Il ‘no deal’ fra Londra e Bruxelles per i mercati finanziari ha comportato uno spostamento di titoli per 6,5 miliardi di euro sulle borse del Vecchio Continente
«Milano ha una chance adesso di contare molto di più», la Borsa può diventare uno snodo nevralgico del mercato europeo dei titoli, dopo il ‘no deal’
Siamo appena all’inizio della partita Europa continentale versus Londra. E il Vecchio Continente può vincere, almeno nei mercati azionari e obbligazionari. La capitale britannica potrà mantenere il primato sul mercato dei cambi e dei derivati
Italia ed Europa hanno rappresentato un sistema centrato più sulle banche che sui mercati dei capitali. Servono adesso scelte governative che incentivino alle Ipo
L’arrivo del premier incaricato Mario Draghi può innescare un circolo virtuoso? «Sicuramente. Siamo appena all’inizio della partita Europa continentale versus Londra. E il Vecchio Continente può vincere, almeno nei mercati azionari e obbligazionari. La capitale britannica potrà mantenere il primato sul mercato dei cambi e dei derivati». Cosa dovrà fare l’Ue, per legittimare il suo primato? «Dovrà far crescere in modo molto chiaro la pipeline delle quotazioni». Per consolidare il suo primato di piazza finanziaria, l’Europa (e l’Italia…) dovrà aumentare il numero delle sue Ipo. Al momento ci troviamo in una condizione di «asfissia». Prosegue Caselli, che «abbiamo bisogno di una cultura della quotazione d’impresa. Altrimenti Londra si riprenderà il primato».
Al momento, «ma le cose stanno cambiando», Italia ed Europa hanno rappresentato un sistema «centrato più sulle banche che sui mercati dei capitali». Servono adesso «scelte governative che incentivino alle Ipo» e la «creazione di un ecosistema favorevole». Come? Occorrono «banche di investimento forti, capaci di operare su scala globale» come fanno quelle americane e londinesi. Anche l’Italia in tal senso potrebbe giocare da protagonista, se è vero che siamo alla vigilia di una straordinaria stagione di accorpamenti bancari. «Banche più grandi danno vita a uno spazio maggiore per l’investment banking. Quello che al momento manca all’Europa perché costruisca un solido investment banking è una politica di aggregazione bancaria transnazionale». Ma «qualcosa di importante avverrà», magari nei prossimi due anni, conclude il professore: «Abbiamo attori che sono autentici gioielli (Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit) capaci di giocare alla pari con altre realtà nello scacchiere dell’m&a europeo».