Una moto per stare al passo con i tempi
L’idea era quella di assemblare una supersportiva per rimanere al passo con le rivali e con i tempi. Dalla fine della seconda guerra mondiale fino agli anni ’60, la Ducati divenne famosa per la produzione di moto monocilindriche di piccola cilindrata, tra cui i modelli Scrambler e Mach 1. Ma alla fine di quella decade, il mercato divenne affamato di moto multicilindriche di maggiore cilindrata. Nel 1968 BSA e Triumph lanciarono le loro moto a tre cilindri – la Rocket 3 e la Trident – mentre un anno più tardi arrivò la risposta della Honda con la CB750 a quattro cilindri. La Ducati aveva bisogno di qualcosa di più grande di un singolo 450cc per rimanere competitiva. A rimediare al vuoto Ducati ci pensò l’ingegnere Fabio Taglioni, sopranominato “Dr. T”, che disegnò il progetto di un nuovo bicilindrico a V di 750cc con camme in testa a ingranaggi conici. Il nuovo motore e il nuovo telaio debuttarono all’Olympia Motorcycle Show di Londra del 1971 con il nome GT750. Ma, con qualche modifica, il giorno della consacrazione arrivò nell’aprile del 1972.
Imola, 1972
Quel giorno la Ducati, fino ad allora poco amata, ebbe modo di prendersi la propria rivincita. Alla 200 miglia di Imola – nel circuito “locale” della Ducati appena a sud-est di Bologna – la nuova 750cc sconfisse non solo le collaudate Triumph Trident dei piloti Percy Tait, John Cooper e Ray Pickrell, ma anche la MV Agusta 750 ufficiale di Giacomo Agostini. Alla guida del bicilindrico c’era Paul Smart, che per ironia della sorte quella gara in sella a quella moto non voleva neanche farla. Il pilota inglese accettò, solo spinto dalla moglie e con una certa riluttanza, di correre con la nuova Ducati 750 alla 200 Miglia inaugurale di Imola. Smart rimase impressionato dalla moto né nel paddock né durante i primi giri di prova, ma solo una volta tornato ai box quando apprese di avere appena battuto il record della pista. La maneggevolezza e la coppia erano così fluide che celavano le sue reali prestazioni. Bruno Spaggiari, compagno di scuderia di Smart, si prese la seconda piazza.
Il mito SuperSport
La vittoria della Ducati ad Imola portò il nuovo giocatolo di Borgo Panigale all’attenzione del mondo. Tanto che per la forte richiesta iniziarono ad essere prodotte le 750 Sport non da competizione. Il primo esemplare apparve in Italia nel settembre del 1972, a cui seguirono circa una cinquantina di altre 750 Sport quell’anno. Ma la vera sorpresa arrivò un anno più tardi, quando alla linea 750cc si aggiunse l’ormai leggendaria Ducati 750 Super Sport, dotata di attuazione desmodromica delle valvole. Si trattava di una vera e propria supersportiva, come ricorda Ian Falloon nel suo The Ducati Story. “Ancor più della MV Agusta, la Ducati 750 Super Sport del 1974 incarna la moto sportiva italiana degli anni ’70. Mentre la MV a quattro cilindri di serie era intenzionalmente progettata per essere il più lontano possibile dalle autentiche moto da Gran Premio… la Ducati era la replica più vicina possibile alla vincitrice della 200 miglia di Imola del 1972 che poteva essere costruita ed essere ancora legale su strada”. Anche allora la 750 SS riscosse molto successo, ricevendo recensioni entusiastiche dalla stampa motociclistica. Dalla rivista Cycle fu salutata come “una moto che si colloca ai confini del mondo sportivo – la café racer definitiva costruita in fabbrica“. Solo 401 esemplari della versione originale “a cassa rotonda” furono costruiti