La fruizione digitale non potrà mai sostituire la fisicità (se non la carnalità) dell’arte, ma l’online ha squarciato l’alone di inavvicinabilità delle aste. E fenomeni come quelli degli Nft [certificati di autentica digitali su blockchain] indicano che il territorio del non tangibile è ancora da esplorare. Queste e altre riflessioni sono emerse dall’incontro “I motori per la ripresa: il mercato resiliente dell’arte” organizzato da Fondazione Fiera Milano e da Vento & Associati. Di online come «strategia di soccorso» nell’anno della crisi pandemica parla Antonella Crippa, chief collection manager di Ubi Banca. Cristiano De Lorenzo, managing director di Christie’s, conferma che, se le aste dal vivo sono calate del 40%, quelle online hanno visto un incremento del 20-30% nel numero e del 262% nelle vendite, «con un aumento significativo della fascia dei collezionisti millennial, da 104 paesi». Vi ha contribuito senza dubbio il canale di vendita virtuale, percepito come «più accessibile e meno formale».
Se si pensa che
solo nel 1987, in occasione della vendita dei
Girasoli di Van Gogh ci fu il
debutto del telefono come mezzo per le offerte, l’immagine delle aste di
New York senza pubblico in sala del 2020 danno la misura della
rivoluzione compiuta. «L’atout di questa pandemia per il mondo dell’arte è stato indubbiamente l’online, che ha rimosso ogni timore», sottolinea
Clarice Pecori Giraldi, art advisor e art collection manager indipendente. Sorprendendo tutti, «le case d’asta italiane sono state velocissime ad aggiornare le loro proposte.
Anche in reparti ultra-tradizionali come quelli di monete antiche, argenti, porcellane, mobilia». Ma il
salto digitale lo hanno compiuto anche i musei, «e mi riferisco al loro ruolo di istituzioni culturali. È stato possibile, grazie alle più disparate iniziative, formarsi, informarsi, apprendere».
Il culmine artistico di questa rottura dei confini lo rappresenta bene l’installazione dello
street artist JR a Palazzo Strozzi di Firenze: «L’arte può essere vista anche da lontano, senza andare nei musei», prosegue Clarice Pecori Giraldi. E senza stare davanti a uno schermo, verrebbe da aggiungere. «JR fa capire che devono essere le istituzioni ad aprirsi verso la città e non viceversa», commenta l’artista
Patrick Tuttofuoco. «Personalmente spero che non ci si possa mai sganciare dal rapporto diretto con l’opera». In ogni caso, in rapporto al digitale, «
non è giusto parlare di dualismo fra i due fenomeni. L’unica via è la comprensione, bisogna aprire il ‘raggio della frequenza’ fra i due aspetti ed educare allo sguardo». Anche perché fenomeni puramente artistico-performativi e digitali come il “
Bansky bruciato” o “
il file da 70 milioni di dollari” (
The first 5000 Days di Beeple) rappresentano un punto di non ritorno.
Nelle nuove forme di fruizione Tuttofuoco trova un «modo per comunicare un pensiero, un’idea». Ma «la pratica e il rapporto con l’opera, l’aderenza al momento, l’essere presenti a se stessi, il vedere, ascoltare, vivere non sono replicabili a livello digitale». Ciò però non si traduce in una bocciatura dei nuovi canali. «Il digitale è ancora territorio di ricerca, e in quanto tale bisogna ascoltarlo, prosegue l’artista, che evidenzia la capacità inclusiva dell’arte e la sua imprescindibile dimensione collettiva. Sulla stessa lunghezza d’onda Antonella Crippa, quando dice che «è tornata la dimensione pubblica dell’arte». Quella contemporanea in particolare non è solo un bene di lusso ma strumento di comprensione dei tempi. «Gli acquisti delle corporate collection e delle fondazioni servono a sostenere una realtà che adesso è contraddittoria, confusa, incerta».
Parlando del mercato resiliente dell’arte e di nuove frontiere, le fiere d’arte di Dubai e Shanghai si sono appena tenute onlife, nonostante le ancora permanenti restrizioni. L’Italia ha il suo punto di forza anche in Miart, «che si terrà a settembre 2021», conferma il suo neo-direttore Nicola Ricciardi. «Nel 2019 il 70% delle gallerie dava priorità alle fiere fisiche. Nel 2020 la quota è scesa al 24%. Nei prossimi due anni risalirà al 43%, numero comunque ancora lontano da quello pre-crisi. Ma in realtà, quando parlo i collezionisti, tutti vogliono tornare in fiera. Il digitale va ancora studiato e bisogna fare dei test». Del resto, dopo invenzione dell’ebook il libro non è sparito, anzi. «Le vendite di Kindle sono calate a favore della carta», conclude la storica dell’arte Chiara Gatti.
La fruizione digitale non potrà mai sostituire la fisicità (se non la carnalità) dell’arte, ma l’online ha squarciato l’alone di inavvicinabilità delle aste. E fenomeni come quelli degli Nft [certificati di autentica digitali su blockchain] indicano che il territorio del non tangibile è ancora da es…