Stando ai dati raccolti da Mirko Bragagnolo, delegato di Piccola Industria Confindustria per credito e finanza, il credito bancario verso le imprese ha conosciuto un boost dell’8,5% nell’anno della crisi
L’incremento della probabilità di default delle esposizioni delle imprese rende necessaria una gestione puntuale delle proprie scadenze di pagamento nei confronti delle banche, anche per piccolissimi importi
Ma in che modo il tessuto imprenditoriale può essere traghettato verso la fine dell’emergenza? “Abbiamo individuato tre tematiche principali. Innanzitutto, stimolare e accelerare la crescita dimensionale delle aziende, un fattore strategico non solo per riuscire a essere resilienti agli shock ma anche per competere sul mercato globale. Sarà dunque fondamentale incentivare meccanismi per l’acquisizione, la fusione e l’aggregazione di imprese, ma anche di pmi innovative e di startup”, interviene Bragagnolo. In secondo luogo, puntare sulla patrimonializzazione. “Dalla crisi del 2008 al pre-covid, la struttura finanziaria delle aziende era migliorata, ma tanto ancora restava e resta da fare. Una pmi con una certa capitalizzazione sarà migliore dal punto di vista del bilancio, ma diventerà anche più solida e attrattiva verso il settore bancario e gli investitori esterni”, spiega.
Per non dimenticare infine l’importanza delle risorse mobilitate dalla finanza alternativa che, stando a un recente studio del Politecnico di Milano, hanno raggiunto i 2,67 miliardi tra luglio 2019 e giugno 2020. “Ci troviamo in un momento molto particolare. Rileviamo un grande indebitamento verso il settore bancario e, dall’altra parte, le nostre imprese necessitano di liquidità per la ripartenza e di fondi per investire nella crescita e nello sviluppo. Quindi riteniamo fondamentale un rafforzamento dei canali di finanziamento alternativo, con una strategia ad ampio spettro”, conclude Bragagnolo.
Brunori: “Puntare sulla cultura finanziaria delle pmi”
A intervenire sul tema anche Francesca Brunori, direttore credito e finanza di Confindustria nell’ambito del webinar La nuova definizione di default bancario e l’importanza di monitorare la centrale dei rischi, secondo la quale risulta “urgente affrontare questa situazione agendo su due fronti con due diversi orizzonti temporali”. Nell’immediato, spiega, è necessario intervenire sul debito, “trovando una soluzione nell’ambito delle regole già vigenti o scrivendone di nuove, per allungare oltre i sei anni i finanziamenti garantiti alle imprese per fronteggiare l’emergenza”. Ma bisogna guardare al problema anche da una prospettiva di lungo periodo, lavorando “per una maggiore patrimonializzazione delle imprese e un più ampio accesso alle fonti finanziarie alternative”, un aspetto ritenuto fondamentale per la resilienza del nostro sistema produttivo.
“Un altro tema basilare è quello di accrescere la cultura finanziaria delle imprese, oltre a proseguire l’azione per far affluire capitali pazienti al sistema produttivo, puntando sui pir alternativi”, aggiunge Brunori. Per non dimenticare, infine, la problematica della regolamentazione finanziaria internazionale. “Tutto ciò che stringe le regole sulle banche, rischia di inaridire questo canale e di ridurre la sua capacità di sostenere il sistema produttivo. Bisogna assolutamente trovare un giusto equilibrio, ripensando le regole internazionali in una prospettiva post-crisi pandemica per cercare di correggere delle disposizioni che rischiano di essere procicliche e assicurare che la capacità del sistema finanziario di sostenere le imprese resti intatta”.
Nuove regole sui default: pro e contro
Secondo Brunori, per esempio, le nuove linee guida sul default risultano ad oggi “troppo stringenti”, motivo per cui era stato richiesto un rinvio alle autorità europee (rimasto inascoltato). “Tali regole sono state frutto di un compromesso negoziale politico iniziato nel 2016 e conclusosi alla fine del 2020”, aggiunge Simone Calogero Marino, divisione regolamentazione II, servizio regolamentazione e analisi macroprudenziale di Banca d’Italia. Poste in consultazione per la prima volta nel 2015, spiega, “sono note agli intermediari da tempo”. Ma “purtroppo l’entrata in vigore è stata contestuale a un evento che nessuno poteva prevedere e l’attenzione e la preoccupazione degli operatori sono stati inevitabilmente enfatizzati dallo scoppio della pandemia”, precisa Marino.
Eppure, alcuni intermediari europei hanno iniziato ad applicare tali regole già a partire dal mese di giugno 2019 e, da quanto è noto all’istituto, “non hanno sortito effetti particolarmente severi”. “Ovviamente – conclude l’esperto – è molto importante che in questa fase l’attenzione delle imprese sia rivolta al rispetto delle scadenze e delle tempistiche. Anche se mi sembra utile ricordare che chiaramente, all’indomani della pandemia e dell’entrata in vigore delle nuove regole, queste potrebbero essere foriere anche di nuovi e più virtuosi comportamenti, sia da parte delle banche che dei debitori, in un contesto di rinnovata parità concorrenziale a livello europeo”.