Davide Chiaroni: “Una quota importantissima di acqua che preleviamo, fra il 40 e il 48%, viene dispersa per effetto delle perdite nel nostro sistema infrastrutturale. E l’attuale tasso d’investimenti nel settore permetterebbe di rinnovare l’intera rete in 250 anni”
Proposta l’introduzione dei “certificati blu”, sulla falsa riga dei certificati bianchi adottati con successo nel settore dell’efficienza energetica, per supportare le necessarie azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua attraverso meccanismi di incentivazione
Secondo gli ultimi dati del Water scarcity clock, oggi quasi 2,4 miliardi di persone vivono in zone caratterizzate da una scarsità di acqua potabile. Una quota che potrebbe superare i 2,7 miliardi nel 2030. E le analisi dell’Unicef non sono più incoraggianti: 4,2 miliardi di soggetti non dispongono di servizi igienici adeguati nelle proprie abitazioni e, entro il 2040, un bambino su quattro risiederà in aree ad alto stress idrico. Sebbene la tematica dell’emergenza climatica e le previsioni sulla disponibilità idrica abbiano contribuito ad agitare le coscienze da una parte all’altra del globo, solo in Italia l’attuale tasso d’investimenti consentirebbe di rinnovare il sistema infrastrutturale del Paese in 250 anni. Ma non tutto è perduto. Ecco i tre strumenti per puntare sull’oro blu.
“Se fino a poco tempo fa la tematica della scarsità idrica era sentita in alcune regioni italiane ma in territori piuttosto limitati e senza che rappresentasse una percezione di criticità, oggi l’effetto del cambiamento climatico e le previsioni sulla disponibilità delle risorse hanno consentito di prendere molta più coscienza della problematica”, spiega a We Wealth
Davide Chiaroni, vicedirettore dell’energy&strategy group della School of management del Politecnico di Milano. “Stiamo parlando però di una risorsa che, dal punto di vista numerico, impatta poco. Le ultime analisi dell’Istat mostrano che una famiglia italiana media spende tra i 150 e i 200 euro l’anno per la bolletta dell’acqua. Dove sta dunque il mercato? Nella componente di investimenti. Oggi una quota importantissima di acqua che preleviamo, fra il 40 e il 48%, viene dispersa per effetto delle perdite nel nostro sistema infrastrutturale idrico. E l’attuale tasso d’investimenti in questo settore (si parla di meno di un miliardo annui) permetterebbe di rinnovare l’intera rete in 250 anni. È evidente che non si tratta di cifre sostenibili. La reale quota necessaria di investimenti supera l’ammontare dei 100 miliardi di euro. Ordini di grandezza che rappresentano un mercato interessante per gli investitori”.
Chiaroni: introdurre i “certificati blu”
Un mercato, aggiunge, che tipicamente coinvolge principalmente i gestori di rete e, dunque, i soggetti istituzionali. Ma l’obiettivo è quello di mobilitare risorse anche di privati e piccole imprese. “La proposta che abbiamo presentato nel 2019 e attorno alla quale si sono catalizzati gli interessi di alcuni operatori del settore è stata quella di ragionare su un certificato blu, sulla falsa riga dei certificati bianchi adottati con successo nel settore dell’efficienza energetica, per supportare le necessarie azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua attraverso meccanismi di incentivazione. Abilitando un mercato in cui anche i privati o le piccole imprese che promuovono interventi di efficientamento idrico possano contribuire al risultato finale ottenendo in cambio una remunerazione”, aggiunge Chiaroni.
Dai fondi azionari tematici agli etf
Ma quali sono gli strumenti più adeguati per investire oggi nell’oro blu? “Il meccanismo degli etf, da un certo punto di vista, rappresenta un aspetto interessante perché si basa sul principio che il valore della risorsa-acqua potrebbe modificarsi in maniera significativa nel tempo”, spiega l’esperto. Un investimento di “natura speculativa” nella prospettiva del piccolo investitore, ma che può diventare una “scommessa” per le imprese, i gestori di bacini, i soggetti industriali e i grandi consumatori di acqua, che “potrebbero immaginare strumenti di copertura connessi al costo della risorsa idrica”.
Fonte: Fida – Finanza Dati Analisi per We Wealth (Dati aggiornati al 17 marzo 2021)
Quanto invece ai
fondi azionari tematici, secondo Chiaroni, il momento è particolarmente favorevole per due ragioni. “La prima è che, in senso generale, sta crescendo la sensibilità verso la risorsa-acqua come una risorsa che, in quanto scarsa, potrebbe avere un valore economico crescente nel tempo. La seconda riguarda la crescita prevista degli investimenti, sia quelli legati al rinnovamento delle infrastrutture sia quelli connessi al mondo dell’economia circolare, quindi le tematiche di riutilizzo e reimpiego dell’acqua che stanno diventando sempre più significative e che si trascinano dietro un comparto tecnologico, di imprese e di operatori, che avranno risorse da mettere in campo e che, in ottica di investimenti azionari, potrebbero beneficiare di questo trend”, spiega Chiaroni.
Resta poi il tema dei green bond. “Se guardiamo alle emissioni che ricadono su questa categoria, ne abbiamo viste tantissime sul fronte energetico e sull’efficientamento ma c’è ancora poca mobilità da parte delle imprese del comparto idrico”, interviene Chiaroni. Poi conclude: “Un comparto che ha ricadute importanti in termini ambientali, perché non dimentichiamoci che tutta l’acqua che estraiamo, pompiamo in giro e disperdiamo nelle nostre infrastrutture si trascina dietro consumi energetici e una serie di costi di gestione e manutenzione non affatto banali. Di conseguenza, la capacità del comparto di utilizzare meglio alcuni strumenti a sua disposizione per ottenere fonti di finanziamento alternative potrebbe essere la strada giusta da perseguire. E uno dei punti sui quali bisognerà fare qualche ragionamento”.
Davide Chiaroni: “Una quota importantissima di acqua che preleviamo, fra il 40 e il 48%, viene dispersa per effetto delle perdite nel nostro sistema infrastrutturale. E l’attuale tasso d’investimenti nel settore permetterebbe di rinnovare l’intera rete in 250 anni”Proposta l’introduzione dei “certif…