Il covid ha avuto un impatto doppio sul pil italiano rispetto al biennio 2008-2009. «La speranza è che la ripresa questa volta sia più rapida», spiega Guido Corbetta, curatore dell’osservatorio con Fabio Quarato e titolare della Cattedra Aidaf-EY di strategia delle aziende familiari in memoria di Alberto Falck della Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi
È importante, per uscire dalla crisi, dotare le nostre imprese familiari «di una governance e management per un sano passaggio generazionale, all’altezza delle prossime sfide». Non è detto che «una leadership familiare produca risultati peggiori rispetto a una non familiare, ma è un elemento da considerare con attenzione»
La crisi pandemica ha reso evidente la necessità di avere aziende più patrimonializzate, in grado di accedere a diversi canali di finanziamento, aziende reattive e solide dal punto di vista manageriale, gestionale e di governance. Il mercato dei capitali e la quotazione in Borsa possono svolgere un ruolo importante per fornire finanza, longevità e resilienza
La crisi pandemica può far chiudere un’impresa familiare su quattro. Il covid ha avuto un impatto doppio sul pil italiano rispetto al biennio 2008-2009. Secondo il XII Osservatorio Aub (AIdAF, UniCredit e Bocconi) il 33% delle imprese familiari italiane ha una struttura patrimoniale e finanziaria inadeguata ad affrontare la pandemia. Il 25-30% potrebbe inoltre entrare in procedure concorsuali o liquidatorie se non ricorrerà a ricapitalizzazioni con equity esterno. «La speranza è che la ripresa questa volta sia più rapida», spiega Guido Corbetta, curatore dell’osservatorio con Fabio Quarato e titolare della Cattedra Aidaf-EY di strategia delle aziende familiari in memoria di Alberto Falck della Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi.
L’osservatorio monitora tutte le aziende familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato di 20 milioni di euro. 17.984 aziende, di cui 11.808 a controllo familiare (pari al 65,6%).
Una scappatoia può essere «un maggiore ricorso all’equity, accompagnato da un’apertura alla leadership esterna e a un suo auspicabile ringiovanimento». Saper «guardare all’esterno per una guida non può che far bene alle aziende familiari», conferma Francesco Casoli, presidente presidente dell’associazione italiana delle aziende familiari (Aidaf). È importante, per uscire dalla crisi, dotare le nostre imprese familiari «di una governance e management per un sano passaggio generazionale, all’altezza delle prossime sfide». Non è detto che «una leadership familiare produca risultati peggiori rispetto a una non familiare, ma è un elemento da considerare con attenzione». Un altro punto critico in questa tipologia di imprese è il divario maschio-femmina. «Vi è ovunque un tema di gender gap. In tutti i paesi analizzati il ruolo delle donne è molto ridotto», prosegue Casoli.
Alla vigilia della pandemia, il quadro era migliorato. L’analisi mostra infatti che, rispetto all’inizio del 2009, la quota di aziende familiari con una struttura patrimoniale o reddituale compromessa era scesa dal 4,3% al 3,4%. Era l’inizio del 2020. Le aziende con indicatori di solidità critici erano scese di ben dieci punti (dal 38,8% al 29,9%), e le aziende che disponevano di una liquidità superiore all’indebitamento erano salite dal 17,7% al 29,5%.
La pandemia ha messo in evidenza la grande reattività delle aziende familiari, le quali pur partendo da un livello decisamente più basso hanno quasi raggiunto le altre nell’utilizzo dello smart working (85% vs. 93% del campione totale). Nel 77% dei casi si erano attivate per dare supporto ai dipendenti. Ne derivavano, per il primo semestre, una riduzione dei ricavi più contenuta (10,1% vs, 11,9% delle non familiari), un aumento dell’occupazione (+3,4%) e una performance di borsa migliore del 22,3%.
Un’analisi condotta con Fsi (Fondo Strategico Italiano), inclusa nello studio, evidenzia che, l’aumento del livello di
indebitamento (anche se basso) ha un impatto negativo su crescita e redditività. Ne consegue che in questo momento anche le aziende migliori, devono crescere attraverso l’equity e non il debito.
«L’analisi ci conferma che le imprese familiari continuano a rappresentare l’ossatura di molti di questi mercati», commenta Francesco Giordano, co-ceo CB Western Europe di UniCredit. «L’Italia – dove valgono il 43,7% – ne è un chiaro esempio. Il dato italiano è in linea con quello tedesco del 39,5% e spagnolo del 35,4% e ci racconta come la ripartenza dell’economia europea sia strettamente connessa a queste realtà aziendali».
Proprio per questo, ancor di più adesso, «il ruolo del sistema bancario e il supporto finanziario sono cruciali per sostenere la competitività di questi business. In
UniCredit, anche grazie alle
sinergie tra corporate banking e wealth management e alla nostra presenza internazionale, vogliamo garantire un supporto strategico alle nostre imprese familiari, sostenendo i loro progetti non solo in ottica creditizia, ma anche offrendo una consulenza strategica più ampia, che possa supportare percorsi nuovi di innovazione, crescita dimensionale, internazionalizzazione e sostenibilità».
Fonte: Università Bocconi
«La crisi pandemica ha reso evidente la necessità di avere aziende più patrimonializzate, in grado di accedere a diversi canali di finanziamento», commenta
Barbara Lunghi, head of primary markets di Borsa Italiana, «aziende reattive e solide dal punto di vista dei sistemi manageriali, gestionali e di governance. Il mercato dei capitali e la quotazione in Borsa possono svolgere un ruolo importante per fornire finanza,
longevità e resilienza alle aziende familiari con benefici evidenti per la nostra economia». Ammonisce Francesco Casoli che «le imprese familiari italiane non vogliono crescere», sia per la resistenza all’equity esterno che a un management non familiare.
Le imprese familiari italiane necessitano di ricapitalizzazione esterna, anche attraverso la quotazione in Borsa. Fonte: Università Bocconi
Nonostante i diversi elementi di incertezza attuali, «le quotazioni a livello globale non si sono fermate. Anche in Italia nel 2020 ci sono state operazioni interessanti con 24 nuove ammissioni e per la gran parte aziende familiari. L’auspicio è quello di vedere un numero maggiore di aziende familiari scegliere la Borsa per rafforzarsi».
Il covid ha avuto un impatto doppio sul pil italiano rispetto al biennio 2008-2009. «La speranza è che la ripresa questa volta sia più rapida», spiega Guido Corbetta, curatore dell’osservatorio con Fabio Quarato e titolare della Cattedra Aidaf-EY di strategia delle aziende familiari in memoria di Al…