calmierazione imposti per via istituzionale. Ma d’altro canto la base monetaria è regolata da un algoritmo, che prevede un cap di 21 milioni di monete che sarà raggiunto nel 2040 e un ritmo di crescita per il 2021 dell1,5% (inferiore al 2% di inflazione che è fissata da Bce e Fed per euro e dollaro).
Un rendimento potenziale di 100 volte dal minimo di marzo 2020
E ci sono due ulteriori osservazioni da fare: il prezzo si è mosso sempre su cicli quadriennali, partiti in corrispondenza di ciascuno degli halving realizzati finora. L’halving è il dimezzamento delle commissioni per i miner, coloro che consumano la cpu per produrre nuovi blocchi di valuta e anche questo elemento è definito by design dall’algoritmo. La seconda considerazione è che ognuno di questi cicli si è sempre chiuso prepotentemente in attivo, con un incremento medio di 100 volte rispetto ai minimi.
Investire oggi, che il prezzo quota sui massimi di sempre, su cifre che potrebbero essere lunari, potrebbe apparire folle, ma se guardiamo ai due halving del 2012 e del 2016 (l’ultimo è avvenuto a maggio 2020 e ha aperto un nuovo ciclo), lo spazio di crescita potrebbe essere ancora ampio, fino a un ulteriore 10 x.
I cicli quadriennali di bitcoin
Gli halving del 2012 e del 2016 “hanno avuto andamenti assolutamente assimilabili tra di loro che possono dire molto sulla curva che vedremo da qui a fine anno”, secondo Christian Miccoli, ceo e founder di Conio.
“Nel 2011 bitcoin valeva circa 10 dollari: in seguito all’halving del 2012, il valore aveva oltrepassato quota di 1.000 dollari. Lo stesso era accaduto in seguito all’halving del 2016: il suo valore è arrivato a toccare i 20.000 dollari, dai minimi a 200 dollari del 2015”. La dinamica è chiara: l’halving dimezza la produzione di bitcoin e nel momento in cui avviene stimola per questo l’accumulo di cripto fino al fomo che fa schizzare il prezzo. Salvo panic selling di breve respiro – che stiamo osservando anche nel ciclo attuale – è plausibile che alla fine del ciclo il prezzo si fermerà a un valore certamente superiore ai 4mila dollari del minimo di marzo 2020. Ma prima potrebbe ripetere il suo 100 x, arrivando fino a 400mila dollari (una cifra che in qualche report di banca d’affari è in effetti circolata). Ogni ciclo rappresenta un salto evolutivo per il mercato: nel 2012 con la nascita dei primi exchange e nel 2016 con la corsa del venture a finanziare servizi e prodotti intorno a bitcoin. Nel 2020 è iniziata invece, come abbiamo visto in apertura, la corsa delle banche d’affari, dei gestori di fondi, dei grandi imprenditori alla Elon Musk.
“L’ingresso, negli ultimi tempi, di un numero sempre maggiore di istituzioni finanziari sta, di fatto, trasformando la criptovaluta in una asset class con caratteristiche molto interessanti anche dal punto di vista del pubblico retail (decorrelazione dagli altri mercati e scarsity). La corsa a cui stiamo assistendo, grazie anche al lavoro di questi operatori istituzionali, che stanno rendendo disponibile l’acquisto di bitcoin ai loro clienti, è appena iniziata”, conferma Miccoli.
La volatilità non è eliminabile nel percorso, ma al netto di essa e consci del fatto che bisogna non averne paura, è plausibile che il bilancio finale sia positivo. E che l’alpha complessivo di portafoglio migliori anche in maniera rilevante.